Intervista con Daniel Paris-Clavel, editore della fanzine francese ‘Chéribibi’

Ho scoperto la fanzine francese ‘Chéribibi’ seguendo il profilo facebook della studiosa, discografica, musicista americana Miriam Linna. Ho fatto una ricerca sul sito della fanzine, mi sono piaciuti subito la grafica, gli articoli sulla musica, e ho pensato di contattare la redazione per capirne di più. Così ho potuto scambiare le mie consuete quattro chiacchiere digitali con l’editore Daniel Paris-Clavel e farmi raccontare la storia di ‘Chéeribibi’. Prima di lasciarvi all’intervista ringrazio Erica Minnetti per il suo aiuto nella traduzione.

Qui trovate l’intervista in francese

Come è nata l’idea della rivista?

La fanzine è nata nel 1991, quando ero al liceo. Con alcuni amici ci è venuta la semplicissima idea di creare un piccolo giornale per divertirci e far ridere gli amici. Poi, naturalmente, si è evoluto con il suo autore principale. Nel 2007, dopo una quindicina di numeri, è uscito il numero 1 della “nuova formula”, stampato in offset, con una chiara linea editoriale: parlare di cultura popolare (che viene dal popolo, per il popolo) nei suoi aspetti più diversi (cinema, musica, letteratura, sport…). Questo, senza mai tralasciare il contesto sociale di produzione delle opere. Al ritmo di circa un numero all’anno, stampato in 2000 copie e distribuito in librerie, negozi di dischi, negozi di tatuaggi, ecc., l’avventura continua ancora più bella!

Ogni numero ha una sua caratteristica. Come avete scelto in questi anni quali articoli mettere nel giornale?

Si tratta proprio di desideri, curiosità e incontri! Voglio intervistare le persone che mi piacciono, quindi quando le vedo, tiro fuori il microfono! E quando vedo un film, un romanzo, un disco il cui tema mi piace, parto alla ricerca finché non ne trovo altri sullo stesso tema. Che si tratti di pirati, «giovani delinquenti», pionieri del rock’n’roll, del soul o del reggae… Posso lavorare su certi argomenti per anni, poi riverso tutto nelle fanzine, e voilà. Alla fine, c’è una varietà di contenuti che riflette sia i miei gusti che questa curiosità assoluta. Ad esempio, per quanto riguarda le culture popolari italiane, ho intervistato il collettivo di attivisti scrittori Wu Ming e gruppi musicali come Nabat (che per inciso includeva uno dei membri dei Wu Ming), Klasse Kriminale o Banda Bassotti. E ho potuto parlare tanto dell’aspetto politico del western italiano (per esempio attraverso uno sceneggiatore come Franco Solinas o il magnifico ‘Quién sabe?’ di Damiano Damiani con Gian Maria Volonté) quanto dei film di Lina Wertmüller o dei fumetti neri di Magnus e Max Bunker, il primo a presentare una (terribile) protagonista femminile con Gesebel! Vorrei anche fare un giorno un articolo sui tre superbi western di Sergio Sollima oltre che sul fumettista Andrea Pazienza, ingiustamente mai pubblicato in Francia!

Vi ho conosciuti grazie a Miriam Linna, musicista, storica della letteratura pulp, discografica con la Northon Records. Come vi è venuta l’idea di intervistarla?

Conoscevo il suo lavoro con la Norton Records e, ovviamente, il suo coinvolgimento negli esordi della band The Cramps, ma soprattutto le sue fanzine, tra cui ‘Bad Seed’ che è stata la prima a parlare di tutta quella cultura del “juvenile delinquent” degli anni ’50. Dato che avevo preparato un approfondimento sul tema, l’occasione era perfetta per contattarla. Parlando per due ore con lei, abbiamo pubblicato la prima parte – dedicata alla delinquenza giovanile – nell’ultimo numero e pubblicheremo il seguito – dove parla della sua carriera e dei suoi incontri – nel prossimo.
Il piacere è tutto nel farsi la stampa da soli, liberi dai dettami del commercio, per poter parlare di ciò che ci piace nel modo in cui ci piace! E quando si intervistano persone a cui la stampa commerciale non presta molta attenzione, si tratta sempre di grandi incontri. Umani.

