Sesto incontro – dialogo “virtuale” con i blog di musica presenti in ogni dove sul web. Questa volta, dopo l’intervista a Phil Freeman – Burning Ambulance (qui), base Stati Uniti, Uwe Schneider e Michael Göttert – African Paper (qui), base Germania, Mario Biserni – Sands-Zine (qui), base Italia, Sergio Piccirilli – El Intruso (qui), base Argentina, Luisa Santacesaria e Giulia Sarno – musicaelettronica.it (qui), base Italia, rimango nello stivale e scambio le mie consuete quattro chiacchiere digitali con il giornalista Franco “Lys” Dimauro fondatore del blog musicale Reverendo Lys. Al suddetto ci sono arrivato tramite il suo libro dedicato al Garage-Punk, di cui ne parlo con l’autore nell’intervista. Dal libro ci è voluto poco perché volessi sapere qualcosa di più sull’autore e sul suo blog. Franco si è mostrato disponibile a raccontare la storia e la filosofia dietro al suo artigianato musicale. Come sempre a voi la lettura.
Come è nato il blog on line?
Il mio blog è nato ormai dieci anni fa, all’inizio con l’idea di un semplice “back up” digitale dei miei articoli che erano stati pubblicati, “tagliati” o scartati dalle riviste, cartacee e online, con cui avevo collaborato o con le quali continuavo ancora a collaborare. Poi ho deciso che in fin dei conti, essendo la mia “professione” più quella di un appassionato/divulgatore che non quella di giornalista tout court, potevo utilizzare lo strumento del blog per soddisfare anche le curiosità dei lettori, indicizzandolo su Google in modo che fosse visibile a chi avesse voglia di leggere i miei pensieri sui dischi che ascoltavo. In realtà ho capito che quello strumento era più utile a me che ai lettori, permettendomi di scrivere in assoluta libertà in termini di spazio e di linguaggio, senza rotture di palle da parte dei capo-redattori e soprattutto libero in maniera assoluta dai condizionamenti dei distributori. Le nomination al MEI e la vittoria come miglior blog di musica nel 2018 mi hanno spinto ad andare avanti in quella direzione. Finché ne avrò voglia.
Quali spunti ci sono stati? A quali modelli si è fatto riferimento?
Nessun riferimento. Non leggevo allora e non leggo tuttora altri blog. Onestamente le opinioni altrui non mi interessano, anche perché venendo dal mondo della carta stampata so che in molti casi si tratta di opinioni “deviate”. Polpettine zuccherate per non offendere nessuno e potersi garantire pubblicità, copie gratuite e qualche pass per poter fare il figo in qualche concerto. Non esistono riviste indipendenti, anche se qualcuno piace usare quel nome.
Perché hai scelto il nome Reverendo Lys?
Reverendo è un appellativo “conquistato” sul campo, diciamo. Era l’appellativo con cui molti si interfacciavano con me nei primi tempi di Facebook, prima ancora del blog. E’ una sorta di appellativo reverenziale, che nel gergo si usa per chi “ne sa molto” e si occupa di divulgazione come missione. Lys ha una storia più complessa. Nella metà degli anni ’90 fui selezionato per le prime sperimentazioni di quelle che poi sarebbero diventate le chat. Ci fu chiesto di usare un nome anonimo, quello che poi sarebbe diventato il “nickname” e ne scelsi uno che, per esteso, trovi ancora nel mio indirizzo email e che faceva riferimento ad una leggenda riguardante l’album bianco dei Beatles. Quando venni selezionato per diventare collaboratore di quella rivista che fa rima con tumore aggiunsi semplicemente il diminutivo di quel nick, Lys, al mio nome anagrafico. E quando si trattò di creare un alter-ego per il blog, aggiunsi a quello l’appellativo di Reverendo. Suona bene, no?
Sì, il nome mi piace, molto “garage” e azzeccato. Altra domanda, nel blog ti occupi prevalentemente di musica? Quali generi tratti?
Quasi esclusivamente, anche se all’interno del blog c’è una sezione poco frequentata dai lettori ma anche da me dedicata anche ad opinioni di altro tipo, nella categoria “Reverendo”. Anche se sono conosciuto soprattutto per il mio lavoro sul Garage-Rock tratto tanta roba, dal Cantautorato al Noise, dal Punk al Rockabilly, dal Funky alla Soul Music, dalla New-Wave all’Avanguardia a decine e decine di cose diverse, oscillando perennemente fra passato e presente. In base ai miei ascolti, alle mie voglie o al mio disgusto.
Oltre al sito istituzionale sei presente nei social? Se sì quali preferisci usare?
Si, sono presente ma da qualche anno non molto attivo e parecchio scostante. A volte scompaio. Amo inabissarmi, disintegrarmi, disintossicarmi da notifiche, messaggi, richieste di amicizie che tali non sono. Credo che la funzione “socializzatrice” dei social sia stata un fallimento. Solo discussioni inutili e sempre molto faziose. Uso Facebook quasi esclusivamente per postare le mie recensioni. E’ ancora un discreto mezzo di autopromozione, dopotutto.
