Settimo appuntamento della serie di interviste a direttori artistici di Festival, in giro per l’Italia, che si approcciano alla Musica in maniera caratterizzante e molto interessante, provando a dare un loro punto di vista peculiare sul panorama contemporaneo. Prima: Paolo Francesco Visci, direttore aristico dell’IndieRocket Festival, Pescara (qui). Seconda: Marek Lukasik, direttore artistico del Lars Rock Fest, Chiusi (SI), (qui). Terza: Massimo Simonini direttore artistico dell’AngelicA Fest, Bologna (qui). Quarta: Lucia Ronchetti, direttore artistico del 67° Festival Internazionale di Musica Contemporanea Micro-Music, Biennale di Venezia (qui). Quinta: Alessandro Gambo direttore artistico del festival Jazz is Dead!, Torino (qui). Sesta: Chris Angiolini, direttore artistico del Beaches Brew Festival, Marina di Ravenna (qui). Ora mi dirigo virtualmente a Montecosaro a intervistare Alessandro Luzi, direttore artistico del Festival Mount Echò. Questo festival l’ho scoperto anni fa per caso, navigando in rete, ho subito apprezzato la qualità di proposte artistiche presentate, e data anche la vicinanza geografica, quando posso cerco di essere presente. Naturale pensare a Mount Echò per questa serie di interviste, e complice la disponibilità di Alessandro Luzi, ho potuto approfondire come è nato e come viene pensato e vissuto il festival. A voi la lettura.
Iniziamo dall’origine, come è nata l’idea del Festival Mount Echò?
La rassegna d’ascolto Mount Echò nasce dall’esperienza iniziata 4 anni prima all’interno della Galleria Centofiorini. In uno spazio deputato esclusivamente all’arte abbiamo iniziato a inserire linguaggi appartenenti a diverse discipline artistiche tutte innervate su tematiche guida che venivano scelte sulla base dell’interesse verso temi che ci interessava investigare. Da li in concomitanza con una richiesta ricevuta dall’illuminata amministrazione del Comune di Montecosaro, abbiamo provato a traslare le nostre attività all’interno del piccolo gioiello rappresentato dal Teatro delle Logge di Montecosaro.
Come è strutturata attualmente l’organizzazione del Festival? Quante persone ci lavorano? Quanti volontari?
La rassegna oggi segue ancora i medesimi processi costruttivi, le persone coinvolte sono sempre in aumento. Siamo partiti con 2-3 appuntamenti all’anno, per poi passare e due edizioni nello stesso anno ognuna di 4-5 concerti a stagione, raggiungendo 9-10 momenti di incontro, spesso contornati da eventi collaterali come talk, incontri con professionisti del mondo artistico, mostre e anche pubblicazioni ad hoc. Ci siamo collegati con altre associazioni che si occupavano di altre materie, per cercare di ampliare la proposta a più linguaggi possibili, senza confini territoriali. L’attenzione verso un pubblico nuovo, più giovane, e la sensibilizzazione del nostro territorio di riferimento è diventato il nostro focus principale, con lo scopo ultimo di proporre spunti di crescita culturale, e non solo intrattenimento, con una forte propensione all’apertura verso le scuole e i luoghi deputati alla crescita emotiva e culturale dei cittadini del domani. La cosa che risulta essere interessante è che oggi prima di essere una rassegna rigidamente strutturata, è diventata figlia di un processo di condivisione e di costruzione tra un gruppo di amici, che condividono passione, entusiasmo e visione di un domani diverso per i nostri territori. Attualmente le persone direttamente e indirettamente coinvolte sono una decina. Di base sono tutti volontari, ossia che hanno scelto volontariamente di condividere attivamente questo percorso.
Quando iniziate a pensare e programmare al cartellone del festival?
Ad essere onesti la particolare struttura suddivisa in due edizioni oggi non ci concede un attimo di riposo, e a conti fatti richiede un periodo di programmazione di 10 mesi l’anno, con tutte le difficoltà del caso di operare sempre in modo sovrapposto tra presente e futuro, e cercando sempre di proporre linguaggi meno battuti ma altrettanto interessanti, che possano essere opportunità crescita per il nostro pubblico.
Come viene effettuata la selezione degli artisti e artiste?
La ricerca delle proposte è il tema che richiede più tempo di tutti indiscutibilmente. Dietro ci sono ore e ore di ascolto, di ricerca tutte guidate dal tema di base che si è scelto di approfondire all’interno della stagione. Da li si parte scegliendo il nome dell’artista che realizzerà la locandina, visto che dalle ultime 3 edizioni abbiamo inaugurato la nostra piccola collezione di locandine d’autore realizzate appositamente per noi da artisti internazionali appartenenti al mondo della grafica. Da li si inizia a costruire il cartellone, con scelte molto mirate, spesso andando a richiedere date specifiche fuori dai tour già programmati, con una modalità che di sicuro non semplifica il nostro lavoro, ma che alla fine ci ha portato a poter usufruire di appuntamenti significativi e quasi eslcusivi di cui andiamo molto fieri, come ad esempio quello con Colin Stetson o in ultimo Aja Monet.
Volgendo uno sguardo indietro, quali sono state secondo voi le edizioni più caratterizzanti?
Sicuramente noi siamo ugualmente legati a tutte le nostre edizioni, ma la prima che potrei citare è sicuramente la nostra seconda che ha visto arrivare Colin Stetson, Giant Sand, Alex Patterson… è stata la prima in cui abbiamo capito che con un duro lavoro di selezione e di follia da un punto di vista della gestione finanziaria, potevamo innescare un circuito che potesse condurre anche importanti nomi della musica, che ci poteva caratterizzare fortemente come realtà per il territorio e al contempo come porta di accesso o come piace definirlo a me, come “un nuovo affaccio verso smisurati orizzonti”.
