Intervista con il giornalista Fabrizio Garau, fondatore del magazine musicale The New Noise

Settimo incontro con i blog di musica presenti in ogni dove sul web. Questa volta, dopo l’intervista a Phil FreemanBurning Ambulance (qui), base Stati Uniti, Uwe Schneider e Michael GöttertAfrican Paper (qui), base Germania, Mario BiserniSands-Zine (qui), base Italia, Sergio PiccirilliEl Intruso (qui), base Argentina, Luisa Santacesaria e Giulia Sarnomusicaelettronica.it (qui), base Italia, Franco “Lys” DimauroReverendo Lys (qui), base sempre Italia, insisto sul caro stivale con l’intervista a Fabrizio Garau, fondatore del magazine The New Noise. Considero il magazine una presenza “critica” molto interessante, che mi trovo a seguire non abbastanza come vorrei, così rimedio con quest’approfondimento sulla sua filosofia e poetica, che Fabrizio ha condiviso con Kathodik. Come sempre a voi la lettura.

Quando e come è nato il magazine on line?

Il magazine va on line tra Aprile e Maggio 2012, e nasce dal desiderio di alcuni di scrivere liberamente di ciò che più pareva loro insieme ad altre persone a cui volevano bene. Numeri di post alla mano, The New Noise non sarebbe esistito senza che per puro amore e divertimento negli anni Michele Giorgi, Maurizio Inchingoli, Giampaolo Cristofaro, Daniele Zennaro, Samuele Lepore, Nazim Comunale o Angelo Borelli avessero scritto centinaia di articoli, insieme ad altre persone che sarebbero durate meno o che sarebbero passate giusto per scroccare qualche accredito.

Quali spunti ci sono stati? A quali modelli si è fatto riferimento?

L’idea era occuparci di roba estrema senza aderire ai cliché delle riviste di roba estrema, includendo tanti generi e non avendo paura di scrivere su qualcosa di più easy. Questa idea derivava soprattutto dalle esperienze precedenti di alcuni di noi. Per il resto, provo a riassumere così…

L’entusiasmo delle fanzine, delle prime webzine, del “primo internet”. Su quest’ultimo punto una precisazione: oggi chi parla di “mettere in giro la voce in Rete” di solito è un tizio che crede ai microchip nei vaccini, ai Rettiliani, ai deliri securitari e omofobi della destra. Una volta era solo una persona che voleva farti ascoltare gli Abruptum.

A me all’epoca in Rete piaceva molto SentireAscoltare, scritto molto bene, esplorativo. A tutt’oggi secondo me è la miglior webzine italiana insieme a Metalitalia, che dimostra la capacità dei metallari di organizzare eserciti per la loro musica. Metalitalia quest’anno fa un festival con headliner i Venom ed è nato da una chat. Come finire con Cristopher Nolan partendo da TikTok.

Guardavamo poi in due o tre con attenzione a quei furboni di Cvlt Nation, io pure ad Adhoc.fm, la prima webzine a fare bene i cosiddetti “full album stream”. Calcola anche che era il momento in cui WordPress trionfava e studiare questi blog/webmagazine era anche studiare come usavano questo CMS che ci ha reso tutti indipendenti. Una volta ti serviva uno che sapesse programmare davvero, in quel momento bastavo quasi solo io, che col pc ho lo stesso rapporto dei modelli di “Zoolander”.

Alcuni di noi, infine, erano stati classicamente lettori di magazine metal, altri di Rumore prima del tracollo, altri ancora erano influenzati da Blow Up, a volte finendo per proporre una parodia involontaria del linguaggio di Blow Up, che secondo me è il miglior mensile di musica in Italia, e dunque crea anche mostri. Poteva comunque andare peggio, potevamo imbarcare forumisti del Mucchio.

Perché avete scelto il nome The New Noise?

Era semplice, ovvio quasi (esiste un New Noise francese che porta molto meglio di noi un nome così ingombrante), e in quel momento avevamo molta voglia di cominciare, quindi cercavamo qualcosa di facile con cui andare online il prima possibile senza litigare. Il primo che vide il logo in Rete commentò “Can I scream?” e lì capimmo di avere ragione.

Nel magazine vi occupate prevalentemente di musica? Quali generi trattate?

Indie, punk/hc, metal (estremo e non solo), jazz, avant, industrial ed elettroniche: c’è scritto sulla pagina “About”, ma era un wishful thinking e oggi non è proprio più così. Oggi attraversiamo l’ennesima fase mortale (è sempre tutto mortale nel DIY) di transizione, dovuta al fatto che la gente non ce la fa, si stufa, litiga, è insoddisfatta, trova di meglio (anche grazie a The New Noise). Quest’anno, se devo raccontarti di cosa parliamo, tanto underground italiano con un approccio trasversale ai generi: i fantasmi di Claudio Rocchetti, i viaggi spaziali di Martina Bertoni, la bava alla bocca dei Turin Horse, lo spoken word degli Aperture, la vulnerabilità dei Bosco Sacro, l’avanguardia primordiale di Andrea Cauduro, lo swag della Rhabdomantic Orchestra, il coraggio di Ramon Moro

Oltre al sito istituzionale siete presenti nei social? Se sì quali preferite usare?

Siamo ovunque, bisogna essere ovunque e ovunque non sono io capace di farli fruttare, mi assumo la responsabilità.

