(Stradivarius 2021)
La Stradivarius è una delle etichette più attente alle proposte contemporanee di qualità nell’ambito della cosiddetta musica eurocolta, anche e soprattutto nelle sue commistioni etniche e nelle sue sperimentazioni avanguardistiche (come in questo caso). Sicuramente il disco di Daniele Guaschino, musicista e compositore italiano stabilitosi in Francia da ormai 25 anni, è una di queste. Occupandosi dell’elettronica, e guidando una formazione internazionale di primo livello – Alfredo Mola (violoncello), Fortunato D’Orio (piano), Francois Merville (batteria), Quentin Biardeau (sax tenoe), Rishab Prasanna (flauto bansuri), Sefoudi Kouyate (kora), Szuhwa Wu (violino) – Guaschino propone atmosfere intense ed estese, sensuali e profonde, che si giovano di un prezioso lavoro sul suono, ampie campanature tonali, e un groove di natura audiotattile, talvolta implicito, altre volte più pronunciato ed incalzante (Round Stripes) che sostiene il respiro musicale di tutto il disco. Le impalcature compositive mescolano elettronica e acustica (come in From East to South in cui il suono nitido del piano è immerso in un germinale flusso sonoro sintetico che richiama elementi naturali e invita lo sfruttamento esteso delle risorse pianistiche) e lasciano anche spazio alle improvvisazioni della kora e del flauto bansuri. I brani hanno sviluppi interessanti e ben rendono l’idea naturalistica ed ecologica richiamata dal titolo dell’album, anche quando liberano un’espressività più lirica (Leaving the Trunk the Branches Walk), magari saggiando l’asprezza timbrica degli archi e la dissonanza armonica (Saggio Primo Loricato).
Un album che ha diversi pregi e il cui ascolto certamente consiglio.
Voto: 8,5