Il Kronos Quartet è una delle formazioni cameristiche più innovative e influenti nell’ambito della musica contemporanea. Il quartetto si è formato nel 1973 per suonare l’opera Black Angels di George Crumb. Dal 1978 fino al 1999 la formazione comprendeva il violinista e fondatore del gruppo, David Harrington, insieme a John Sherba (violino), Hank Dutt (viola), e Joan Jeanrenaud (violoncello). Dopo aver lasciato il gruppo per dedicarsi a progetti solistici, la Jeanrenaud è stata sostituita da vari musicisti; attualmente, il ruolo di violoncellista è ricoperto da Paul Wiancko. Nel corso di questi incredibilmente intensi 50 anni di attività, il Kronos ha letteralmente rivoluzionato il genere del quartetto d’archi, esplorandone le direzioni più diverse e avventurose, aprendolo a contaminazioni inedite coi mondi del jazz, del pop, del rock, e della world music, e invitando i più importanti compositori contemporanei ‒ da Henryk Gorecki ad Astor Piazzolla ‒ come pure diversi autori emergenti, a creare opere che parlassero agli ascoltatori del nostro tempo. Tra le collaborazioni più feconde e durature che il quartetto californiano ha instaurato negli anni, si segnalano quelle con Terry Riley ‒ la cui scrittura innovativa, oltreché regalarci capolavori come (tra i tanti) le Salome Dances for Peace (1985-86), ha contribuito a plasmare il suono stesso del Kronos ‒, Philip Glass, Franghiz Ali-Zadeh, Aleksandra Vrebalov, e Steve Reich. Il Kronos Quartet ha suonato innumerevoli volte in tutto il mondo, commissionato oltre 1000 lavori e arrangiamenti, ricevuto diversi prestigiosi riconoscimenti e onorificenze. Particolarmente prolifica e di ampio respiro è anche la produzione discografica del quartetto, che vanta più di 70 registrazioni di straordinaria profondità e creatività ‒ principalmente (ma non esclusivamente) per la Nonesuch Records ‒ tra le quali si possono segnalare: Pieces of Africa (1992), che raggiunse il primo posto nelle classifiche Billboard di musica classica e world; il box antologico Kronos Quartet: 25 Years; il cofanetto monografico One Earth, One People, One Love: Kronos Plays Terry Riley (2015); e il recentissimo Songs and Symphoniques: The Music of Moondog (licenziato dalla Cantaloupe Music e di prossima recensione sul nostro sito). Abbiamo di recente avuto il privilegio di conversare, via Zoom, con il fondatore del Kronos, il violinista David Harrington. Con lui abbiamo parlato delle origini del Kronos Quartet, della sua – e loro – attitudine verso la musica, l’arte, la società, e dei due progetti più recenti che vedono protagonista il quartetto californiano, ovvero 50 for the Future e Kronos Five Decades. Dalle risposte di Harrington emergono una curiosità e una apertura mentale rare e preziose, insieme a un entusiasmo e una fiducia verso il presente e il futuro – musicale, ma non solo – davvero contagiose. In ultimo, un ringraziamento a Steven Swarz e Nikolás I. McConnie-Saad, che hanno reso l’intervista possibile. Non ci rimane che augurarvi una buona lettura!
Intervista a cura di Filippo Focosi e Marco Paolucci
Qui trovate l’intervista in Inglese
Partiamo dagli inizi: raccontaci qualcosa della tua esperienza di ascolto del quartetto di George Crumb, Black Angels, nel 1973, all’età di 23 anni. Un ascolto “epifanico” che ha dato il via all’avventura del Kronos Quartet.
Nell’agosto del 1973, all’improvviso, alla radio arrivò questa musica, e non avevo mai sentito niente del genere prima. In qualche modo, era una risposta musicale alla guerra americana in Vietnam; stavamo cercando musica che suonasse come una risposta adeguata a quel particolare momento, e tutto ad un tratto c’era! Non avevo idea di chi fosse George Crumb, ma ho percepito che le opere di Schubert, la musica antica, la musica sperimentale, Jimi Hendrix, erano tutte riunite in un unico brano musicale. In quel periodo, Pierre Boulez disse che il quartetto d’archi era morto; a dire il vero, Boulez disse che molte cose erano morte! [Risate] Sapevo, ancor prima di ascoltare Black Angels, che Boulez si sbagliava, ma quando ho ascoltato Black Angels, ho capito che si sbagliava davvero, e di molto!