In redazione vi siete fatti un’idea dei vostri lettori? Avete feedback da chi vi legge?

Sì. Persone con “quella voce nella testa” tipo noi, quelle che o hanno una microetichetta o hanno 10 band, o hanno un locale o un negozio di dischi. Di solito ci fanno i complimenti, ma come sai è spesso mero galateo, una forma di rispetto dovuta però anche al fatto – questo sì – innegabile che sosteniamo davvero l’underground, perché per il resto non mi è mai sembrato che fossimo i primi della lista (pur non essendo gli ultimi stronzi).

Nel 2017 avete pubblicato un articolo, ‘Le webzine, tra presente e futuro. Indagine sull’informazione musicale online di casa nostra’, (qui), con interviste a webzine e magazine on line. Come è nata l’idea della serie di interviste? Riflettendo oggi sulle considerazioni che avete raccolto quell’anno, pensate che sia cambiato il modo di fare critica musicale on line? Se sì in che modo secondo voi?

È nata da Maurizio Inchingoli, che l’ha sviluppata da solo. Credo ci tenesse sinceramente a diventare un buon “addetto ai lavori”, quindi perché non chiedere a quelli bravi come si faceva e migliorare tutti? Ha intervistato gente con volumi di lettori significativi da una webzine col peso di una piuma, quindi era forse una cosa più per lui che per il mondo fuori. Sulle riviste musicali italiane ha poi scritto un libro e qualcuno di importante gliel’ha pubblicato: chapeau.

http://www.arcanaedizioni.com/prodotto/musica-di-carta-50-anni-di-riviste-musicali-in-italia/

La seconda domanda è troppo difficile e lo sai. Se dobbiamo parlare di cambiamenti, secondo me c’è sempre meno voglia di realizzare webzine e dunque di un lavoro un minimo sistematico, efficace, personale, di peso, perché con tutta la musica a disposizione di tutti e con artisti che fanno prima a fare un post su Instagram per dire tutto a tutti quelli a cui può interessare, è tutto completamente disintermediato: non esiste domanda di webzine, quindi non esiste l’offerta. Non dimenticare che una volta i collaboratori trovavano anche motivazioni dal ricevere dischi veri in anteprima e dall’entrare gratis ai concerti: la prima cosa è venuta meno, la seconda, nel nostro caso, a volte è persino immorale, perché non scrocchi 10 Euro di biglietto a un locale che lotta per non chiudere. Ciò non toglie che esiste chi continua a fare bene questo mestiere e ha il mio sincero rispetto, anche se magari sfrutta troppo sulla notiziuola da home page di msn anziché stare snello e occuparsi di ciò che conta: sostenere l’underground. Certo, magari c’è ancora bisogno di una bussola o semplicemente di qualcuno con cui “parlare” delle tue passioni, ma siamo sicuri che tra una webzine e quattro Enrichi Silvestrin che discutono di musica in collegamento su Zoom e in diretta su YouTube/Twitch non sia più facile sentire loro? O che non sia più facile seguire qualcosa di fatto bene sul Social Network del momento? Poi può anche starci – pure nel 2050 – che una qualche autoeletta élite di snob coi vinili di Caretaker si senta legittimata solo dal fare “La Rivista” e che se ne vanti di fronte a un numero altrettanto ristretto di snob coi vinili di James Ferraro, spesso fingendo che esista davvero ciò di cui parla o che tutto questo abbia anche solo una minima rilevanza. Io però sono su The New Noise per (l’ho già detto?) sostenere l’underground e farlo conoscere in giro, non per darmi le pacche sulle spalle con questi qua.

Avete in progetto un’edizione cartacea del magazine?

Non è in alcun modo sostenibile, perché anzitutto non ci comprerebbero.
Personalmente non so nemmeno se abbia senso, perché online tu integri la parola con la musica e i video, e viceversa. Ci sono territori vastissimi da esplorare, non ho voglia di tornare indietro.

Siete aperti a collaborazioni con altre riviste, on line/cartacee, associazioni, enti, ecc.?

Abbiamo partnership con due webradio che ci assomigliano, Neu Radio e Fango: rimbalziamo i loro podcast che ci piacciono. Prima della pandemia avevamo patti con alcuni piccoli club per diffondere bene le loro date, magari costruendoci qualcosa intorno, una cosa che dovremmo fare o riprendere a fare. In ogni caso davvero qui potrei andare avanti all’infinito, perché tutti hanno bisogno di spazi e li chiedono, e noi cerchiamo sempre di trovare la quadra. Voglio da sempre una partnership con un sito di cinema, ma nessuno mi caga e forse dovrei pormi delle domande.

Progetti futuri oltre il magazine on line?

No. Sono l’unico fondatore rimasto e non sono “Il Direttore” o “La Firma” di The New Noise, sono il tuttofare, che è un’altra cosa, forse necessaria ma non sufficiente. Sono da sempre cattivo e incattivito, litigioso, scontento. Non è semplice costruire con queste premesse. Quindi, insomma, è già tanto se c’è il sito. Vorrei tentare un’ultima volta di far bene, prendendo ordini solo dalla Musica e non da amici, mode o conventicole, ancora solo per un po’, anche per pubblicizzare qualche festival delle mie parti che ha bisogno di un po’ di tam tam. Non so se ci riuscirò o se ci riusciremo, io e i miei attuali compagni, tra l’altro bravissimi. Fammi gli auguri.

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