(DeAmbula Records 2021)
Ulysse è sporco, maledetto, reietto, povero e disperato.
La solitudine di questo Ulisse è quella dei poveri, dei disperati “imbrigliati ai rovi”, ostacoli dell’irrealizzazione, metafore delle proprie colpe. La solitudine degli angeli naufraghi nelle acque di una possibile salvezza, deprivata dai demoni del destino avverso e delle alte maree. Non c’è un ritorno a casa. La deriva è concreta, consapevole e con poche attenuanti.
Il fuzz al basso di Mauro Spada e Raffaello Zappalorto, la distorsione della chitarra in sedicesimi di Francesco Politi e Silvio Spina, la doppia batteria di Gino Russo e Fabio Fly, nonché gli innesti musicali di Andrea di Giambattista e Sergio Pomante… danno sostanza sonora a questo malessere, vagamente post rock nella migliore accezione del genere. Lo stile è nel filo rosso con quel miscuglio di new wawe, shoegaze, postgrunge che emerge dalla metà degli anni 90, con band come i Mogwai, gli Interpol, i Kasabian, gli Editors, e in Italia i C.S.I., i Marlene Kuntz, gli Afterhours… Fieramente e autenticamente indie rock, la musica è confezionata veramente bene, secondo gli stilemi del caso e pure con molta dose di originalità; le canzoni filano e i testi rimangono impressi.
Consigliato.
Voto: 8,5