Quindi, ciò che ho fatto in seguito è stato cercare di scoprire chi fosse George Crumb e chi avesse pubblicato la sua musica, perché dovevo trovare la partitura il più presto possibile. Pochi giorni dopo ricevetti la partitura via email, ed era palesemente chiaro che, per poter suonare quella musica, dovevo avere un gruppo che si dedicasse ad imparare a fare musica in quel modo. Non potevamo iniziare con quel pezzo, perché avevamo bisogno di bicchieri di cristallo, gong, ecc., e dovevamo ancora imparare a suonarlo, quindi nella nostra prima sessione di prove abbiamo suonato le Six Bagatelles di Webern, il Terzo Quartetto di Bartok, e della musica scritta dal mio insegnante di composizione, Ken Benshoof. È così che tutto è iniziato, il primo settembre del 1973.
Come è nato il nome del gruppo, “Kronos” Quartet?
Eravamo all’incirca nell’ottobre del 1973; c’era un concerto che dovevamo suonare a novembre, e non avevamo ancora un nome! Io e mia moglie abbiamo tirato fuori il nostro dizionario mitologico greco e romano, perché quello che volevo era una sorta di nome antico, ma che al tempo stesso guardasse al futuro; così ci siamo appuntati alcuni nomi che a nostro avviso potevano avere un significato di questo tipo, e lei si è imbattuta nella parola “Chronos”, che aveva a che fare con “tempo”, “tempestività”, “cronologico”, e cose del genere. Mi piacevano queste idee, ma ho pensato che l’ortografia non fosse abbastanza drammatica, così abbiamo optato per Chronos con la k (ovvero, Kronos). Quello che non sapevo a quel tempo è che si tratta di un Dio totalmente diverso!
Nel libretto incluso nel cofanetto di 10 Cd del Kronos pubblicato dalla Nonesuch nel 1998, c’è un passaggio che afferma che la vostra musica – ovvero, la musica dei compositori che avete suonato e (spesso) commissionato (come Glass, Sculthorpe, Reich, Golijov, e così via) – ha cambiato (naturalmente in meglio) la vita di molte persone. È qualcosa che tieni a mente quando devi decidere che tipo di musica ti piacerebbe suonare o con quale compositore o musicista vorresti collaborare per i tuoi progetti?
Per me, essere un musicista è una fantastica opportunità di ascolto. Ogni giorno cerco di ascoltare musica che non ho mai sentito prima. Il problema della musica è che è basata sul tempo, e abbiamo solo 24 ore al giorno, e [queste ore] passano velocemente… Ognuno di noi può conoscere solo una piccola fetta del mondo della musica, pertanto ciò di cui abbiamo bisogno è una comunità di ascoltatori. Fortunatamente, posso contare su una comunità di ascoltatori che mi mandano un po’ della loro musica preferita, e io faccio la stessa cosa, e i miei amici fanno la stessa cosa, e a volte dei perfetti sconosciuti fanno la stessa cosa. È come se ci fosse un grande sistema di filtraggio della musica, e prima o poi ci si imbatte in qualcosa – un compositore, o un brano musicale, o un’esperienza – che è così meraviglioso, così bello, che non possiamo che esserne del tutto affascinati. Non è un processo razionale: per me è sempre stato qualcosa come “non ho proprio alcuna scelta!”. Posso dirvi di quando ho ascoltato per la prima volta, ad esempio, la musica di Henryk Gorecki. La prima volta che ho ascoltato la Terza Sinfonia di Henryk ho realizzato: “quest’uomo deve scrivere per il Kronos!”. Non ho scelta, e nemmeno lui ha scelta! E ho provato la stessa cosa quando ho conosciuto Terry Riley. Ho pensato: “Voglio che la vita di questa persona, le sue esperienze, il modo in cui pensa alle cose e al mondo, siano parte della musica per quartetto d’archi”. E posso dire lo stesso di ogni compositore con cui abbiamo lavorato. Per me si tratta di un’estensione della mia ricerca. Cercare di conoscere meglio il mondo della musica fa parte della mia vita quotidiana di musicista.
Come è risaputo, il Kronos Quartet non ha “confini” musicali; anche se il vostro ambito principale è la cosiddetta musica classica contemporanea, suonate anche jazz, rock e world music. Inoltre, pur focalizzandovi soprattutto sulla musica americana, avete anche eseguito le opere di compositori – e collaborato con musicisti – provenienti da Africa, Messico, India e molte altre parti del mondo. Consideri questo approccio così vasto al mondo della musica anche come qualcosa che potrebbe aiutare le persone a comunicare tra loro, a condividere la loro cultura e le loro tradizioni? Pensi che questo vostro atteggiamento abbia una sorta di valore interculturale, oltre che puramente musicale?
