Wadada Leo Smith è una delle figure chiave della musica jazz e contemporanea americana. Trombettista, multistrumentista, compositore, e improvvisatore, con le sue produzioni ha lasciato e continua a lasciare un segno importante nel campo della musica creativa. E’ stato membro della storica AACM (Association for the Advancement of Creative Musicians), associazione nata negli anni ‘60 negli Stati Uniti e dedicata alla promozione e alla diffusione della musica creativa; per festeggiare quest’anno il compimento degli ottant’anni, una mole impressionante di album a suo nome, tra lavori per solo, duo, trio, quartetto e orchestra è stata (e sta tuttora venendo) pubblicata. Kathodik ha incontrato sul suo percorso alcune produzioni di Wadada Leo Smith, e quando si è prospettata la possibilità di un’intervista – nella forma, come sapete, delle consuete quattro chiacchiere digitali -, la abbiamo colta al volo. L’artista si è mostrato disponibile a rispondere alle domande sulla sua arte e sulla sua filosofia, contribuendo ad individuare interessanti spunti di riflessione e di approfondimento. Prima di invitarvi alla lettura, desidero ringraziare Ann Braithwaite della Braithwaite & Katz Communications, per aver fatto in modo che questa intervista avesse luogo, e Michela Maria Marconi, Sean Walton, e Filippo Focosi per avermi aiutato nella traduzione dall’inglese all’italiano.
QUI trovate l’intervista originale in Inglese
Come è nata l’idea di celebrare il suo compleanno con questa serie di album, tra box e album singoli?
L’idea è nata con la mia agente Ann Braithwaite. Stavamo chattando e Ann ha suggerito che avremmo dovuto celebrare il mio compleanno per tutto l’anno, e così abbiamo fatto.
Le uscite discografiche di quest’anno comprendono una panoramica ampia sulla sua produzione artistica, nel senso che ci sono album in solo, per duo, trio, quartetto, orchestra. Come si rapporta con la scrittura per questi vari ensemble?
Non si tratta di come tu scrivi la musica, si tratta dell’ispirazione che arriva quando la scrivi. E io lavoro solamente quando sono ispirato, non faccio cose solo per il gusto di farle. Io scrivo musica solo se mi sento ispirato. Quindi è altrettanto difficile scrivere per uno strumento solo, come è difficile scrivere per 45 strumenti.
L’ho conosciuta tramite l’ascolto di ‘Kabell Years 1971-1979’, uscito per la Tzadik. Ipotizzando un parziale percorso di guida all’ascolto della sua produzione dagli esordi ad oggi, che dischi segnalerebbe ad un ascoltatore che vuole conoscere la musica di Wadada Leo Smith? Io metterei tra i punti fermi, oltre a ‘The Kabell Years 1971-1979’ , la sua opera ‘Ten Freedom Summers’, di cui ho parlato su Kathodik. Altri consigli per l’ascolto?
Non ascolto ‘Ten Freedom Summers’ da quattro o cinque anni; a dire il vero, non ascolto musica. E la ragione è che sono costantemente impegnato con le registrazioni o col missaggio. Prima del Covid-19, stavo lavorando contemporaneamente a 5-8 progetti all’anno. Per lo più sono un artista che spesso riflette e si concentra su questioni e problematiche di una certa importanza. E questo riempie il tempo che potrei dedicare all’ascolto.
Nel preparare l’intervista ho riletto un volume di suoi scritti tradotto in italiano, Note sulla natura della musica di Leo Smith, uscito per Nistri-Lischi Editori nel 1981. Come è cambiato il suo punto di vista sulla “Creative Music” dagli esordi ad oggi?
Si, quel libro è stato pubblicato in inglese nel 1971, e poi è stato tradotto in giapponese, islandese, greco e in una versione estesa in inglese. Quindi se tu hai letto quel testo, hai fatto bene. In termini di Creative Music, le cose non sono davvero cambiate. Quando le composizioni vedono la luce, la loro natura è già definita. Gli artisti trovano moltissime strade per dire chi sono. E sì, ci stiamo invecchiando. E quindi alcune persone ritengono che ci sia la possibilità di diventare più saggi, ma è sempre lo stesso mondo in cui viviamo, e ci poniamo sempre il problema di come trasmettere le nostre idee.