Photo de Fran Pelzman

Come vedete la cultura musicale in Francia dal vostro punto di vista? Spazi per suonare, label, locali, aiuti ai musicisti durante la Pandemia?

Personalmente sono cresciuto con quello che veniva chiamato “rock alternativo” alla fine degli anni ’80: il punk-rock i cui dischi, concerti, canali di distribuzione erano in mano agli stessi protagonisti di questa cultura. Quindi, anche se ascolto molti altri stili musicali, è in questo spirito che mi riconosco sempre. In Francia, come altrove credo, ci sono ancora scene alternative in stili diversi (punk, reggae, hip-hop, musica elettronica…) ma purtroppo sono meno forti di prima. In primo luogo, l’industria musicale ha integrato molto bene i codici “ribelli” per trarne profitto. E ahimè, molti musicisti ed etichette cosiddetti “indipendenti” aspirano solo a imitare lo star system, sperando di guadagnare qualche briciola a costo di compromessi mercantili… In termini di concerti, francamente, vado quasi esclusivamente in piccoli locali dei sobborghi e in provincia oltre che nei bar. Lo stesso vale per i negozi di dischi. Si tratta di realtà piccolissime ma che sopravvivono grazie a una rete di solidarietà, purtroppo troppo compartimentata tra diversi “stili”. Quanto alla pandemia, al di là della sua tragica realtà, è servita soprattutto ad arricchire ulteriormente i più ricchi (quindi ad impoverire il resto del mondo) e a mettere in atto misure di sicurezza draconiane. Dal momento in cui i nostri governi se ne sono fregati, non si sono preoccupati di salvare gli ospedali pubblici e gli operatori sanitari, perché dovrebbero prendersi cura dei musicisti?
È un’illusione credere che la borghesia si prenderà cura delle classi popolari se non per spremerci come limoni. Quindi, è fondamentale creare e sviluppare le nostre strutture di classe, che si tratti di un sindacato autogestito, di una cooperativa, di un collettivo, di una stazione radiofonica o di una fanzine che parli nel rispetto delle nostre culture e di ciò che viviamo in un ogni giorno, qui o altrove.

Siete attivi anche sui social, sul web, oltre alla rivista?

No. Abbiamo un blog molto semplice, www.cheribibi.net, aggiornato qualche volta l’anno, dove indichiamo dove trovare il ‘Chéribibi’ e i vari eventi a cui partecipiamo (concerti, proiezioni di film, incontri di fanzine, ecc.) , ma non ho alcuna affinità con gli “asocial network” come Facebook, Twitter, Instagram e tutte quelle droghe pesanti egocentriche di cui nessuno sembra più poter fare a meno. Per incontrare persone preferisco uscire di casa e alzare lo sguardo dallo smartphone. Potrò essere un coglione all’antica ma so ancora ritrovare la mia strada per le vie e nella vita quando il mio telefono non ha più batteria.

Un’anticipazione del prossimo numero di Chéribibi?

Bene… spero di pubblicarlo almeno all’inizio del 2023, ma ho molti altri progetti che mi portano via un tempo folle. E poi di giorno sono al lavoro… quindi faccio la fanzine solo di notte. Ma a volte devi dormire bene. Ed esci! Quello che posso dire senza sbagliarmi è che in questo prossimo numero ci sarà quindi il proseguimento dell’intervista a Miriam Linna, oltre alla cantante giamaicana Stranger Cole, al gruppo di psychobilly inglese Long Tall Texans, al cineasta spagnolo Alex de la Iglesia, una stuntman francese, un dossier sugli amerindi contemporanei visti attraverso la letteratura e il cinema, un articolo sul cinema “quinqui” raffigurante “giovani delinquenti” spagnoli (come Deprisa deprisa di Carlos Saura), un servizio su una sala cinematrografica pornografica belga… e tutto quello che potrà essere aggiunto in 132 pagine ben confezionate.. Ad ogni modo, ho già, in magazzino, abbastanza per riempire molti numeri, se dovessi passare i prossimi decenni sepolto in fondo a un rifugio antiatomico… E le genti che passeranno mi diranno “Che bel fior”.

Link: Chéribibi Home Page