(Da Vinci Classics 2022)
Se è vero che – secondo una generalizzazione sovente citata – il Settecento e l’Ottocento sono stati, rispettivamente, i secoli del violino e del pianoforte, il Novecento è stato – quantomeno stando alle profetiche parole di John Cage – il secolo delle percussioni. Lo stesso compositore americano ha contribuito ampiamente all’avverarsi della sua profezia non solo attraverso la famosa invenzione del pianoforte preparato, che trasformava il pianoforte (in virtù dell’inserimento di oggetti di vario tipo tra le sue corde) in una sorta di orchestra gamelan, ma soprattutto dando alla luce numerosi lavori per strumenti a percussione, di cui le Three Construction qui registrate, ed ottimamente eseguite dal bravissimo ensemble italiano Ichos Percussion, sono tra le pagine più significative. Esse ben rappresentano l’anima costruttivista del Cage anni Trenta e Quaranta, essendo concepite a partire da una serie prefissata di sequenze e combinazioni ritmiche che, in maniera graduale ma inesorabile, scuotono dal profondo l’ascoltatore, dando vita (specie nella Third Construction) a un vero e proprio assalto acustico, seppure rigidamente controllato dall’autore (quanto di più lontano, dunque, dalla svolta aleatoria post anni Cinquanta). L’uso di strumenti etnici come teponatzli, quijada, e maracas, dona un tocco di esotismo che impreziosisce l’ascolto di ulteriori suggestioni. Il compositore bresciano Paolo Ugoletti è, tra gli autori italiani contemporanei, uno di quelli più a suo agio con gli ensemble di percussioni (essendosi cimentato in passato addirittura col gamelan indonesiano). I due lavori qui presentati svelano l’anima più fantasiosa e ludica dell’eclettico compositore italiano, essendo mossi dal desiderio, esplicitato dai titoli – Tropical Irish e Electric Sakura – di sperimentare inedite ibridazioni sonore: rispettivamente, tra la musica tropicale e quella irlandese – quest’ultima, va ricordato, è una passione di vecchia data del Nostro – e tra la tradizione musicale occidentale e la cultura orientale (nella fattispecie, Ugoletti dichiara di essersi ispirato all’hanami, ovvero alla contemplazione della fioritura dei ciliegi giapponesi). Entrambi i brani risultano timbricamente affascinanti e ricchi di idee melodiche e ritmiche che, nel loro essere incastonate in una struttura a patchwork (più evidente nel secondo caso), generano continue sorprese e delizie sonore. Completa il Cd un breve brano a firma di Davide Martiello, dove la scrittura colta si affaccia sul mondo del pop e dell’elettronica, con risultati decisamente accattivanti.
Voto: 8