Terzo incontro – dialogo “virtuale” con i blog di musica presenti in ogni dove sul web.Questa volta, dopo l’intervista a Phil Freeman – Burning Ambulance (qui), base Stati Uniti, Uwe Schneider e Michael Göttert – African Paper (qui), base Germania, torno in Italia per scambiare quattro chiacchiere digitali con Mario Biserni, fondatore del blog musicale e no-zine dedicato alla musica indipendente, Sands-zine. Kathodik ha ospitato nel passato varie volte Mario Biserni, che ha anche tenuto dal 2003 al 2004 una rubrica intitolata Metropolis (la potete trovare qui), e quando ho pensato a questa serie di interviste, Sands-zine è comparsa subito nella lista dei nomi da contattare. Mario Biserni si è subito mostrato disponibile a raccontare la storia della no-zine (capirete leggendo l’intervista il perché di questa definizione), e a dare un suo peculiare punto di vista sulla musica e sulla vita. Come sempre vi consiglio di iniziare la lettura.
Come è nata la rivista on line?
Per caso. Così come, per caso, all’età di 40 anni avevo di punto in bianco e senza alcuna preparazione iniziato a scrivere di musica.
Accadde che la rivista per la quale scrivevo mi rifiutò un articolo dettagliato su iXem (associazione che, per capirne l’importanza, battezzò nomi come Giuseppe Ielasi, Andrea Belfi, Stefano Pilia, Claudio Rocchetti, Matteo Uggeri e altri). Per pubblicare quei materiali, che mi erano costati mesi di ricerca, dovetti rivolgermi al WEB e a riviste già affermate nella rete come Kathodik. Iniziò così il mio interesse per tali realtà. Più o meno in contemporanea la solita rivista mi rifiutò un articolo su Leo Smith (musicista al quale di lì a poco The Wire avrebbe dedicato pagine su pagine) mentre alcune cariatidi della critica italiana, cosiddetta storica, criticarono aspramente il troppo spazio che era stato concesso a un mio articolo su Runzelstirn & Gurgelstøck (che di lì a poco ottennero su The Wire lo stesso trattamento di Leo Smith). Tutti questi fatti non fecero che aumentare il mio malumore spingendomi verso la ricerca di uno spazio che rappresentasse le mie idee di rivista musicale.
La difficoltà maggiore stava soprattutto nella mia assoluta ignoranza in fatto di programmazione informatica e nel non aver nessun conoscente appassionato di musica in grado di supplire alla mia ignoranza. Dovetti così rivolgermi a un estraneo che mi venne presentato da terzi. Io facevo confusione fra file e filo mentre per lui Bach e Pupo erano la stessa cosa. Come puoi immaginare fra noi non esisteva nessuna comprensione, come potevo fare a spiegargli quello che volevo? Mi sentivo come Benigni quando spiega il treno a Leonardo. Ne venne fuori una cosa assolutamente insoddisfacente a livello di immagine. Fortunatamente qualche anno più tardi ci mise le mani Matteo Uggeri facendo delle correzioni migliorative.
Ogni qual volta sono sorti dei problemi, e ne sono sorti a ritmo quasi quotidiano, le incomprensioni si sono ripresentate addirittura amplificate.
Se devo dare un consiglio a chi vuol avviare un suo spazio internet personalizzato è quello di essere competente non solo per quanto riguarda la musica, o comunque rispetto alla materia che intende trattare, ma anche per quanto riguarda la programmazione. Oppure di avere un amico intimo o un fratello che lo sia.
Quali spunti ci sono stati? A quali modelli si è fatto riferimento?
