(Discus 2020)
Effettivamente il senso dell’improvvisazione parrebbe essere quello di presentare qualcosa che non ci aspetta. Nonostante il titolo, che ci fa presagire che il contenuto del disco non sia una rabbiosa espressione di musica punk, non mi aspettavo questo tipo di improvvisazione pianistica in questo album. L’effetto di improvvisazione è quindi riuscito, cosa non affatto scontata. I brani offerti – Thresholds At Fingertips (circa 35 min) e A Rift In Time (circa 26 min) – sono due lunghe improvvisazioni pianistiche espressivamente diverse – più esplorativa e vulnerabile, la prima, più tetra e sinistra la seconda – ma entrambe pensierose, riflessive, eppure dotate di una, quieta, tensione. Non te la aspetti la tensione, una volta a contatto con questa calma che, altrettanto, non ti aspetti. Non è la solita tensione dopo la calma, bensì una tensione della calma, di cui Kalash ripercorre la fenomenologia nel suono, portandoci dentro una sua versione di questa fenomenologia della tensione della calma nel suono. Le dinamiche elaborate, la densità dei gruppi sonori a contrasto con la solitudine di una nota, le corde pizzicate che frammentano la rotondità del suono percussivo, lo spazio disegnato dal disporsi delle note su registri opposti, l’andamento a volte ondulatorio, altre spigoloso (ma sono spigoli morbidi) del pensiero dei suoni (scusate l’autocitazione, ma è proprio adatta all’occasione) di Kalash: tutto ciò ci fa ascoltare il tempo della calma, come non ce lo aspettavamo.
Voto: 8,5
Alessandro Bertinetto