(Usopop Diskak/Medication Time Records 2022)
A tre anni dall’esordio, “Hegan”, gli Orbel pubblicano il loro secondo lavoro, differenziandosi da questo, perché hanno in buona parte abbandonato le istanze dark metal e post-rock, per aprirsi a sonorità create da macchine e strumenti tradizionali, affinché il sound sia caratterizzato da sfumature emotive.
Il disco è quasi una messa pagana, con cori evocativi, ritmi tribali e introspezioni funebri.
I brani sono tutti molto complessi e contengono diversi elementi sonori, che sia il folk circolare miscelato al trip-hop di Irentsi o il noise che sostiene il canto evocativo di Ufada, o ancora l’electro dub-rock dilatato di Okerra. In alcuni passaggi si respira ancora un po’ di post-rock, vale a dire nella lenta e riflessiva Orabin Irekiak, con Hitzordua il quartetto si lascia andare ad un elettronica lenta e cadenzata e dal sapore mantico e molto mistico.
Un disco nel quale sono delineati paesaggi oscuri, con le melodie che suonano più chiare che mai, portate da voci ossessionanti e potenti che a volte richiamano antiche evocazioni.
Voto: 7/10