(Record Y 2022)
Un disco artigianale, nel senso buono del termine; un disco di fattura eccellente, fatto in casa come i dolci buoni della trattoria a cucina familiare. Alessandro Fedrigo s’immerge appunto nei suoni e nelle voci famigliari, e trae dalle note del suo basso un album ricco di suggestioni. Appoggiandosi su praterie di rigogliosa vegetazione elettronica (arricchite in maX compleX dalla batteria acustica di Max Trabuco), il basso scolpisce e scandisce sontuose architetture che fanno spazio a soundscapes e improvvisazioni: improvvisazioni generate dal computer e, come potete leggere in questa intervista, dagli errori dei segnali midi. E questo è davvero un punto interessante. L’errore è l’imprevisto su e da cui si può generare l’inatteso: in particolare un’inedita idea di basso che, da strumento d’accompagnamento, diventa il pennello e il colore con cui affrescare, sin dal brano di apertura (Trst Map, un ricordo della pandemia trascorsa con la figlia nella città giuliana), onde musicali dalle intense tinte espressive; talvolta un poco fosche (come in On Tar Bam), ma sempre creativamente convinte e convincenti. E questo grazie al confronto aperto tra lo strumento a corde e l’immenso spazio sonoro dell’elettronica, un confronto che si avvale dell’esplorazione del quotidiano, delle situazioni familiari e che sfugge a rigide definizioni di genere: e questa ricerca, riuscita, di libertà artistica è un pregio.
Voto: 8,5