(Autoproduzione 2022)
Massimo Barbiero è uno dei musicisti più interessanti della scena italiana e nei suoi ultimi lavori ci offre una sorta di meditazione sonora sulla morte, in due parti.
Il primo album vede il batterista e percussionista di Ivrea insieme a Eloisa Manera (violini acustico ed elettrico, interventi vocali) ed Emanuele Sartoris (pianoforte). Si tratta di una lettura musicale della celebre raccolta di poesie di Cesare Pavese che i titoli dei brani, alternativamente composti dai tre musicisti, riprendono – intervallati da interludi in cui domina la verve improvvisativa, a sottolineare – o a contrastare – li marchio espressivo della precedente composizione.
La tonalità espressiva generale è, abbastanza ovviamente, di una malinconica, talvolta tetra, e struggente cupezza, esaltata dalle connotazioni classiche del pianismo di Sartoris e dal violino, tra il classico e lo zigano, di Eloisa Manera, entrambi molto eleganti, composti ed espressivi. Una costante delicatezza caratterizza la musica del trio, anche quando come nell’incipit (Campanula) il violino stride prima di cantare in risposta all’apertura del piano con cui entra in dialogo tenuto insieme da un tema che ritorna come un’idea fissa (il dolce malinconico pensiero della morte). Lutto struggente, con venature languide, di gusto romantico-gotico, è il tono di Night you slept: caratteristiche espressive sottolineate nel successivo Interludio, in cui l’incontro materiale con il suono – e il dolore – trapela dalla ruvidezza delle corde del violino graffiate dall’archetto. Più arioso, non rassegnato, ma semmai rasserenato è Sangue e respiro, che trova conferma nell’assolo di batteria del terzo Interludio. Invece, incalzante, quadrato, deciso, convinto, sicuro è The cat will know, con cui contrasta il dialogo imbastito tra piano e violino nell’Interludio etereo a seguire. In A Connie da Cesare è la voce toccante del violino a far da protagonista: il suo lamento è solo parzialmente consolato dalla melodia soave del piano e dal contrappunto ritmico della batteria e anzi si fa a tratti più ruvido e aspro e persino più sconsolato e disperato nell’assolo – ma di nuovo il piano cercherà di offrire un conforto, tuttavia non accettato dal violino. Infine, dopo l’ultimo Interludio, questa volta di batteria e piano, l’ultima composizione (Morning) presenta un’andatura quasi a tentoni: è una sorta di lenta esplorazione di nuove latenti possibilità espressive, appunto come al risveglio di un nuovo giorno – un passaggio dal mourning al morning si potrebbe dire con un facile gioco di parole. Infine, la Coda del piano solo ricapitola la paletta espressiva dell’intero album.
A quest’eccellente album in trio fa eco l’altrettanto squisita proposta solistica di ‘In Hora Mortis’, in cui Barbiero legge musicalmente un altro autore a lui caro, Thomas Bernhard, sicuramente un altro tra i più significativi scrittori del Novecento. Cimentandosi alle percussioni, alla marimba, al vibrafono, al gong,e cc. e all’elettronica, Barbiero propone un approccio narrativo alla musica per percussioni, costruendo un percorso che trova – di nuovo – nella delicatezza e nella sensibilità le sue vie principali: ne emerge un percussionismo melodico stilisticamente molto personale, capace di far cantare con un tocco sempre (ac)curato, nonché la messa in luce, non fine a sé stessa, ma appunto a scopo melodico-narrativo, del timbro.
Non è facile avvicinare il tema della morte (e il suo scontro dialettico con la sfera dell’amore). Barbiero, anche insieme ai suoi ottimi compagni di viaggio, lo fa con maestria, traducendo in suoni la poesia.
Voto: 8f