A questo punto, si potrebbe pensare che questo approccio sia qualcosa di studiato e pianificato, ma in realtà non è così; per me è sempre stata una questione di rimanere profondamente affascinati da un altro musicista o esecutore. Ad esempio, a proposito di Jimi Hendrix ‒ tra l’altro, ieri era l’anniversario della sua morte; lui era di Seattle come me ‒, quando lo sentii per la prima volta negli anni Sessanta, pensai “questo è un musicista straordinario!”. Se fosse ancora vivo oggi, vi garantisco che avrebbe scritto qualcosa per il Kronos. Avrei trovato un modo per convincerlo. Quindi, la cosa migliore per noi fu dire “ok, suoneremo la musica che ha scritto o che lo vedeva coinvolto”.
Penso che si possa dire questo per ogni brano che abbiamo suonato. Abbiamo iniziato a suonare Purple Haze nel 1981. A quel tempo negli Stati Uniti c’era il timore che tutte le principali istituzioni culturali, come le orchestre e i musei, andassero in bancarotta e si sciogliessero. Quindi mi sono detto “oh, no, non ho mai suonato la Sagra della Primavera di Stravinsky!”. Così ho chiamato un mio amico, un fanatico di Stravinsky, che ha studiato tutte le opere del compositore russo ‒ il suo nome è John Guy ‒ e gli ho detto: “John, puoi realizzare una versione della Sagra della Primavera per il Kronos?”. E lui l’ha fatta! Abbiamo iniziato a provarlo ‒ era un quintetto con pianoforte ‒ e ad un certo punto ho pensato “ok, lo suoneremo tra qualche settimana; e se il pubblico volesse un bis? Cosa suoneremo dopo la Sagra della Primavera?”. L’unica cosa che mi è venuta in mente è stata Purple Haze di Jimi Hendrix. Ecco perché abbiamo iniziato a suonare Purple Haze! Da allora sono stato accusato di sovvertire il genere del quartetto d’archi. Ma per me è stata una decisione musicale.
Potete menzionare qualunque cosa che abbiamo fatto, e posso dirvi perché ‒ da un punto di vista musicale ‒ l’abbiamo fatta. Molte volte ha a che fare con il desiderio di imparare cose nuove, di voler portare la voce musicale di una certa persona nel nostro mondo. Ad esempio, quando ho incontrato per la prima volta Hamza El Din ‒ è stato Terry Riley a presentarmelo ‒, Hamza ha suonato il suo oud e ha cantato, e io ho pensato, “questa musica è così bella, dobbiamo lavorare insieme”. Con Astor Piazzolla è stato lo stesso. Questo è ciò che succede ogni volta. E continueremo a fare lo stesso, perché questo è ciò che guida tutto quello che faccio, e che il Kronos fa. Quando ci imbattiamo in qualcuno che ha dei riferimenti musicali, uno stile, o un colore, che non hanno ancora fatto parte del nostro mondo, cerchiamo di trovare un modo per portarlo dentro [il nostro mondo], e vediamo se possiamo imparare cose nuove. E magari anche i membri del pubblico scopriranno qualcosa che non hanno mai sperimentato. Se sei abbastanza fortunato da essere un musicista ‒ e questo generalmente lo decidiamo quando siamo piuttosto giovani; io l’ho deciso quando avevo quattordici anni, “sarò un musicista e il mondo si abituerà a questo” ‒, devi fare i conti con le conseguenze di tutto questo. Tuttavia, è anche un dono enorme e una grande opportunità quella che il mondo ci dà, perché si ha la possibilità di ascoltare, e di essere come delle antenne, come una sorta di torre radio nel mondo della musica. Non è fantastico tutto ciò? Per me è qualcosa di assolutamente magnifico. Posso dirvi che ogni giorno che passa, le cose vanno meglio! Le persone scrivono sempre più musica meravigliosa, ora più che mai. Questo è un grande momento per essere un musicista!
Beh, lasciaci dire che questo è un grande momento anche per essere ascoltatori, grazie al Kronos e a tutti i musicisti che ne seguono il percorso! Una piccola curiosità su quello che hai appena detto a proposito della versione per quintetto del Sacre di Stravinsky che avete eseguito nel 1981: esiste una registrazione di quella performance?
