(Naxos 2020)
Non c’è dubbio che uno dei principali motivi d’interesse di questa prima incisione discografica che la Naxos dedica a Steve Reich – universalmente riconosciuto come uno dei grandi della musica d’oggi, oltreché tra i padri storici del minimalismo – sta nella prima esecuzione assoluta di un suo brano giovanile, Music for Two or More Pianos (1964). Si tratta di un brano che, a quanto apprendiamo dal suo sito ufficiale, non figura nel catalogo ufficiale del compositore (il primo brano ufficiale di Reich essendo datato un anno dopo, ovvero al 1965). Ascoltandolo, se ne possono intuire le ragioni: non tanto in termini di qualità, ma perché si tratta di un brano che ha ben poco a che fare con ciò che caratterizzerà il linguaggio di Reich, improntato a un’idea di processualità – che, pure, andrà smussandosi nel corso degli anni – qui del tutto assente, in favore invece di una rarefazione sonora e di una aleatorietà che richiamano i mondi musicali di Cage e Feldman. I restanti brani del CD sono invece ben rappresentativi della poetica urbana che caratterizza parte della produzione di Reich soprattutto a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, e che trova riscontro ad esempio nelle dense maglie contrappuntistiche entro cui si snodano Vermont Counterpoint (1982) e New York Counterpoint (1985), dove Reich rivista alla sua maniera la tradizionale tecnica del canone. In Eight Lines (1983) ciò che colpisce e affascina è il contrasto tra l’iperattivismo ritmico di pianoforti e fiati, che simboleggia la vita cittadina che scorre frenetica, e i passaggi accordali degli archi, che nel loro allungarsi e accorciarsi sembrano evocare il passaggio di nuvole nel cielo che sorveglia imperturbabile le nostre azioni. Ma ovviamente, la sinfonia (da camera) urbana per eccellenza di Reich è, per definizione, City Life, nei cui cinque momenti l’autore inserisce, – alla maniera di Varese, ma con molta più leggerezza – vari tipi di street sounds (clacson, sirene, martelli pneumatici, perfino il battere del cuore) insieme a spezzoni di parlato da cui ricava motivi melodici e ritmici, sviluppati attraverso la consueta tecnica del phase shifting, in un mosaico composito che sa evocare tanto l’eccitazione della brulicante energia di una metropoli quanto la tensione e l’ansia che essa può al contempo generare. L’esecuzione di questi brani richiede parimenti precisione, concentrazione, e una certa dose di sensibilità verso ritmi e timbri che sembrano provenire da altri mondi: pensiamo alla melodia “jazz-tinged” intonata dal flauto nella prima sezione di Eight Lines, o alle figurazioni funky del clarinetto basso nel terzo movimento di NY Counterpoint. Qualità che non mancano alla Holst-Sinfonietta guidata da Klaus Simon, che offre una interpretazione convincente di questi lavori reichiani.
Voto: 8
Filippo Focosi