(Glitterbeat 2021)
Il nuovo lavoro del musicista maliano è il più personale e coinvolgente che abbia fatto finora. Il concetto di personale non va inteso come qualcosa che riaguarda esclusivamente la sua persona, ma la sua terra e la storia del Mali.
Binga, infatti, è la regione che comprende il vasto spazio al di sotto del deserto del Sahara in Mali ed è il luogo dove Touré è nato e tuttora vive, ma soprattutto è il luogo dove tra il XV e il XVI secolo il popolo Songhoy governava il più grande impero africano e i nove brani contenuti in questo disco ripropongono lo stile musicale dei Songhoy stessi, omaggiati in due brani già incisi in precedenza: Tamala e Terey Kongo.
Registrato negli Stati Uniti, dove si è fatto accompagnare soltanto dal suo bassista, “Binga” è stato suonato con chitarra, ngoni, zucca e altre percussioni. Il risultato è un blues maliano di ottima fattura, caratterizzato da testi volti al sociale e da alcune contaminazioni con il blues occidentale.
In Sambalama, infatti, dove incita i suoi connazionali ad alzarsi in piedi e a sperare in giorni migliori a venire, la circolarità piacevole e ballabile si conclude con un intreccio acattivante tra ngoni e chitarra. Nello spoken word di Atahar, invece, Touré denuncia il malfunzionamento del sistema scolastico maliano, che tra ripetuti scioperi e chiusure dovute al COVID è in uno stato altamente degradato, mentre nel crescendo di Kola Cissé Touré loda la memoria del defunto capo della Federcalcio del Mali.
Un disco preziosissimo!
Voto: 8