(WMM 2020)
Stare al passo con un autore prolifico come Wim Mertens non è cosa facile, dato che il maestro belga continua ogni anno a sfornare uno o più album, da decenni. Ragion per cui capita anche a ‘completisti’ come il sottoscritto di lasciarsi sfuggire qualche capitolo dell’opus mertensiano. Quest’ultimo lavoro, tuttavia, ha un valore speciale: esso segna infatti il quarantennale della carriera discografica di Mertens, celebrata dall’imperdibile cofanetto antologico Inescapable, uscito nel 2019. Ennesimo esempio della petite musique de chambre che caratterizza la sua produzione ‘ufficiale’, improntata a un minimalismo melodico ed emozionale sul quale Mertens ha costruito la sua fortuna (ma invito gli appassionati a esplorare anche il lato più sperimentale del pianista e compositore belga, testimoniato dal monumentale box di 37 Cd Qua), The Gaze of the West conferma alcuni tratti della produzione mertensiana più recente. A partire dalla traccia ‘apripista’, una marcia di sole percussioni che definisce lo schema ritmico che ricorre a più riprese nelle tracce successive, le quali alternano episodi dal carattere elegiaco e pastorale a impavide e inarrestabili cavalcate ritmiche. Nostalgia e inquietudine affiorano in diversi brani, con effetti ora acquietanti, ora contrastanti e ‘cinematici’. Altra caratteristica che vale la pena rimarcare è una certa tendenza a ornare le melodie, sottraendole di tanto in tanto alle cristalline geometrie che sorreggono le singole composizioni. L’ampio organico permette a Mertens di esprimere una volta di più la sua particolare sensibilità timbrica, che si nota ad esempio nei dialoghi tra chitarra, arpa e pianoforte, come pure tra percussioni, archi, e fiati, specie quando usati nei registri più bassi, a lui da sempre particolarmente cari.
Voto: 7
Filippo Focosi