In realtà non ci sono stati modelli di riferimento e si è cercato di ragionare sull’idea di una rivista che stesse nel web senza tutta quella sporcizia o quella superficialità che caratterizza la maggior parte delle webzine. L’idea base era quella di trasferire nel WEB una rivista che avesse le caratteristiche delle migliori riviste cartacee, con applicate alcune idee che mi sembravano piuttosto innovative. Come, per esempio, il non rispetto di molte delle regole tipiche del giornalismo patinato e di regime che viene formato appositamente dal sistema nelle sue scuole. Faccio un esempio: i famosi incisi e/o sottotitoli acchiappapolli tipici più o meno di tutta la stampa. Gli articoli di Sands-zine dovevano farne a meno e avere solo il titolo corrispondente all’argomento trattato – di solito semplicemente il nome del musicista – evitando orpelli inutili e ridicoli tipo ‘Pinco Pallino. Una stella luminosa nel cielo del Texas’ oppure ‘Tal dei Tali. L’uomo che fa tremare Roma dalle fondamenta’. In Sands-zine tutto doveva essere qualcosa di assolutamente minimale. Un altro aspetto riguardava le recensioni che dovevano presentarsi con il titolo del disco, e non il nome del musicista o del gruppo, come unico riferimento. Ciò per evitare che i lettori aprissero quelle recensioni dove appariva il nome del musicista conosciuto dribblando meticolosamente le altre. Un personaggio ben noto del giornalismo musicale mi scrisse sotto mentite spoglie, come se io dormissi con i piedi nel guanciale e non mi rendessi conto chi c’era dietro quella mail, chiedendomi ragione di quella scelta. Gli risposi semplicemente chiedendo a mia volta qual’era il soggetto di quella recensione: il disco o il musicista che l’aveva fatto. La risposta mi sembrava chiara: il soggetto di una recensione ad “Harvest” è “Harverst” e non certo Neil Young. Conoscendo la durezza del personaggio in questione dubito che abbia compreso la mia risposta. Una volta aperta, la recensione doveva però avere di default tutti i dati tecnici del disco – musicisti coinvolti, titoli dei brani, durata complessiva, tipo di supporto eccetera – e questo avrebbe dovuto dare al recensore la possibilità di concentrarsi sul contenuto senza bisogno di sprecare tempo dietro a quei dati. Questo portava a un grosso lavoro, riportare tutte quelle generalità, visto di malocchio dai vari collaboratori che si sono succeduti.
L’impostazione era inequivocabilmente anarchica: chiunque poteva scrivere ed era responsabile di quello che scriveva e di come lo scriveva. Nessun tipo di censura da parte mia che, di fatto, sono il proprietario della webzine. Tutto questo ha portato a una seconda identità di Sands-zine, rivista di musica da un lato e spazio aperto e libero dall’altro. Col tempo Sands-zine si è trasformata sempre più da rivista a spazio aperto al contributo di chiunque lo volesse utilizzare. Così si è trasformata da web-zine a no-zine.
Molti dei collaboratori che si sono succeduti, soprattutto musicisti, hanno approfittato di ciò per scrivere recensioni ad amici e parenti o semplicemente per farsi pubblicità. Ricordo un musicista che mi scrisse sotto falso nome chiedendomi se potevo pubblicare un’intervista che aveva praticamente fatta a se stesso. Feci finta di credere a quanto mi veniva raccontato e dissi di sì. Sono sempre stato curioso di vedere fino a quale grado di idiozia ci si poteva spingere. Divertendomi. Diciamo che l’impostazione di Sands-zine richiedeva, in chi ne usufruiva, un certo grado di maturità mentre ad emergere sono stati la furbizia e i sotterfugi.
Un’altra idea, all’inizio, riguardava la tempestività: il poter postare i materiali in maniera continuativa avrebbe potuto permettere di giocare in anticipo sulle riviste cartacee che venivano pubblicate a scadenza mensile. In particolare sarebbe stata possibile una certa immediatezza rispetto ai concerti. Questo presupponeva però una presenza capillare nel territorio nazionale e la presenza di collaboratori dedicati e quindi stipendiati. Tante idee, quindi, irrealizzabili al momento e magari buone per essere riprese in mano da altri nel futuro. Sempre che, e ne dubito, le riviste on-line abbiano un futuro. Perché faccio quest’affermazione che può apparire nichilista? Presto detto. Stiamo assistendo al proliferare di spazi dedicati alla musica, molti di questi non hanno affatto scopi informativi ma sono semplicemente destinati a soddisfare l’ego personale di chi li gestisce. Il copia e incolla e la superficialità sono diventati gli sport del giorno, hai notato che se qualcuno pubblica una bufala e questa si riproduce a macchia d’olio!