Da quella seconda edizione è stato sempre un crescendo di proposta e di pubblico, resistendo anche nel periodo del Covid, grazie al sostegno dell’immancabile amministrazione di Montecosaro e alla passione che gli artisti ci dimostrando sempre sposando il nostro piccolo progetto.
Quelle con un maggior riscontro di pubblico?
Il nostro rapporto con il pubblico non è stato mai semplice, un po’ perché operiamo in un territorio dove la cultura del live è sicuramente non così fortemente sedimentata, poi anche perché siamo consapevoli che le nostre scelte spesso non rispecchiano i gusti e le tendenze imposte dal mercato musicale, ma in fondo li risiede proprio la nostra spinta propulsiva. Sicuramente giunti oggi al quinto anno e all’ottava edizione, possiamo dire che abbiamo costruito un nostro piccolo pubblico, e questa è la miglior testimonianza di apprezzamento che possiamo ricevere, un rapporto costruito sulla fiducia reciproca, con un occhio sempre votato allo sguardo verso un curioso futuro. Rimane però importante sottolineare come noi tutti ci teniamo particolarmente a caldeggiare fortemente la scissione di questo binomio, presenza/risultato assunto ormai imprescindibile per ogni evento organizzato, tanto da essere diventato parametro dominante e unico di cui ci si debba preoccupare. Al di là del dispiacere di veder esibirsi un artista (o o una scarsa partecipazione ad una mostra o altri eventi) di fronte ad un esiguo pubblico, per noi rimane centrale il percorso e il tipo di linguaggio che si porta alla luce in quel momento di incontro. Essere generatore di opportunità diverse per chiunque a prescindere dal numero venga ai nostri appuntamenti vale sempre molto di più del risultato numerico o economico generato dallo stesso.
Usate i social per promuovere e documentare il festival? Se sì quali preferite? Li ritenete strumenti necessari per aiutare a conoscere il Festival?
Il tema dei social oggi è diventato imprescindibile per usufruire di una minima chance di promuovere le nostre attività, quindi sì, li utilizziamo, principalmente i canonici Instagram e Facebook con il supporto a volte di webzine di settore. Sicuramente siamo fortemente lacunosi in questo e dovremmo indiscutibilmente crescere molto sotto questo aspetto, magari con l’inserimento nel gruppo di chi abbia competenze specifiche molto più pertinenti di quelle che abbiamo in campo oggi. Certamente sono strumenti utili anche se troviamo oltremodo utile ancora il passaparola e la costruzione di una lenta fiducia con il nostro pubblico. Io personalmente credo che sia fondamentale condividere molto più insistentemente progetti e momenti di confronto con altre associazioni o enti organizzatori per portare alla luce più meticolosamente e ad un pubblico più interessato certi tipi di attività. Sarà obiettivo futuro quello di costruire una rete ancor più stretta tra chi opera nel settore della programmazione culturale, al fine di raggiungere un pubblico più ampio e variegato. Io credo fortemente nella condivisione ad ogni livello di programmazione.
Come viene recepito il Festival dalla Regione Marche? Siete radicati sul territorio?
Le Marche sono un territorio particolarmente scisso in aree, che difficilmente si contaminano, per cui seppur stiamo allargando i nostri confini operativi, troviamo ancora forti difficoltà verso il raggiungimento delle aree all’estremo della regione, per cui diciamo Marche Nord e Sud anche se stiamo lentamente crescendo. Il dato che ci affascina è che nelle ultime 3 edizioni abbiamo riscontrato una presenza media del 30% di pubblico da fuori regione, che crediamo sia un dato importante per poter continuare sul percorso intrapreso. Questi dati cambiano molto anche in base alla programmazione, ma ci rincuora pensare che ci sia apprezzamento in un indotto che vada oltre la nostra regione di appartenenza.
Una riflessione, il festival fa parte o ha fatto parte di network nazionali e internazionali? Per fare un confronto penso al festival internazionale di cinema e documentario a tema musicale Seeyousound che aderisce al Music Film Festival Network https://mffn.org/
No, e sottolineo purtroppo. Per poter riuscire a realizzare tutti i nostri desideri necessiteremo sicuramente più personale e più fondi, e questo è infatti uno dei prossimi passi da compiere, per ampliare le possibilità di confronto su scala differente. Sicuramente è una cosa a cui teniamo molto.
Dal presente al futuro prossimo venturo: come avete deciso i nomi che avete presentato in questo primo semestre? E per il secondo qualche anticipazione è nell’aria?
I nomi come ti dicevo prima sono sempre selezionati partendo dall’idea di riferimento della stagione, ad esempio quest’ultima era costruita sul confronto tra armonia e disarmonia, quindi da questo punto di partenza cerchiamo dapprima i nomi che spesso possano rappresentare per noi al meglio questo concetto, per poi una volta superati i vari problemi organizzativi legati a logistica e budget, proporre tra i possibili quelli più pertinenti, tenendo sempre presente quali eventi collaterali possiamo inserire a supporto dell’esplorazione narrativa di riferimento.
Anticipazioni sul futuro ci potrebbero essere ma ora è ancora presto. Stiamo alacremente lavorando per un’altra stagione di ottimo livello, possibilmente cercando di aprirci a nuovi territori, trasformandoci sempre di più in una rassegna itinerante, senza perdere di vista i legami con i territori e con la qualità della programmazione.
Vedremo il festival all’aperto, in un prossimo futuro?
Sinceramente non crediamo che questo sia un format che possa rendersi incluso in un panorama di programmazione estiva, che vediamo già satura e più incentrata sulla mera forma di intrattenimento. Non rientra sicuramente nei nostri piani ma… mai dire mai.
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