(Da Vinci Classics 2021)
L’album “Visions” di Maria Gabriella Mariani, pubblicato da Da Vinci Classics nel 2020, si apre con le Estampes di Claude Debussy, proiettandoci subito in un mondo di grande suggestione sonora, contraddistinta da una presa del suono molto ravvicinata (forse anche troppo, almeno per il gusto di chi scrive). Maria Gabriella Mariani è una pianista di razza e la sua interpretazione di questo importante lavoro di Debussy, così come della meno nota e molto bella suite Napoli di Francis Poulenc, dimostra quanto abbia fatto sua l’eredità musicale acquisita dai suoi maestri, tra cui spicca l’indimenticato Aldo Ciccolini. Il Debussy di Mariani non è mai di maniera, è tanto raffinato quanto appassionato. Un Debussy non solo vapori impressionistici, cioè, ma anche pennellate vigorose, in cui rifluisce la vita, la natura con tutta la sua forza. La stessa vitalità e la stessa sgargiante resa pianistica si ritrovano nella composizione di Poulenc. Va dato atto anche all’Editore per l’aver assecondato un accostamento tra opere canoniche e composizioni proprie dell’interprete, che tanto era diffuso nell’Ottocento quanto è raro oggi. Nella sua Suite Mediterranea, Mariani mostra quella vena improvvisativa da fiume in piena che si può apprezzare nei suoi concerti dal vivo. “A che mena?” viene da chiedersi a tratti, memori di Mazzini, ma questi pezzi vanno ascritti appunto più nella tradizione improvvisativa che nella concezione dell’opera d’arte cristallizzata in via definitiva, e testimoniano positivamente di un sentire la musica come cosa viva, al di là di censure e autocensure che hanno sì una ragion d’essere molto seria, ma non sono esenti da responsabilità per la ghettizzazione della musica colta a cui assistiamo. Peraltro, la musica della stessa Mariani ben si incastona tra le pietre preziose di questa collana, e l’impressione finale è quella di un flusso continuo. Forse qui sta anche un limite. Qualcuno potrebbe preferire un pianismo più intimistico o siderale, meno estroverso, più filtrato e capace di evocare fantasmi oltre che vedute, almeno nelle Visions Fugitives di Prokofiev, che (s)fuggono forse troppo poco e in cui la Russia torna a farsi un po’ iberica. Tutta una gran Granada, sebbene sempre autentica, scappa di pensare a tratti. Ma poi arriva il finale, una visione fuggitiva n. 22 in cui Mariani dimostra di saper condurre anche verso il sogno, quando vuole, e che fa quindi riconsiderare il percorso stesso tra le varie Suite come tutta una grande immaginazione, un sogno molto vivido che si estingue tra le nebbie del mattino. Il CD è impreziosito da un saggio della musicologa Chiara Bertoglio e un rilievo critico, altamente elogiativo, di Flavio Emilio Scogna. Non manca infine uno scritto pieno di stimoli della stessa pianista sul suo approccio alle opere contenute nell’album, la propria composizione inclusa, presentato come un viaggio dell’immaginazione, appunto, tanto più necessario in quanto il CD è stato lavorato e realizzato in tempi di lockdown. Ma al di là di tutte queste parole, è la musica eseguita da Maria Gabriella Mariani che si impone, rivendicando, quasi urlando, un diritto all’esistenza.
Voto: 8