La Parma Recordings è un’etichetta discografica americana dedita alla scoperta e alla valorizzazione della musica classica contemporanea, jazz, blues e world; un’etichetta che, attraverso le etichette inprints come Navona, Ravello, Ansonica e Big Round, da anni riceve un’attenzione particolare da parte di Kathodik soprattutto attraverso le recensioni di alcune registrazioni prodotte dalla label.
La Parma pone particolare attenzione agli artisti che con il loro lavoro allargano i confini della musica contemporanea, fornendo loro competenza e della professionalità acquisita negli anni, e permettendo agli artisti di gestire liberamente la propria offerta musicale. Dopo aver ascoltato e recensito un gran numero di CD, anche per Parma Recordings, come per le altre interviste, ho deciso che era giunto il momento di approfondire la conoscenza della label e della filosofia che la anima, e ho intervistato il fondatore e direttore Bob Lord, per fargli parlare della label, dai suoi inizi fino ai progetti futuri, fornendo un affascinante sguardo dietro le quinte della Parma Recordings. Ecco cosa ci ha raccontato:
Qui trovate l’intervista in inglese
Come è nata l’idea di fondare la Parma Recordings ?
La creazione della PARMA nel 2008 è stata il diretto risultato della mia esperienza come artista che registra e si esibisce. Ho sentito la necessità di una società di produzione di musica classica contemporanea di alta qualità e incentrata sull’artista, con l’obiettivo di offrire ciò che ho sempre desiderato come artista: tutto il controllo e nessuna responsabilità.
Il nostro obiettivo era, ed è, quello di fornire una potente piattaforma che aiuti gli artisti a tradurre in realtà le loro visioni, che permetta loro di collaborare con alcuni dei migliori talenti del mondo e che poi gestisca, conservi e condivida il lavoro che ne deriva a loro nome.
Quali sono le ragioni in base alle quali avete deciso di concentrarvi sulla musica classica e contemporanea? Vi state orientando anche ad altri generi come Jazz e World Music? Come operate per le scelte musicali?
La nostra attenzione per la classica e la contemporanea è dovuta innanzitutto all’amore per il genere, per il formato, per la musica in sé, ma anche al desiderio di difendere una forma d’arte ricca di tradizione e al tempo stesso matura per l’innovazione. Questo si estende al jazz, al world, all’elettronica e ad altri generi che mettono al primo posto l’ideale artistico, e noi ci occupiamo di tutti questi stili e di altri ancora.
Tuttavia, un tratto distintivo del lavoro della PARMA è l’impronta di un timbro unico sulla musica di quella tradizione, come nel caso dell’uscita di FOUR SEASONS FOR THREE PIANOS di Matej Meštrović, che “balcanizza” brillantemente il classico di Vivaldi, o la creazione di nuove idee a partire da forme consolidate, come il nostro LONDON CELLO PROJECT, con la London Symphony Orchestra e il violoncellista Ovidiu Marinescu che eseguono un intero programma di concerti in miniatura. Perché fare solo ciò che è già stato fatto?
Perché avete scelto di creare diverse etichette per pubblicare la musica prodotta dalla PARMA?
Essendo un ascoltatore onnivoro di musica, volevo avere la libertà produttiva di lavorare su generi che amavo, pur mantenendo l’attenzione primaria dell’azienda sulla musica classica contemporanea. Si può pensare alle etichette come a diversi artisti, palcoscenici o persino stand gastronomici in un festival: tutto fa parte di un’unica presentazione curata, ma con molte esperienze diverse al suo interno.
Ogni etichetta ha un proprio focus: Navona (che ha pubblicato due album vincitori di Grammy Awards) per la musica classica contemporanea e di repertorio, Ravello per la musica più sperimentale, sempre nell’ambito della classica contemporanea, Ansonica per la world music e Big Round per il jazz, il blues e altro ancora.
Le produzioni della Parma Recordings sono digitali e in cd. Quali formati pensate siano migliori per la diffusione della vostra musica? Prevedete anche il formato vinile?
L’eterna domanda! Almeno per tutta la nostra vita, credo. Forniamo una varietà di presentazioni per i nostri prodotti, compreso il vinile, ma abbiamo visto che la più efficace – e scalabile – per noi è il digitale, dallo streaming audio agli album visivi ai video di YouTube. È sempre gratificante vedere un album o un brano affermarsi sul mercato in un modo che i CD non hanno più.
Tuttavia, abbiamo visto che quella che era la configurazione “standard” del prodotto è ora un “prodotto deluxe” di fatto, semplicemente a causa del cambiamento del mercato e della scarsità del prodotto fisico. Dal punto di vista delle performance dal vivo, l’artefatto dell’esperienza, l’oggetto tattile, che sia un pezzo di vinile o un libro o una scatola o una borsa, è ancora per molti artisti il modo migliore per trasmettere la loro arte. Ma io porto ancora i libri con la copertina rigida in aereo, quindi prendetelo con le molle.
Cosa ne pensate delle coproduzioni tra etichette discografiche? Si tratta di una pratica utilizzata nella musica underground e sperimentale, ma meno presente nella musica classica. Pensa che sia un’ipotesi praticabile anche per le etichette della Parma Recordings?
Assolutamente, ci piacerebbe fare una collaborazione! Sono tutto orecchi.
Oltre alle produzioni fisiche operate anche come studio di registrazione, ufficio promozione e organizzate ‘Call for scores’ per nuovi musicisti. Come vi muovete in questi ambiti?
Anche in questo caso, si è trattato di un’evoluzione naturale, un’espansione graduale di ciò che volevamo e dovevamo fare per i nostri progetti. La diversificazione verso l’editoria, lo sviluppo web, la produzione video, il marketing e altre aree è stata una progressione naturale, che ci ha portato a formare la nostra agenzia digitale, PARMA Creative, per offrire un supporto più completo ai nostri artisti che andasse oltre la registrazione e la pubblicazione della musica.
Ogni nuova iniziativa è stata un ulteriore passo avanti verso un approccio integrato al sostegno dei nostri progetti, che è una delle funzioni che ritengo di svolgere così bene per i nostri artisti.
Ritenete importante l’uso dei social per promuovere la musica contemporanea?
Quando abbiamo iniziato non c’era TikTok, Netflix consegnava ancora dischi fisici e Spotify era stato lanciato letteralmente pochi giorni prima. Gli strumenti sono lì per essere usati, quindi, in qualsiasi misura abbia senso per voi o per la vostra arte o per la vostra attività o per tutte queste cose, usateli.
Come vedete il futuro della musica Classica e Contemporanea?
Sono incoraggiato dalla continua diversificazione degli stili musicali, degli approcci e delle voci che vediamo svilupparsi sul mercato, e poi anche dalla costante convergenza di queste espressioni che formano percorsi musicali completamente nuovi. Nonostante le insidie dell’era digitale (tra cui la scomparsa di brani e album), quello che si è dischiuso è un vasto mondo di arte, che non avremmo mai toccato se non fosse stato per l’innovazione tecnica.
Penso che continueremo a vedere la classica evolversi da un punto di vista compositivo e, forse in modo più evidente, in un contesto live, in parte grazie a questi progressi tecnici. Il pubblico cerca nuove combinazioni, nuove idee, nuove esperienze, quindi diamogli ciò che vuole.
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