La Trasponsonic Records è una label italiana dedita alla produzione di musiche per “altri stati di coscienza”, tra psichedelia, trance tribale e ambient viscerale, che da più di venti anni porta avanti un suo preciso disegno sonico-vitale. Le sue produzioni sono state regolarmente recensite su Kathodik, ed era da un po’ che pensavo ad un approfondimento della filosofia e della poetica della Trasponsonic Records. Alla fine mi sono deciso e ho fatto le mie Quattro Chiacchiere Digitali con Mirko Santoru, musicista e deus ex machina della label. A voi il risultato della chiacchierata:
Raccontami le origini dell’etichetta e come hai scelto in questi anni gli artisti da produrre?
Trasponsonic è nata per dare voce ai musicisti di una piccola area della Sardegna centro-occidentale alla fine degli anni 90. Una decina di amici che abitavano nello stesso territorio e che in ventanni hanno partorito 49 album ed un film. Un unico brand per il collettivo. I motivi che ci hanno spinto ad esprimere il nostro disagio e e la nostra rabbia sono ancora qui e se è possibile sono ancora più drammatici. Venivamo dalla cultura del tape trading e con l’avvento dei masterizzatori cd ad uso domestico il passaggio è stato naturale. L’urgenza di esprimere la nostra visione delle cose non cambiava ma trovava semplicemente un nuovo mezzo. L’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. I mezzzi di produzione a disposizione delle masse. L’idea di base dell’etichetta era la mutazione. Il tentativo di fondere diverse forme musicali, filosofiche, antropologiche per creare nuovi ibridi. Creatività in piena libertà.
Come ti sei districato negli anni nel panorama musicale underground italiano?
(nella foto MSMIroslaw) Con tanta fatica, dato l’isolamento e la non proprio facilissima proposta. Il fatto di tener duro e di esser ancora qui dopo ventanni mi ha, però, permesso di conoscere nel tempo musicisti, produttori, giornalisti e soprattutto ascoltatori che si sono rivelati come persone meravigliose e per cui vale la pena continuare ad insistere ed esistere.
Italian Occult Psichedelia, che mi dici al riguardo?
Abbiamo iniziato a fare musica molti anni prima che per la prima volta Antonio Ciarletta di Blow-Up iniziasse a parlare di “Italian Occult Psichedelia”. Se si parla di suoni oscuri e psicotropi, sinceramente non mi crea nessun disagio e molti musicisti che son stati finiti nel calderone son bellissime persone oltre che validi artisti. Altri hanno cercato di cavalcare l’onda ed alla fine secondo me non hanno colto il vero mood e tutto si è un pò sgonfiato. Antonio è stato bravo a fotografare una scena che è sempre esistita in Italia, sottotraccia, fin da anni non sospetti, e che paga lo scotto di un cristianesimo che ha cercato di seppellire i retaggi pagani dei popoli italici. E non si può negare che il suo articolo ci abbia permesso di uscire un pò dall’anonimato. Anche se qualcuno fuori dall’Italia si era già accorto di noi (vedi il buon Julian Cope).
Com’è produrre musica in Sardegna?
E’ per noi un valore aggiunto dato che viviamo in un territorio denso di vestigia archeologiche e culturali preistoriche e dove il capitalismo non si è mai concretizzato in progresso. Ciò non può non influenzarti e caraterizzarti sia in senso positivo che negativo. Dionisismo puro. Pensiamo alla musica come qualcosa di molto religioso. Il nostro approccio non è mai stato tecnico, non c’è nessuna premeditazione per quanto riguarda la composizione. I nostri dischi vengono registrati sempre in presa diretta, dopo “un lungo e ragionato sconvolgimento di tutti i sensi” in veri e propri rituali di libera improvvisazione. Aspettiamo l’ispirazione, non ci esercitiamo quotidianamente sugli strumenti. E quando arriva ci si raduna in una stanza buia e si documenta il tutto. E’ più un report etnografico che altro. Giochiamo a fare gli antropologi di noi stessi.
Come vivi il tuo doppio ruolo di produttore e musicista?
In realtà non ho mai pensato a me in queste vesti. Ho un approccio multidisciplinare alla vita. Mi piace capire come funzionano le cose. Gioco con quei ruoli perchè funzionali all’espressione culturale, che è ciò che mi sta più a cuore. Per veicolare la nostra dimensione verso le altre persone, tentare di catapultarle dentro il nostro mondo e lasciare una testimonianza del nostro passaggio millenario su questa terra.
Credi nelle coproduzioni?
Quando me le hanno proposte le ho sempre ben accolte. Penso, negli anni passati, a persone care come i Fuzz Orchestra, Jealousy Party, Plasma Expander, Tzii. Per cui sì ci credo.
Fissiamo un punto della carriera della Trasponsonic Records. Come ti è venuta l’idea dell’opera ‘Dolmen’? E come mai in formato USB Card?
Il 31 Dicembre 2019 la Trasponsonic ha compiuto 20 anni. Il sogno sarebbe stato ristampare l’intera discografia in vinile, ma impossibile dal punto di vista economico, ho optato per un oggetto che racchiudesse tutta la produzione. Niente di più semplice di una pendrive, dal punto di vista tecnologico, ma corredata da un piccolo Dolmen (sempre diverso) composto da 4 pietre in basalto scelte da me appositamente. Contrapposizione dialogo tra passato e futuro come da sempre nostra caratteristica. I dolmen sono sepolture megalitiche prenuragiche, dimore per l’eternità, diffusissime nel nostro territorio. Cosi recita la presentazione:
21 DICEMBRE 1999-21 DICEMBRE 2019 20 ANNI DI SOVRAUMANA (R)ESISTENZA CULTU(R)ALE ALL’INTERNO DEL DOLMEN, DA CINQUEMILA ANNI IN MUTO EQUILIBRIO SULLA TERRA, RIPOSA UN DISPOSITIVO METALLICO DI MEMORIA. 4 ORTOSTATI INFISSI NEL TEMPO. 4 LASTRE/LUSTRI DI SUONI DURI COME LA PIETRA . 50 DOCUMENTI SONORI CHE ATTRAVERSANO VENT’ANNI E DIALOGANO CON I MILLENNI.
“PARLARONO LA LINGUA DEGLI ANTENATI. VISSERO IL PRESENTE. LASCIARONO SEGNI AI POSTERI. IN ATTESA DI UN NUOVO CICLO.”
Come è stata in questi anni la ricezione a livello di pubblico, di stampa, di comunità, dei lavori della label?
(nella foto HBOL) Molte volte osteggiati (ad alcuni facciamo una gran paura) e a gran fatica, negli ultimi anni, grazie a persone che ci seguono dall’inizio, e che ci hanno sempre supportato abbiamo raggiunto una discreta visibilità, seppur di nicchia. Escono recensioni sulle principali riviste e webzine musicali di settore italiane e non. Non possiamo dimenticare il grosso contributo datoci da Julian Cope che recensì alcuni nostri lavori e la Boring Machines che ha stampato in vinile gli ultimi due lavori di HBOL. Ed insomma qualche soddisfazione ce la siamo tolta. Il pubblico che ci segue, anche se non vastissimo, lo fa con grande attenzione.
Progetti futuri?
Molti vortici di idee in attesa di prendere forma nei prossimi rituali. In attesa dell’ispirazione giusta. Restate in ascolto. Sicuramente presto un nuovo Hermetic Brotherhood of Lux-Or.
Grazie mille a te, Kathodik, il grande Marco Carcasi per il fondamentale supporto datoci in tutti questi anni.
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