Il rock progressivo “muore” nel 1978, dopo un’agonia durata un paio d’anni, con l’uscita del disco degli Emerson Lake & Palmer ‘Love Beach’, definito dalla maggior parte della critica, come ci racconta lo studioso Mattia Merlini, la pietra tombale del genere. Ma è veramente così? In realtà non proprio, anzi, ed è questa secondo me la bellezza e la complessità della Popular Music, il genere “rinasce” trasformandosi e adattandosi per vivere e raccontare con le sue “note” il tempo storico in cui si trova a “risuonare”. Il perché e il percome di questa “falsa morte” ci vengono via via spiegate da Merlini, con uno stile di scrittura chiaro e comprensibile, nei vari capitoli che compongono la sua ricerca. Lo studioso ci guida attraverso le fasi storiche e musicali, documentate con dovizia di bibliografia di riferimento, delle trasformazioni che il genere compie. Dalla “rinascita” nel 1983, anno di arrivo del Neoprog, agli anni Novanta del Post Progressive, fino ai giorni nostri. Come complemento alla riflessione l’autore ci fornisce anche una panoramica della definizione del genere progressive, dedicando un capitolo al canone parlando dei protagonisti per la critica, dei protagonisti per il pubblico e un capitolo sulle caratteristiche del genere secondo la critica e secondo il pubblico. Una lettura stimolante, sicuramente per le nostre orecchie (a fine libro d’obbligo la lista di ascolti da fare) e un ulteriore tassello che ci fa apprezzare ancora di più, citando il musicologo Franco Fabbri ‘il suono in cui viviamo’.
Mattia Merlini, Le Ceneri del prog. Quel che resta di un genere della popular music, San Giuliano Milanese (MI), Casa Ricordi-Lim, 2021