Qual è il suo rapporto con l’insegnamento? Considera la Musica Creativa come uno strumento pedagogico?
La Musica Creativa può essere insegnata. Ogni cosa nella vita può essere insegnata. Dipende dal tipo di insegnamento che si usa. Ci sono due tipi di conoscenza. Il primo tipo è la conoscenza applicata, e questo tipo di conoscenza si insegna nelle scuole. Scienza o matematica sono applicate ad un sistema e ripartite. E poi c’è un altro tipo di conoscenza, che viene chiamata conoscenza rivelata, ed è la conoscenza che arriva alle persone già perfettamente compiuta. Si tratta di una conoscenza che non ha bisogno di essere incasellata o modificata. E questa è la conoscenza che viene dagli individui, dalle loro personalità. È un pensiero intuitivo: meditazione, riflessione, pensiero cognitivo, e indagine spirituale. Non tutti possono pervenire a questa forma di conoscenza.
Secondo lei che qual è stato e continua ad essere il suo apporto alla Musica Americana?
Lascio che sia il pubblico a giudicare il mio contributo. La mia responsabilità è fare arte, e non stare a sindacare sul fatto che sia più o meno importante.
Che cosa è stato e che cosa è oggi per lei l’AACM?
E’ stato un collettivo di musicisti, compositori, artisti, ballerini e cantanti creativi. Ai tempi del suo esordio negli anni ‘60 è stato uno strumento indispensabile per trasmettere informazioni, e per mostrare i lavori che questi artisti stavano realizzando. Questo succedeva 55 anni fa. Adesso l’AACM è una mera ombra di quello che è stato o voleva essere, ma i suoi contenuti sono illustrati nel lavoro di Anthony Braxton, Amina Claudine Myers, Henry Threadgill, Roscoe Mitchell e altri. Quindi anche se l’organizzazione non ha e non ha mai avuto alcun potere effettivo, le persone che ne hanno fatto parte sono la ragione per cui l’AACM è tuttora apprezzato e importante.
Che cosa è per lei il movimento Black Lives Matter?
Black Lives Matter è un movimento di giustizia sociale, e cerca di esprimere alcune delle idee che sono incardinate nella Costituzione degli Stati Uniti, principalmente attraverso il 13°, 14°, 15° Emendamento, e successivamente nel Civil Rights Act del 1964 e nel Voting Right Act del 1965. Gli emendamenti sono stati emanati durante la presidenza di Lincoln, e sono stati ratificati dal Partito Repubblicano; nessun membro del Partito Democratico ha votato a favore di essi. Gli atti del 1964 e del 1965 hanno avuto un consenso più ampio e “bipartisan”. C’è qualcuno che conosce il 13°, il 14°e il 15° emendamento? Gli atti del 1964 e del 1965 stavano cercando di affrontare gli stessi problemi, e tali problemi riguardano esplicitamente il voto: si voleva riconoscere ad ogni cittadino americano il diritto di votare senza che subisse alcuna forma di oppressione. Si occupano anche di chi può essere naturalizzato cittadino in questo paese, e il 15° Emendamento parla di insurrezione. Sfortunatamente il Congresso degli Stati Uniti non ha mai applicato nessuna di queste leggi: né quelle emanate durante l’era di Lincoln, né quelle adottate nel 1960. Quindi cosa penso io del movimento Black Lives Matter è la domanda sbagliata. Che cosa pensano l’America e il mondo intero di Black Lives Matter? Questa è la vera questione.
Si prenderà una pausa musicale dopo i festeggiamenti discografici del suo compleanno?
Prendermi una pausa? Che cosa significa? (Risate) Una pausa da cosa?
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