Stephen Davismoon ‘Il Guido’

(Stradivarius 2024)

Nelle sue migliori espressioni, il flauto ha, a mio modo di sentire, la particolarità di congiungere l’evocazione di tempi, spazi e storie antichi, ancestrali, misteriosi ed etnici con l’arditezza di una sperimentazione eurocolta che ha in Luigi Nono uno dei suoi più illustri numi tutelari: il flauto può riuscire a plasmare il connubio tra la natura materica di voci animali ed echi tellurici con la leggerezza eterea di un fiato che configura un suono non preimmaginabile. In questo encomiabile progetto nato dalla collaborazione tra Tempo Reale/Liverpool Hope University, la fusione tra il carattere mitico e mistico del flauto e le sue venature creative, inattuali e imprevedibili, è esercitata, attivata, esplorata e valorizzata da uno dei suoi più grandi maestri contemporanei, Roberto Fabbriciani: egli ci guida nei meandri sottili, nascosti e affascinanti delle possibilità sonore dei flauti, attraversando le sei composizioni di Stephen Davismoon, scritte tra il 1993 e il 2024. Nelle intenzioni del compositore (che proprio per lui ha preparato molte delle composizioni qui offerte, per flauto, flauto piccolo, flauto basso, e per flauto e elettronica), lui è Il Guido (brano eponimo che apre l’album), ovvero la guida in questo viaggio e al contempo la reincarnazione di Guido d’Arezzo (padre-pioniere della musica occidentale). Il respiro si fa musica e a suggellare questa trasfigurazione è non a caso l’ultima traccia, Breathe, il cui esito lascia chi ascolta incantato: cioè, è ovvio, col fiato sospeso.

Voto: 8,5/10

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