La Go Down Record bazzica da anni i lidi kathodici, con la sua miscela di uscite improntate alla musica che spazia dal Rock’n’Roll al Garage Rock allo Stoner Rock e condisce il tutto con una sana dose di Psichedelia che non guasta. Dato che Kathodik l’anno scorso ha compiuto 20 anni e la Go Down Records li compie quest’anno, ho pensato: quale modo migliore di festeggiare il lungo compleanno della webzine se non quello di, con le mie consuete quattro chiacchiere digitali, approfondire la storia e i protagonisti della musica di cui abbiamo parlato nel sito? Niente di più facile, ho contattato Max Ear al secolo Massimo Recchia, fondatore della label, e lui mi ha raccontato la storia della Go Down Records. A voi la lettura.
Quali sono le origini dell’etichetta? Come è nata l’idea? Quali ispirazioni ci sono state? A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?
MAX: Ciao a tutti! L’etichetta nasce nel 2003 per la mia esigenza di pubblicare autonomamente gli album di OJM, avendo pieno controllo della delicata fase produttiva e della promozione. Erano anni in cui il DIY era una filosofia diffusa. Leonardo Cola, che al tempo era nostro tour manager e fonico, ha avuto l’energia e l’entusiasmo necessari per fondare insieme a me “la Go Down”. I nostri modelli di riferimento erano le label americane Gearhead e Man’s Ruin, che hanno prodotto nomi come The Hellacopters, Nebula, Kyuss e QOTSA. Oltre alla qualità della musica, ci colpiva la cura nelle copertine e la frequente collaborazione tra band dello stesso roster, che sfociava nella realizzazione di split album.
In quali formati preferite uscire? Cd, ritornato in auge in questo periodo? Il sacro vecchio caro vinile? Cassetta? Digitale?
MAX: Il caro vecchio e sacrosanto vinile rimane il nostro supporto preferito per il calore del suono e la bellezza dell’oggetto. Il CD è una risorsa utile per le band emergenti e meno conosciute, perché comporta una spesa più contenuta, specialmente negli ultimi tempi in cui i costi di stampa degli LP sono lievitati. Il digitale è uno strumento utile a tutti per farsi conoscere a livello globale. Alcuni nostri titoli di artisti al debutto sono usciti solo sulle piattaforme di streaming. Le audiocassette, finora, non le abbiamo mai prese in considerazione.
Come scegliete le produzioni?
MAX: Molto spesso le band vengono selezionate attraverso le performance dal vivo. A volte accade dall’ascolto in rete o di un CD, su segnalazione di qualcuno interno o vicino all’etichetta. Requisiti fondamentali sono una forte motivazione, l’approccio professionale, la disponibilità ad andare in tour e la sinergia con le altre band del nostro roster. Non cerchiamo di creare rockstar, ma crediamo che l’unione faccia la forza e ormai anche i nostri 20 anni di storia danno un loro piccolo contributo.
Cosa pensate delle coproduzioni?
MAX: Le coproduzioni sono un ottimo strumento per arrivare a più pubblico. Ne abbiamo fatte molte in passato e siamo sempre aperti alle nuove. Per citare alcuni esempi Vincebus Eruptum Recordings, Area Pirata, Shyrec, Electric Valley Records in Italia; More Fuzz Records e Transubstans Records in Europa.
Con chi vorreste collaborare a livello nazionale? Ed internazionale?
MAX: In passato abbiamo lavorato con molti artisti internazionali. Da Michael Davis (indimenticato bassista degli MC5) a Brant Bjork (Kyuss, Fu Manchu), da Dave Catching (QOTSA) a Mario Lalli (Fatso Jetson), Nick Royale (The Hellacopters) e molti altri. Nel panorama internazionale troviamo più affinità di generi musicali e di approccio. Ci auguriamo di continuare questa strada e magari di trovare sinergie anche qui in Italia.
Come vedete la scena musicale italiana, produzioni, live e quant’altro?
MAX: Le produzioni della scena italiana le vedo molto cresciute in qualità, finalmente è maturata la personalità compositiva, che è meno derivativa rispetto al passato. C’è anche più coraggio e voglia di contaminazione di generi. La scena live esce con le ossa rotte dalla pandemia, i locali sono drasticamente diminuiti, quelli rimasti però hanno aumentato la professionalità. Il pubblico, dopo il lungo digiuno, sta tornando a essere numeroso, mi auguro che il trend continui. Dopo la ripartenza si sono ricreate delle virtuose dinamiche tra alcuni promoter e agenzie di booking. Finalmente mi sembra ci sia la volontà di creare una vera scena musicale indipendente in Italia, con più collaborazione tra addetti ai lavori. Voglio citarne alcuni come Trivel, Corner Soul, Heavy Psych Sound. Tuttavia restano ancora alcuni che lavorano in maniera individualista e poco d’aiuto per gli artisti e la scena italiana in generale.
Progetti futuri?
MAX: L’agenda 2023 è già bella affollata. Usciranno i lavori di One Horse Band, Ananda Mida (il mio attuale progetto), Dome la Muerte EXP. Poi ci saranno le ristampe di due dischi di The Morlocks e altre cose in via di definizione. Inoltre quest’anno compiamo la bellezza di 20 anni e per festeggiare degnamente, gireremo l’Italia e l’Europa con i GO DOWN FEST. Non mancherà anche il MAXIMUM FESTIVAL, giunto alla 15^ edizione. Sarà una tre giorni di musica all’Altroquando di Zero Branco, in provincia di Treviso. La line-up verrà annunciata a febbraio, dunque seguiteci via social e tenete d’occhio il sito www.maximumfestival.com.
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