(Da Vinci Classics 2021)
Il disco presenta la collaborazione tra due dei protagonisti storici della musica d’improvvisazione contemporanea, Alvin Curran e Walter Prati. Come nella fotografia che illustra la copertina dell’album – opera di Prati –, la musica (elettronica) del duo nasce dall’incontro tra una congerie di semi, piante, radici e foglie (s’intende, sonore) che sta all’udito elaborare. È la celebrazione di un’improvvisazione à la Cage, che non vuole griglie di preconcetti e richiede una percezione aperta. Tuttavia, soprattutto il primo brano (ParSage) – con l’intreccio di voci umane e orga(ni)smi femminili – e il secondo brano (SennSafronDill, un brulicare di suoni svariati animato da un caos accarezzato, più che controllato, sembrano un po’ troppo cose già sentite – e anche, forse, un po’ troppo “barocche” – per poter accendere la scintilla estetica dell’inaudito. Se il quarto brano (NutGymBay) è trascinato un po’ troppo a lungo (in particolare per quanto concerne il dialogo tra il piano e le voci su un tappeto frastagliato di sonorità, percussioni e rumori), nella terza traccia (MajorBasilThim) emerge invece una sensibilità per la sperimentazione più interessante: non tanto per la novità dell’operazione, ma piuttosto per l’idea di recuperare oggi sonorità che negli anni ’70 potevano suonare futuristiche, e oggi echeggiano come residui di un archeologico immaginario fantasonoro: le sue atmosfere anacronistiche non turbano – neanche quando si fanno tetre e sinistre; piuttosto, a parte il momento in cui, per breve tempo, si affaccia sommesso una specie di coro nelle risonanze della terza traccia (dando luogo a un sospeso affascinante finale), a volte fanno piacevolmente sorridere. E sorridere è bello.
Voto: 6