Quest’anno la Biennale Musica di Venezia mi aveva incuriosito parecchio, fin dal titolo Micro-Music, dedicato alla musica digitale e al suono elettronico esplorato in molteplici forme, e dal parterre di artisti coinvolti. Ho avuto modo di parlarne approfonditamente con il direttore Lucia Ronchetti (qui l’intervista), disponibile a rispondere a tutte le mie domande sulla particolarità di questa edizione. Non contento, mi sono messo in viaggio per andare a vedere il concerto del compositore inglese Brian Eno al Teatro La Fenice il sabato 21 ottobre.
(photo home: Courtesy La Biennale di Venezia) Premessa, non pensavo assolutamente di poter vedere Brian Eno dal vivo, quindi quando si è presentata l’occasione offerta dalla Biennale Musica, non ho perso tempo, e mi sono trasformato nel vostro Kathodik man preferito diretto verso Venezia.
Per un evento che si è trasformato in un doppio appuntamento, con la consegna del Leone d’Oro alla carriera al “non musicista” il giorno dopo. Ma andiamo per gradi.
Brian Eno, storico musicista inglese della scena elettronica, creatore della Ambient Music, produttore discografico con la mitica label discografica Obscure Records, attiva negli anni ‘70 e dedita a produzioni di musica sperimentale e contemporanea, a suo tempo membro dei Roxy Music, collaborazioni tra le tante, con David Byrne e David Bowie, presentava alla Biennale l’evoluzione di un’idea musicale, nata nel 2014 come The Ship, installazione site specific ispirata ai suoni dell’Oceano e al relitto del Titanic, accompagnata dal rumore di fondo della Prima guerra mondiale. Attraverso altoparlanti di varie misure Eno creava un’orchestra “ambientale” che permetteva all’artista di modellare il suono e lo spazio. Dall’installazione si era passati all’album nel 2016, a cui veniva aggiunta la voce trattata con il Vocoder. Il progetto si è poi evoluto fino ad arrivare quest’anno al concerto intitolato ‘Ships’, che ha visto, nella splendida cornice del Teatro La Fenice, Brian Eno accompagnato dall’attore, sceneggiatore e regista inglese Peter Serafinowicz, il collaboratore storico di Eno Leo Abrahams alle chitarre, il programmatore Peter Chilvers alle tastiere, i 39 musicisti della Baltic Sea Philarmonic, musicisti danesi, estoni, finlandesi, tedeschi, lettoni, lituani, norvegesi, polacchi, russi, svedesi, guidati dal fondatore estone, residente negli Stati Uniti, Kristjan Järvi.
Appena si sono spente le luci è iniziato il bellissimo viaggio nel suono e nello spazio, con i musicisti che gradualmente sono entrati sul palco e hanno intrecciato i suoni dei loro strumenti, costruendo una progressione armonica che, dando l’impressione di essere un’entità biologica in continuo divenire, col passare dei minuti è cresciuta dispiegandosi in una potente forza capace di catturare l’attenzione del pubblico e di svelare mondi sonori di incredibile bellezza melodica. Ascesa e discesa, ogni “atto” ha portato l’uditorio all’apice della maestosità, per farlo “ridiscendere”, come le onde del mare, per accompagnarlo a suon di note ad un nuovo inizio, così per tutta la durata dell’opera ‘Ships’. La potenza e la visione della Baltic Sea Philarmonic ha fornito l’orizzonte sonoro verso cui lasciarsi andare, la voce di Brian Eno, intervenuta nei momenti adeguati, ha accompagnato il pubblico per la durata del viaggio.
Alla fine, dopo una standing ovation meritata in un teatro sold out, e un bis necessario, le luci si sono accese e l’indimenticabile viaggio è arrivato a destinazione.
Il giorno dopo il vostro Kathodik man è andato alla Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, per assistere alla consegna del Leone d’Oro alla Carriera 2023 al nostro “non musicista”. Il direttore Lucia Ronchetti ha spiegato la motivazione del premio assegnato a Brian Eno “per la sua ricerca sulla qualità, la bellezza e la diffusione del suono digitale, e la sua concezione dello spazio acustico come strumento compositivo”. Una breve pausa e poi il giornalista Tom Service della BBC Radio 3 ha chiacchierato con Eno, il quale ha raccontato al pubblico degli esordi della sua carriera, della sua filosofia, del suo processo compositivo e in particolare dell’importanza delle Scuole d’Arte inglesi negli anni ‘60, vera fucina di creatori in ogni campo delle arti, incredibile scuola di formazione che ha portato un “non musicista”, come lui ama definirsi, ad incidere in maniera così profonda nella storia della musica.
Conclusa anche questa esperienza, complice il sole e il bel tempo, il vostro eroe ha fatto i bagagli ed è ripartito verso casa. Ma pronto in ogni momento ad una nuova avventura sonora.
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