Ti sei fatto un’idea dei tuoi lettori? Hai feedback da chi ti legge?
Assolutamente si. Conosco il “nocciolo duro”, gente che legge quasi ogni mio pezzo o che vuole mie opinioni su questo o quel disco. Lettori accaniti che hanno anche inserito qualche mia citazione su wikipedia, che rispetta il mio lavoro e che a volte ha anche opinioni divergenti, e questo è sintomo di buona capacità critica e di intelligenza. Nonostante gli alti numeri del mio blog i lettori “devoti” non sono tantissimi, qualche centinaio di lettrici e lettori affezionati che amano il mio stile, che è sicuramente poca cosa giornalisticamente parlando ma che è sicuramente peculiare. Poi ci sono quelli che si limitano a leggere per scopiazzare alcune mie cose, scrivendo recensioni e libri riciclando idee pescate qui e là. Furfantelli con poche idee che puntualmente mi vengono segnalati dai miei lettori.
Hai in progetto un’edizione cartacea del blog?
Non avrebbe senso. So che c’è in Italia qualche giornalista che sta cercando di sbarcare il lunario facendo operazioni simili. Io amo il cartaceo ma quelle operazioni hanno un senso se ti chiami Eddy Cilia o Riccardo Bertoncelli, non certo se hai una reputazione come la mia.
Come è nata l’idea del libro ‘Born Losers. Pepite e lastre di selce. Sulle orme degli eroi perduti e perdenti del garage punk’ che hai pubblicato nel 2019 per l’editore Arcana? Prevedi una versione aggiornata del volume?
Quel libro è venuto fuori di getto, come un’urgenza. L’idea mi era venuta durante le feste di Natale del 2018 e a febbraio del ’19 il libro era già pronto. In realtà doveva uscire su Goodfellas, se solo non mi avessero chiesto che volevano assolutamente un titolo in italiano, al che ho risposto che se mi avessero trovato una parola italiana con cui tradurre “rock and roll”, io avrei reintitolato il libro. Aspetto ancora una risposta. Fra gli altri editori, Arcana è quello che mi ha dato assoluta libertà, nessuna revisione della bozza e uno dei migliori grafici italiani a disposizione. Nonostante la pessima promozione e distribuzione e nonostante l’arrivo del Covid mi abbia praticamente bruciato tutte le presentazioni del libro ad eccezione della prima in occasione del concerto dei Fuzztones a Messina, le vendite sono andate oltre ogni più rosea aspettativa.
L’ho scritto perché ne avevo le palle piene di vedere decine e decine di libri sul Punk, alcuni veramente orribili, e praticamente nessun testo sul Garage-Punk. E soprattutto nessuno scritto come piace a me, col giusto piglio e senza essere una traduzione di altri testi stranieri. E così l’ho fatto. Non credo che pubblicherò una versione aggiornata del libro. Piuttosto, mi era stata chiesta una versione tradotta per il mercato messicano ma mi sono reso conto dopo poche pagine che molte mie espressioni una volta tradotte perdono di impatto. Dunque, a che serve?
Non sono d’acccordo, a me il tuo libro è servito per aggiungere titoli alla collezione di album Garage-Punk che sto portando avanti da una vita. Quindi consiglio a chi ci legge di cercarlo e parlarne, così da “obbligarti” a rimetterci le mani per un aggiornamento.
Proseguendo con le domande ti chiedo se sei aperto a collaborazioni con altre riviste, on line/cartacee, associazioni, enti, ecc.?
Tendenzialmente no. Ho frequentato le riviste. Ovunque ci sia una redazione, c’è del marcio. Non mi interessa recensire il disco “dell’amico”, che sia un musicista, un distributore, uno che stampa dieci dischi nella sua cantina o una multinazionale. La rivista che fa per me non è presente sul mercato al momento.
Ultima domanda di rito: progetti futuri oltre il blog on line?
C’era una mezza idea di scrivere a quattro mani un bel libro sul rock australiano. Poi la persona cui l’ho proposto, dopo avermi detto che non gli interessava, ha fatto tutto con sole due mani, e non erano le mie. Adesso sto lavorando al mio terzo libro (il primo, ‘OrcoRock’, è ancora inedito perché molto molto scomodo) anche se fra lavoro, famiglia e università il tempo da dedicargli è davvero poco. Anche perché il “tema” trattato è molto molto ampio e per mia fortuna non approccio questa attività come un lavoro. Non ho scadenze. Non ho fretta. Nessuno che bussi alla mia porta se non per dirmi di abbassare il volume dello stereo. E prima di scrivere, a differenza di altri, devo ASCOLTARE ciò di cui scrivo. E non certo sul pc. Ma alzando e abbassando la puntina. Ti sembrerà sciocco ma anche questa ritualità richiede il suo tempo. Che è il tempo che la musica merita. E i lettori, pure.
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