(Discus Music 2023)
Johnny Hunter (batteria), Mark Hanslip (sax tenore) e Olie Brice (contrabbasso) ci regalano un’esperienza sonora affascinante con il loro nuovo album, ‘Divisions’, articolato in quattro movimenti intitolati semplicemente Part 1, Part 2, ecc. Queste parti, senza sfidare le convenzioni del jazz contemporaneo, conducono comunque l’ascoltatore in un viaggio sonoro intenso.
Dalle prime note del tema della prima traccia con lo statement iniziale del sax e del contrabbasso, diventa subito evidente l’abile interplay che si dipanerà in tutto l’album. Un interplay interrotto in alcuni momenti dagli assoli dei protagonisti che sembrano voler approfondire con una riflessione personale aspetti della conversazione avuta fino a quel momento. Sempre nella prima traccia ciò accade a circa 4 minuti dalla fine con il contrabbasso, cui poi risponde la batteria, come a voler sottolineare o commentare le idee esposte da Brice, per poi lanciarsi in una propria invenzione ritmica. I diversi brani (tutte composizioni di Hunter) dimostrano l’abilità del trio nel creare ambientazioni evocative e suggestive.
Le atmosfere profonde, sommesse e inquietanti create dall’introduzione di batteria e contrabbasso (suonato con l’arco) della seconda traccia gettano l’ascoltatore nell’attesa di un evento musicale che si concretizza con l’entrata in scena del sax, che però non fa che continuare ad esplorare la psicologia dell’incertezza insieme ai suoi complici in modo abilmente sempre più tendente al free. La musica fluisce liberamente, senza confini certi, inducendo l’immaginazione a vagare fino alla evanescente conclusione. La parte terza contrasta nettamente per il ritmo cadenzato del suo tema, che, dopo una leggera flessione per riprendere slancio, apre poi al convincente assolo del sax, assolo che si fa sempre più collaborativo e sempre meno chiuso in maglie definite, sia ritmiche che melodiche, per sfociare talvolta in energici sprazzi di rapido virtuosismo, e poi lasciare gradualmente la scena alla sezione ritmica. La quale ridisegna, in modo sorprendente e inatteso, una nuova situazione, più frastagliata e nervosa, prima di riprendere il tema. La parte quarta, infine, ci introduce in un mondo di swing, libero e groovie, e robustamente energico, che senza affatto disdegnare la pulsazione continua ammette poi momenti con sonorità più estese, dense e magmatiche – con la batteria e il sax che vanno a sperimentare territori più arditi prima di tornare ad accennare uno swing quasi mainstream. Ma è solo un elemento in contrasto con il quale l’ascolto elabora anche le sonorità più out of the box e il virtuosismo più free che si scatena prima di aprire al sornione finale con l’assolo di contrabbasso puntellato dalle idee della batteria di Hunter.
È un album assai riuscito che espone gioiosamente aspetti cruciali della collaborazione e dell’improvvisazione musicale di tipo acustico.
Voto: 9/10