Daniel Lentz ‘Lips’

(Unseen Worlds 2024)

La lunga carriera del compositore americano Daniel Lentz (classe 1942) è quanto mai variegata e costellata di cambi di direzione, pur nella coerenza di uno sperimentalismo che ha nel minimalismo, declinato in modo molto personale, la sua direttrice principale. Questa importante pubblicazione della Unseen Worlds, ad oggi in formato esclusivamente digitale, ne ripercorre la fase degli anni Settanta-Ottanta proponendoci all’ascolto alcuni lavori fondamentali che non avevano ancora ricevuto una registrazione ufficiale. Si tratta del periodo californiano di Lentz, influenzato da vari aspetti della West Coast americana: tanto extra-musicali – l’oceano, la cultura dei nativi, le autostrade tipiche di quell’area – quanto musicali. Riguardo questi ultimi, possiamo – come detto – inscrivere queste composizioni (con un’unica eccezione) nella (macro-)categoria del minimalismo. Un minimalismo che, nel caso di Lentz, potremmo definire estatico, insieme mistico e sensuale, caratterizzato dalla ripetizione, sovrapposizione, e stratificazione di pattern melodici e ritmici, su uno sfondo armonico che nelle ampie e illuminanti note di copertina (leggibili nella pagina bandcamp della UW che linkiamo qui sotto) viene definito “solare”, “a metà strada tra un lounge-bar e l’oceano”. Ben quattro (su sei) di questi lavori vedono la combinazione di voci ed ensemble (dove a spiccare sono strumenti a tastiera, percussioni, flauti, e arpe). Tranne che per il più lineare (almeno vocalmente) Requiem (dedicato a un amico artista scomparso nel 1976), gli altri brani si contraddistinguono per la particolare tecnica usata da Lentz nel frammentare il testo in singoli fonemi per poi ricomporli gradualmente – ciò avviene in Songs of the Sirens e North American Eclipse -, mentre in Uitoto l’autore segue il procedimento inverso, comunque conforme a una idea (piuttosto Reich-iana) di musica come processo graduale e continuo di espansione e contrazione, avvolgente e avvincente. Di grande impatto è senz’altro anche Talk Radio, perfetto esempio di quella “travel music” che Lentz continuerà a esplorare nel corso degli anni (si pensi al più recente Continental Divide), basata sull’alternanza a mo’ di collage sonoro di musica antica, latino-americana, hip-hop, con le consuete iterazioni minimaliste a fare da collante. L’eccezione a cui si faceva riferimento all’inizio è costituita dal breve e percussionistico Funke: si tratta di una sporadica incursione nel mondo del serialismo, che nelle mani di Lentz non può che tingersi di colori e accenti ritmici “funky”.

Voto: 9/10

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