(Da Vinci Classics 2023)
Carlo Alessandro Landini, compositore italiano nato nel 1954, è noto per la sua predilezione verso forme estremamente estese (specie nelle sonate per pianoforte: la N. 5, ad esempio, si avvicina alle tre ore di durata). Una caratteristica, questa, che si può rinvenire anche nella sua attività (altrettanto interessante) di saggista: il suo “L’Orecchio di Proteo: saggio di neuroestetica musicale” (LIM, 2021: di prossima recensione su Kathodik) consta di ben 858 pagine. Eppure, Landini sa esprimersi altrettanto efficacemente in forme più contenute, come è il caso di queste due sonate per violoncello e pianoforte – magistralmente eseguite da Guido Parma (violoncello) e Giovanni Capatti (pianoforte) -, le quali rispondono a un analogo schema formale – che prevede un Adagio, seguito da un Presto – e hanno una durata non superiore alla mezzora. Entrambe sono state scritte utilizzando la scala ottotonica, anche detta scala alternata, molto usata dai compositori russi del Novecento, come Stravinsky, Prokofiev, Shostakovich, Scriabin. La “Prima Sonata” si apre con una successione di semiminime al pianoforte, che accompagnano il distendersi di una linea melodica soave e maestosa intonata dal violoncello, ipnotica nel suo procedere riflessivo e ininterrotto, quasi incurante delle (occasionali) deviazioni armoniche proposte dal pianoforte. Anche nel secondo movimento il carattere generale è stabilito sin dalle prime note, e si mantiene pressoché costante fino alla conclusione. Solo che qui le atmosfere meditative dell’Adagio cedono il passo a brevi e rapide figurazioni tanto del violoncello quanto del pianoforte, che sembrano imitarsi – e rincorrere – a vicenda, disegnando intricate trame contrappuntistiche e ritmiche. Se il carattere introspettivo e spirituale del primo movimento può richiamare alla mente alcune pagine di autori italiani come Casella, Liviabella, Fuga, la frenesia ritmica e la tensione che innerva il Presto, il loro repentino annunciarsi per poi mantenersi costanti sino alla fine, mi hanno fatto pensare ad alcune pagine cameristiche di Leo Ornstein (tra cui i suoi lavori per violoncello e pianoforte), autore americano ma di origini russe scomparso nel 2002 alla ragguardevole età di 109 anni. La “Seconda Sonata” di Landini si muove sulla stessa lunghezza d’onda della prima, tanto per ciò che riguarda la macro-forma (va ricordato che il primo a concepire la forma-sonata come successione di un Adagio e di un Allegro fu Beethoven), quanto per le qualità musicali ed espressive che contraddistinguono i singoli movimenti, e che riflettono la profondità di pensiero – musicale e umanistico – dell’Autore.
Voto: 8/10