Francesco Giomi ‘LFO’

(Slowth Records 2023)

Come si fa a recensire la registrazione di una conduction? Sarebbe più semplice farlo della sua performance, ma una registrazione… Quali sono gli aspetti estetici da valutare? Di che cosa si può parlare, senza dire banalità né scadere nei termini che di per sé non vogliono dire nulla, p.es. “tensione”, “sorpresa”, ecc. Sono quelle cose che si sentono nell’improvvisazione collettiva, ma che si sentono lì per lì, e ci si chiede se il disco le rispetti e faccia loro onore, o se non è tutto un annacquare. Un altro versante critico potrebbe essere percorso sul lato del “prodotto” musicale, più che sulla “produzione”, e non dando cioè troppo peso ai metodi produttivi. Ma è legittimo isolare un lato solo della critica?

Sono in imbarazzo nel parlare di questo disco, perché, cosa non indifferente, a me piace. Perché mi piace? Perché riconosco la godibilità di una musica che, al di là o forse grazie o forse ancora a scapito del come è stata prodotta, ritrova alcune caratteristiche estetiche e percettive tipiche di tutta la produzione musicale urbi et orbi. Per es. l’equilibrio tra costruzione tematica e sviluppo, tra ritmo e melodia, tra tonalità e rumore, tra elettronica e suono naturale. Pazienza, se non riesco a giudicarne la rispondenza ai dettami del magister conductor, la fedeltà ai gesti del buon Giomi, il quale, di esperienza di direzione improvvisata orchestrale in bilico tra l’elettrico e l’acustico, ne ha da vendere. La relazione comunicativa tra le persone passa attraverso la musica e attraverso la registrazione, testimonia dell’evento e, ascoltando noi la traccia da remoto, possiamo solo immaginare come possa essere stata.

Vivere la performance dovrebbe essere stato un’esperienza totalizzante.

Voto: 8/10

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