(Autoproduzione 2021)
Dolci percussioni accarezzano l’aria. Le marimba, il vibrafono, i timpani, i gongs e gli altri strumenti suonati da Massimo Barbiero ci accompagnano in un rito d’introspezione sulla scia della poesia di Walt Whitman. Il batterista degli Enten Eller e di altre importanti formazioni – tra cui il gruppo di sole percussioni Odwalla – nonché animatore e factotum dell’Open Papyrus Jazz Festival si mette qui in un viaggio di esplorazione e scoperta della propria (e altrui) solitudine nei tempi incerti della pandemia. Attraverso i dieci brani del disco (il cinquantesimo album della sua carriera), ricorrendo all’improvvisazione, ma scansando la tentazione del rumorismo e del virtuosismo fini a se stessi, Barbiero dipinge, come egli stesso la definisce nelle note di copertina, “una preghiera laica”. Ogni brano è un affresco liquido dell’anima che il musicista eporediese immerge panteisticamente nella natura in cui tutto scorre, nel cosmo disordinato (mi si passi l’ossimoro) dell’epoca della pandemia.