Premessa: prima di iniziare la recensione riprendo la nota del traduttore Luca Fusari, ottimo lavoro il suo per inciso, per citare la definizione di drone, che è la definizione inglese di “nota grave ininterrotta e prodotta da uno strumento musicale”, termine che ci dice Fusari, non è ancora presente nella lingua italiana, che ha una similitudine nei concetti di “bordone”, “pedale”, nota tenuta”, “ostinato”, ma tra gli appassionati di musica è ormai parola adottata.
Io la uso: drone, drone music e soprattutto la sento, se possibile in cuffia.
Conseguenza, Harry Sword in questo testo fondamentale, inizia da una grotta alla periferia della Valletta, l’Ħal-Saflieni, stuttura sotterranea scavata tra il 3600 e il 2500 a. C. (fonte Wikipedia), unico tempio preistorico sotterraneo, con un’acustica particolare capace di mantenere la vibrazione sonora perfettamente “viva” e “comunicante”, e raccolta l’evoluzione storica e le declinazioni possibili del drone come suono, come stato di essenza, come modo di intendere la musica e la possibilità della stessa di cambiare la nostra vita. E lo fa attraversando il Marocco di Tangeri e la cerchia beat di Paul e Jane Bowles, William Burroughs, Brion Gysing, pagine e pagine di racconti di vita e di “svi-ta”, raccontando dei Master Musicians of Jajouka resi celebri dal disco di Brian Jones, storico membro dei Rolling Stones. Harry Sword scrive un altro capitolo e costruisce un altro tassello della celebrazione del drone, con l’approfondimento su Ravi Shankar, figura fondamentale per la diffusione e la conoscenza della musica indiana in Occidente, anche grazie alla sua amicizia con George Harrison dei Beatles, poi ancora avanti con John e Alice Contrane, la ricerca si dirige sulla musica Jazz e sulla spiritualità. Harry Sword digita sulla tastiera, e arriva a New York con La Monte Young e la creazione della sua Dream House, dove chi entra può sperimentare la vibrazione del drone, immergendosi in un “oceano di vibrazione”. E ancora i Theatre of Eternal Music – Dream Syndacate, La Monte Young al sax soprano, Marian Zazeela e Terry Jenkins alle voci, Angus MacLise alle percussioni, Tony Conrad violino, John Cale viola, estrema musica rispettata dall’”metal music machinista” Lou Reed. Il flusso sonoro continua a mantenere desta l’attenzione degli ascoltatori (consiglio con la lettura del libro l’ascolto degli artisti citati, in contemporanea), via via scorrono le vite musicali della scena minimalista con Terry Riley e il suo ‘In C’, l’elettronica meditativa di Pauline Oliveros e la sua Deep Listening Band. Sullo sfondo i Velvet Underground, vai avanti e trovi il Krautrock con i contributi “alieni” dei Faust, degli Amon Duul, dei Cluster, dei Neu, dei Popol Vuh. Nel racconto anche l’Hardcore Punk californiano, i Black Sabbath, gli Spacemen 3, fino agli Earth e ai Sunn O))), agli Sleep dell’opus magnus ‘Dopesmoker’. E ancora e ancora, la vibrazione continua e voi in ascolto, dopo aver comprato il libro. Fatelo, non ve ne pentirete.
Harry Sword, Alla ricerca dell’Oblio Sonoro, Roma, Edizioni Di Atlantide, 2022