Perché avete scelto il nome Sands-zine?
Il nome deriva dalla mia passione per termini che possono avere più significati e più chiavi di lettura. Zine sta logicamente per rivista (webzine, magazine, fanzine …) mentre sands è un acronimo di sound and silence ma può anche avere il significato evocativo di sabbie (e l’immagine di ‘copertina’ gioca in tal senso.
Nella rivista vi occupate prevalentemente di musica? Quali generi trattate?
L’idea iniziale era quella di affrontare più argomenti, ma presto si è ridimensionata e gioco forza l’argomento principale è diventato la musica. Quanto ai generi trattati l’idea sarebbe stata quella di non porsi limiti ma purtroppo è impossibile trattare proprio tutto. Dovendo scegliere cosa tagliare ci siamo posti questa domanda: dove sono oggi le differenziazioni? Forse fra Rock e Jazz? Oppure fra Jazz ed Elettronica? Ci siamo così resi conto di una realtà veramente nuova, con tanti musicisti che possono appartenere ad ambiti diversi. Ci è sembrato che oggi la differenza maggiore è fra produzioni major e produzioni indipendenti. D’altronde per una rivista come la nostra, che tocca un numero limitato di appassionati, è assurdo andare a occuparsi di Madonna. Una nostra recensione, negativa o positiva che sia, a Madonna gli fa il solletico. Mentre per artisti indipendenti come gli OvO, per fare un esempio, può fare la differenza. Un altro aspetto concerneva la musica da trattare. Rock, Jazz, Pop, Classica, Folk, Elettronica? Impossibile occuparsi di tutto e allora fu deciso di mettere il paletto fra musica indipendente e musica major, scegliendo di occuparsi della prima non tanto per questioni di gusto o in base a scelte di tipo politico ma considerando che la musica major aveva già anche troppi spazi che le venivano dedicati.
Oltre al sito istituzionale siete presenti nei social? Se sì quali preferite usare
No, siamo fuori dal mondo dei social. Starci dentro richiede un lavoro sovrumano e non abbiamo né la voglia né il tempo di farlo.
Vi siete fatti un’idea dei vostri lettori? Avete feedback da chi vi legge?
Assolutamente no. Abbiamo tentato di instaurare un dialogo ma senza ottenere alcun risultato. Ci piacerebbe avere dei lettori meno passivi, non tanto nel senso di lettere al direttore o menate simili, ma nel senso di partecipazione attiva alla vita della rivista, ma questa è un’autentica utopia ….
Avete in progetto un’edizione cartacea della rivista?
Non mi sembra proprio il caso, trovo che il tempo delle riviste cartacee sia giunto al termine. Così come, l’ho già detto, quello delle riviste in genere. Almeno quello delle riviste intese nel senso tradizionale del termine. È cambiato, e cambierà ancor di più, il modo di fare e di recepire la musica. Prendiamone atto e mi sembra inutile cry over spilt milk (così riesco ad essere anch’io alla moda). Prendi piattaforme come Bandcamp, che sono insieme negozio e rivista, dove puoi ascoltare il disco e, se ti piace, comprartelo. Mi sembra che il futuro stia inequivocabilmente da quelle parti. Che poi la cosa mi piaccia o non mi piaccia è un altro paio di maniche, ma non saranno certo i miei gusti personali a cambiare il corso delle storia.
Siete aperti a collaborazioni con altre riviste, on line/cartacee, associazioni, enti, ecc.?
Apertissimi, quando è stato possibile abbiamo già collaborato.
Progetti futuri oltre la rivista on line?
Morire ed essere cremati con dispersione delle ceneri, senza suono di campane, esposizione della salma, manifesti funebri, funerale e manifestazioni simili. Nel silenzio più completo e, nell’occasione, senza sound. Nell’attesa continuare ad ascoltare musica, leggere libri, guardare film, amare le donne e fare quanto di bello questa breve permanenza sulla Terra ci permette.
Link: Sands-zine Home Page