Sì, esiste! È rimasta in gattabuia per 25 anni, ma l’editore, Boosey & Hawkes, non ha voluto farla circolare. Temevano che se il Kronos l’avesse pubblicata, tutti avrebbero eseguito la versione “sbagliata” della Sagra della Primavera. Possediamo ancora il diritto di pubblicazione negli Stati Uniti e, credo, in Giappone. Un giorno o l’altro andrò su Internet e pubblicherò la Sagra della Primavera suonata dal Kronos, perché sono molto orgoglioso di quella performance, penso che sia una delle nostre migliori.
Nonostante il vostro lungo e continuo (e immensamente prezioso) sforzo per abbattere le barriere musicali, abbiamo l’impressione che la maggior parte del pubblico sia ancora un po’ riluttante ad abbandonare la propria – per così dire – comfort-zone musicale, che si tratti di jazz, classica, rock o musica scritta contemporanea. Che cosa ne pensi?
Ritengo che, una volta che la gente si rende conto di quanto sia divertente imparare cose nuove, la paura verso il nuovo comincia a svanire. Questa è la mia opinione. Ci siamo divertiti così tanto nel corso degli anni; quando le persone vengono ai nostri concerti e pensano “Oh, non l’ho mai sentito prima!”, “Non ho mai visto uno strumento proveniente dalla Corea”, “Non ho mai ascoltato una voce dall’Azerbaijan”, all’improvviso la trama dell’esperienza diventa più affascinante e interessante. Ho molta fiducia nel fatto che, sebbene le cose sconosciute possano disorientare o sembrare strane, alla fine imparare cose nuove è divertente, ed è un desiderio umano. Ho visto lo sguardo nei volti delle persone quando imparano cose nuove, ed è elettrizzante: [imparare cose nuove] ti fa sentire più vivo; lo slancio nel tuo passo quando cammini per strada è molto più impetuoso, dopo che hai imparato qualcosa di nuovo!
Parliamo ora dei vostri progetti più recenti: puoi raccontarci la genesi di “Fifty For the Future” – una libreria gratuita di 50 opere di compositori internazionali accessibile online dal sito del progetto (e che può essere ascoltata su Soundcloud)? Come è nata questa idea? Qual è l’obiettivo principale?
La nostra speranza è che, grazie a Fifty For the Future, i musicisti di tutto il mondo possano accedere gratuitamente alla musica che il Kronos Quartet suona, in qualsiasi momento del giorno o della notte; che possano formare i loro gruppi per suonare vari pezzi. Sfido i gruppi a suonare tutti i cinquanta pezzi! Ci sono così tanti approcci diversi alla musica e al suono, [che hanno a che fare con] quello che fai con i tuoi strumenti, il modo in cui ti relazioni alla notazione, il modo in cui interpreti cosa significa una certa notazione… Ci sono così tante possibilità [che si possono trovare] qui, abbiamo scoperto che sarebbe una buona cosa se potessimo trovare un modo per avvicinare altre persone al lavoro che facciamo, perché molte volte abbiamo sentito la gente dire cose del tipo “come faccio a ottenere questo pezzo?”, “non ho abbastanza soldi per affittare Different Trains per il mio gruppo”, “mi piacerebbe suonare la musica che eseguite”, e simili. Abbiamo insegnato a molti gruppi giovani nelle università e nei conservatori, e loro non hanno potuto avere accesso a molta della musica che abbiamo suonato. Riuscire a trovare gli spartiti delle opere di compositori come Schnittke, Lutoslawski o Terry Riley non è la cosa più semplice da fare. Voglio dirvi una cosa: ci sono poche biblioteche di musica negli Stati Uniti che possiedono lo spartito di Black Angels di George Crumb. Abbiamo appurato che esiste un vuoto in termini di informazioni, così abbiamo pensato: “come possiamo risolvere questo problema?”. E ci siamo detti: mettiamo [questi lavori] online sul sito del Kronos, rendiamoli disponibili gratuitamente, facciamo in modo che se ne possano scaricare le partiture e imparare quanto più possibile dai compositori. Così, abbiamo cercato di fare tutto ciò nel nostro sito web; avrebbe potuto essere “cinquecento per il futuro”, non doveva per forza essere “cinquanta”! È come una sorta di microcosmo; in realtà, sono stato ispirato dai Microkosmos di Bartok, cioè [da] come si può realizzare un piccolo “libro di possibilità” per altre persone.
Abbiamo letto sul sito del progetto che “da quando è stato dato l’avvio a 50 for the Future: The Kronos Learning Repertoire, le partiture iniziali sono state scaricate 20.000 volte in 98 paesi e territori in tutto il mondo, e sono state eseguite da gruppi di tutte le età, anche su YouTube”. Sei soddisfatto dei risultati fino ad ora? Quali sono gli aspetti del progetto che ti rendono particolarmente felice?
