Burning Ambulance l’ho scoperto tempo fa, un fulmine a ciel sereno, un blog musicale che trattava album e artisti che spaziavano dal Jazz, al Metal alla Contemporanea con approfonditi articoli e interessanti interviste. Da quella volta l’ho seguito attraverso la newsletter e sui social, per arrivare ai giorni nostri, quando mi sono deciso a cercare di saperne di più attraverso l’intervista che ho fatto al fondatore Phil Freeman. Quest’intervista, secondo le mie intenzioni, inaugura una serie di incontri che mi permetteranno di approfondire il mondo del giornalismo, prevalentemente musicale, sul web e metteranno Kathodik in dialogo “virtuale” con altre realtà nazionali e internazionali. Ho già altri nomi a cui sto pensando e con cui sono in contatto e vi consiglio di seguirmi perché ci sono molte realtà interessanti che vi voglio far conoscere. Prima di invitarvi alla lettura vorrei ringraziare Daniela Germani per il suo aiuto nella traduzione dall’inglese all’italiano:
Qui trovate l’intervista in inglese
Come è nata la rivista on line?
Burning Ambulance era originariamente una fanzine stampata. Ho fatto uscire sette numeri prima di cambiare il mio approccio e di impegnarmi totalmente sul sito web, che è on line continuativamente dal 2010.
Quali spunti ci sono stati? A quali modelli si è fatto riferimento?
Sono stato ispirato da riviste come The Wire, fanzine come Forced Exposure e Halana, e in misura minore dalla rivista Spin (come esisteva negli anni ’80) – titoli in cui il contenuto era determinato non dai budget dell’ufficio marketing dei dischi ma dalla passione dei redattori.
Perché avete scelto il nome Burning Ambulance?
Volevo un nome che non suggerisse immediatamente l’idea di un sito sulla musica (perché volevo che la sua gamma di argomenti fosse più ampia di quella della musica), ma volevo anche un’immagine che ti rimanesse impressa nella mente una volta che l’avevi vista; doveva essere qualcosa di memorabile. Il numero di persone che chiedono il perché del nome è la prova che ho fatto la scelta giusta.
Nella rivista vi occupate prevalentemente di musica? Quali generi trattate?
La maggior parte dei nostri articoli è legata alla musica, ma occasionalmente approfondiamo anche le arti visive, recensiamo libri e film e facciamo altre cose. Per quanto riguarda il genere, siamo aperti, ma le nostre principali aree musicali di interesse sono il Jazz, il Metal, la Classica Moderna e l’Avanguardia “inclassificabile”.
Oltre al sito istituzionale siete presenti nei social? Se sì quali preferite usare?
Il nostro (mio) social media principale è Twitter – http://twitter.com/burn_amb. C’è anche una newsletter Substack settimanale, e le pagine Facebook e Instagram, e un canale YouTube, ma quei canali (Facebook, Instagram, YouTube) vengono aggiornati molto raramente.
Vi siete fatti un’idea dei vostri lettori? Avete feedback da chi vi legge?
Mi aspetto che i miei lettori siano molto simili a me – di mezza età, per lo più uomini, con un interesse per la musica d’avanguardia. A volte ci sono commenti lasciati sul sito e ho conversazioni piacevoli con le persone via Twitter.
Avete in progetto un’edizione cartacea della rivista?
Come ho detto, abbiamo iniziato con la stampa, ma non abbiamo intenzione di tornarci al momento.
Siete aperti a collaborazioni con altre riviste, on line/cartacee, associazioni, enti, ecc.?
Assolutamente! Siamo aperti a collaborazioni con persone che la pensano come noi ovunque nel mondo. Mettetevi in contatto!
Come è nata l’idea della label discografica?
Ho sempre voluto avere una casa discografica. Durante la pandemia, il governo degli Stati Uniti offriva denaro alle piccole imprese, così ne presi un po’ e cominciai a pubblicare dischi.
Come scegliete gli artisti da produrre? Attingete all’archivio della rivista?
Alcuni di loro sono artisti che ho recensito – se non per Burning Ambulance, poi per The Wire o Bandcamp Daily o da qualche altra parte. Alcuni, come Matthew Shipp, sono persone che conosco da molti anni, e altri sono solo artisti che ammiro. Sono stato molto felicemente sorpreso che le persone siano disposte a lavorare con me; penso che sia perché sanno che anche se non ci sono molti soldi (e non ci sono), che lo sto facendo per amore sincero per l’arte.
Veniamo al libro ‘Ugly Beauty: Jazz in the 21th Century’. Come è nata l’idea del volume?
Scrivo una rubrica mensile di jazz per Stereogum, chiamata anche ‘Ugly Beauty’, dal 2017. In quel periodo ho osservato un’importante “ondata di energia” nella musica – giovani artisti creativi che prendevano il “jazz” e lo ridefinivano, lo espandevano, portavano nuovi suoni ed elementi e, forse più importante di tutto, conquistavano nuovi spettatori. Così ho deciso di scrivere di quello che stavo vedendo e ascoltando, scegliendo gli artisti che penso siano i più importanti, quelli che daranno forma al futuro del jazz. (Ovviamente, molti musicisti veterani sono ancora attivi in questo momento, ma non sono il futuro, come penso anche loro sarebbero disposti ad ammettere).
Progetti futuri?
Attualmente sto lavorando a un libro su Cecil Taylor che sarà pubblicato nel 2024. Il podcast di Burning Ambulance continua; l’etichetta continua; le email settimanali di Substack e il sito web continuano; e io sono su anche troppo su Twitter. Grazie a tutti coloro che leggono quello che scrivo o ascoltano quello che dico, e soprattutto a coloro che comprano i dischi!
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