(RV 2020)
La città che dorme è la Londra del lockdown. Come hanno fatto in molti, il gruppo capitanato da David Petts (sax tenore), compositore della maggioranza delle tracce insieme a John Edwards (elettronica e contrabbasso), ha dovuto arrangiare nuove modalità di interazione attraverso la dispersione e la distanza. Le atmosfere dell’album, nello stile di un jazz d’avanguardia che mescola elettronica e acustica, composizione e improvvisazione, interpretano gli stati d’animo che stiamo attraversando, offrendo uno schizzo musicale del nostro tempo sospeso e sconnesso. Paradigmatica, in proposito, è la sequenza dei primi tre brani, in cui dal rumorismo ambientale spezzato da barlumi convulsi di articolazione sonora (The Moviegoer), si passa alla graffiante improvvisazione solista di Sue Lynch (sax tenore) nell’omonimo Lynch e alla melodia di marimba semplice e sinistra, incastrata in effetti sonori e basi di batteria elettronica caratterizzate da un incedere incerto e interrotto, di The Guest. Questo, infatti, è lo schema. Da un lato abbiamo brani dalle line melodiche tutto sommato semplici (con effetti di piano e la già menzionata marimba, oltre a agli archi di Let The City Sleep a risaltare su altri timbri), ma articolati e compositi quanto al lavoro sul suono e sul rumore, all’intreccio a strati e all’arrangiamento elettronico di partiture originariamente per strumenti acustici; sono votati a un modernismo pandemico (se così possiamo indicare, ma ovviamente non lo possiamo fare, una sorta di genere musicale influenzato da una modalità di produzione elettronica e telematica favorito dai vincoli imposti dal covid), poco incline a offrire soddisfazioni a buon mercato e invece molto propenso a destare la nostra curiosità. Dall’altro lato, e alternati a questi, abbiamo gli interventi personali dei solisti: dopo Sue Lynch anche Caroline Kraabel, John Edwards, Adrian Northover e David Petts si esibiscono in successione rispettivamente al sax tenore, al contrabbasso (molto suggestivo), al sax soprano e di nuovo al sax tenore, portandoci la presenza del loro suono. Se avevo avuto qualche riserva per ‘Notes Lost in a Field’, l’album del 2019, questo lavoro, complice sicuramente il clima incerto in cui stiamo fluttuando, non mi dispiace per niente.
Voto: 8
Alessandro Bertinetto