Beh, a dire il vero non sono soddisfatto di questi numeri; vorrei vedere 50 for the Future diventare una classe di lavoro standard nei conservatori e nelle scuole di musica in tutto il mondo. Non è ancora successo. Penso che ci siano centinaia, e forse migliaia, di gruppi in tutto il mondo che potrebbero usare questa musica, suonarla ai loro concerti, e divertirsi un sacco! Ci sono molte persone che non hanno ancora sentito parlare di questo. Quindi, in termini di crescita, per quanto riguarda 50 for the Future, penso che ci siano un sacco di possibilità che non sono ancora state sfruttate. Una delle cose che mi rende più felice è sentire altri gruppi suonare questa musica. Recentemente siamo stati ad Amsterdam, dove in due giorni tutti i cinquanta brani sono stati suonati da diversi gruppi provenienti da Europa e Stati Uniti (compreso il Kronos). Ero assolutamente entusiasta. Il sorriso sul mio viso era così grande che mi faceva anche male! È stato meraviglioso ascoltare la nostra musica nelle mani dei giovani e prendere molte direzioni diverse. Questo dimostra che non si tratta della “nostra” musica; non la possediamo; dobbiamo condividere ciò che impariamo. Per me, questa è la cosa più preziosa di 50 for the Future.
Per celebrare il “Kronos Five Decades” vi sono anche 10 nuove opere che sono state commissionate e che saranno eseguite dal Kronos Quartet in tutto il mondo durante la stagione 2023/2024. Come avete scelto i compositori? Avete intenzione di registrare alcune di queste opere? E … verrete anche in Italia ad eseguirle?
Beh, non veniamo in Italia da molto tempo, per cui sarebbe ora di venire in Italia per suonare, sicuramente! Con “Five Decades”, proseguendo in un certo senso sulla linea tracciata da 50 for the Future, volevo essere sicuro che stessimo ampliando il nostro lavoro, in modo da imparare cose nuove con diversi compositori con cui non abbiamo mai lavorato, o approfondire il rapporto con alcuni dei compositori con cui abbiamo precedentemente collaborato, affrontare nuove sfide per il nostro futuro e fare esperienze che non eravamo stati in grado di fare prima. Sono consapevole di ciò che abbiamo già fatto e sto cercando di diffonderlo ulteriormente. Per esempio, a proposito di Michael Gordon [uno dei compositori di “Five Decades”], una cosa che ho notato dei pezzi che ha scritto per il Kronos è che ognuno di essi ha un proprio, distintivo mondo sonoro, e ho pensato “cosa potrebbe fare di nuovo Michael per noi?”. Ed è così che è iniziata la nostra conversazione. Oppure, ad esempio, [a proposito di] Peni Candra Rini, che è una cantante e compositrice indonesiana, il suo brano per 50 for the Future è così meraviglioso, e non c’è niente di simile nel mondo del quartetto d’archi! Così mi sono chiesto: “che cosa potrebbe ancora scrivere Penny per noi dopo questo lavoro?”. Questo ci ha portati a pensare che sarebbe stata una persona perfetta per scrivere un altro brano per noi. In ognuno di questi casi, eravamo guidati da un certo pensiero riguardo al nostro lavoro e a come avremmo potuto ampliarlo.
Concludiamo questa nostra conversazione, per la quale ti siamo davvero molto grati, con una domanda molto generale ma inevitabile: come vedi il futuro della musica?
Sono sempre consapevole di quanto c’è ancora da fare nella vita e nella musica. Come tutti sappiamo, ci sono così tante questioni urgenti che l’umanità deve affrontare: la minaccia della distruzione nucleare, le preoccupazioni ambientali, la disuguaglianza riguardo a ciò che le persone possono sperimentare a causa del denaro, e varie questioni sociali in ogni paese del mondo. Quindi, come possiamo trovare una musica che possa affrontare e superare alcuni di questi problemi per mezzo della bellezza, del suono, o di questioni inerenti allo stesso fare musica? Come facciamo a trovare questo tipo di opere? Questo è ciò che mi spinge verso il futuro. Vedo giovani che si danno da fare in tanti modi e che accettano sfide apparentemente impossibili, e ne sono così entusiasta e ispirato. Da anziano, tifo ogni minuto del giorno per i giovani musicisti, i giovani artisti, i giovani scienziati, i giovani filosofi e poeti. Forza, usiamo tutto quello che sappiamo e facciamo del nostro meglio! Le cose possono migliorare, passo dopo passo.
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