Valentin Silvestrov ‘Symphony No.7’

(Naxos/Ducale 2024)

Secondo il filosofo americano Jerrold Levinson, un’opera d’arte può essere giudicata “profetica” – e solitamente apprezzata in quanto tale – in virtù di proprietà che essa possiede già al momento della sua creazione, sebbene l’attribuzione della suddetta “profeticità” avvenga di norma a posteriori, in seguito al verificarsi degli eventi in qualche modo presagiti dall’opera. Ciò è quanto successo, ad esempio, al film Alexander Nevsky (1938) di Ejzenštejn, che nel raccontare la battaglia tra la nobiltà russa e i barbari teutonici (risalente al 1240 circa), ha (a detta di molti interpreti) verosimilmente presagito la Seconda guerra mondiale. Considerazioni analoghe sono state fatte per alcune composizioni del musicista ucraino Valentin Silvestrov (nato nel 1937), che sembrano (dalla prospettiva odierna) annunciare – anche in virtù della provenienza dell’autore – i tragici eventi che dal 2022 affliggono la sua nazione, l’Ucraina. Ovviamente, trattandosi di opere musicali, la qualità profetica va commisurata non tanto alla presenza di un filo narrativo, quanto all’emergere (in forma di suoni) di una peculiare capacità introspettiva nei confronti delle condizioni del genere umano. Tale capacità si dispiega con grande efficacia nell’Ottava Sinfonia e, parimenti, nella Sinfonia per violino e orchestra Widmung (Dedication) (1990-91), qui eseguita dalla Lithuanian National Symphony Orchestra diretta da Christopher Lyndon-Gee (che firma anche le preziose note di copertina presenti nel booklet del Cd). Grazie infatti alla calibrata contrapposizione tra fasi concitate, telluriche, armonicamente aspre e dissonanti, e sezioni pervase da un tono elegiaco e da un lirismo soffuso e disteso, Silvestrov esprime – negli oltre quaranta minuti di questo imponente lavoro che procede senza soluzione di continuità – tanto la tragicità dell’esperienza umana (quale si mostra in determinate situazioni) quanto la possibilità che la pace e la compassione abbiano infine il sopravvento. Per certi versi, è quasi paradossale che si parli di profeticità per un autore, Silvestrov, che guarda sovente al passato (musicale) come fonte di ispirazione per le sue opere, allorché vi dissemina sottili rimandi alle partiture di autori come Mozart, Chopin, Mahler, Schubert. Tale sguardo retrospettivo è ben esemplificato dalla serie dei “postludi”, di cui il Postludium for Piano and Orchestra (1984) rappresenta forse l’apice per ampiezza e profondità. Anche qui, si assiste all’alternanza tra episodi musicali dal carattere contrastante, che sfocia – come nella Sinfonia-Concerto per violino di cui sopra – in una lunga sezione dal tenore emotivo insieme onirico e nostalgico, attraversata com’è da fragili melodie che si adagiano su morbidi ed evanescenti tappeti armonici fino a “scomparire nel nulla”. Un nulla che, tuttavia, è “riempito” – come sottolinea giustamente Lyndon-Gee – dalla ricchezza e dalla bellezza di una musica, quella di Silvestrov, che si pone come uno dei più riusciti esempi del post-modernismo del secondo Novecento.

Voto: 8/10

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