Contributo del comitato promotore di SUPERFICI SONORE
Superfici sonore nasce dentro la facoltà di architettura di Firenze dall’incoscienza e la passione di un gruppo di studenti, che sotto varie forme, dal collettivo all’assemblea, all’associazione, da alcuni anni lavora per portare nuovi contenuti in un dibattito architettonico stanco ed immobilizzato da un esasperato storicismo.
Abbiamo cercato di portare all’interno della facoltà, esperienze estetiche estranee alla formazione tradizionale dello studente di architettura, partendo dalla consapevolezza di un’architettura sempre più porosa e permeata dalle nuove tecniche di comunicazione contemporanee. Abbiamo indagato il processo architettonico attraverso i codici di altri media, cercando attraverso la sovrapposizione dei linguaggi, i meccanismi che regolano il rapporto tra il media architettonico e la società.
Superfici sonore nasce da queste necessità ed è per questo una realtà strettamente legata all’ambiente universitario in cui è stata partorita, giace obliquamente negli interstizi universitari, cercando collegamenti con realtà che non sarebbero mai entrate nella facoltà fiorentina; la scelta di rimanere dentro queste strutture è stata presa, quindi, a partire dalla consapevolezza delle nostre esigenze ed anche se ha portato con se pesanti compromessi, sugli spazi, gli orari e gli esigui finanziamenti che ogni anno l’università ci concede, è stata un scelta che, a nostro avviso, ha dato vivacità ed una forza emotiva inedita a manifestazioni di questo tipo.
Da queste premesse e dall’enorme disponibilità che ci ha dimostrato la scena italiana della musica elettronica sperimentale ha preso forma l’esperienza di Superfici Sonore.
Nella prima edizione grazie alla collaborazione di Giuseppe Ielasi abbiamo avuto la possibilità di ospitare artisti come, Renato Rinaldi, La cellule d’intervention Metamkine, Dean Roberts, Michael J. Schumacher, Nmperign, Valerio Tricoli. Il festival ha avuto le caratteristiche di un workshop, tra concerti laboratorio e proiezioni di film in pellicola, gli artisti hanno potuto proporsi in varie forme e sperimentare inedite soluzioni.
La seconda edizione era strutturata con un programma che intendeva mettere a confronto tre generazioni di musicisti, attraverso l’esperienza di Giuseppe Chiari, Alvin Curran e Domenico Sciajno. Il festival si era proposto di rappresentare l’evoluzione della sperimentazione sui media sonori, partendo dai primi esperimenti sul piano di Chiari, passando dai live electronics di Curran fino alla sperimentazione digitale di Sciajno e della video artista Barbara Sansone.
La terza edizione, che è il motivo per cui ci troviamo qui, è stata l’incontro con IXEM; tre giorni spericolati e senza sosta, 35 musicisti e 26 concerti, tra pomeriggi e serate; tre giorni che Etero Genio ha già egregiamente raccontato nel suo articolo in qualche cluster su questo stesso database, non aggiungiamo altro se non che questo festival ci ha dato tantissima musica e tantissima umanità.
A partire dalla seconda edizione, inoltre, l’organizzazione ha potato avanti un progetto sul media installativo che esprimesse il percorso di ricerca intrapreso, raccontando uno spazio architettonico attraverso i media del video e dell’audio.
Nella seconda edizione, grazie alla collaborazione di Domenico Sciajno e Barbara Sansone abbiamo presentato un lavoro che cercava di tradurre in suono ed immagini una caratteristica spaziale come quella dell’attraversamento, grazie ad una specie di pedana sonora situata all’ingresso della sala dei concerti. L’ingresso e l’uscita del pubblico veniva registrato attraverso un prodotto sonoro apparentemente casuale ma strettamente legato alla funzione architettonica. I suoni e le immagini del dispositivo erano poi modificati in tempo reale nella performance di Sciajno e Sansone.
L’installazione di quest’anno era basata sulla traduzione in tempo reale di un segnale video in un segnale audio. Un sistema di telecamere inquadrava una struttura composta da fili di lana tesi verticalmente e ne registrava i movimenti che poi venivano tradotti in suono. La struttura di fili materializzava in senso architettonico il processo di codifica dell’immagine video giocando sul fattore di antialiasing; quando i fili lasciavano la loro posizione verticale (orizzontale per le telecamere che erano ruotate di 90°), inclinandosi o muovendosi, il segnale video si complicava, dovendo contenere maggiori informazioni, producendo così un suono più articolato. Le stesse immagini tradotte in suono venivano poi messe in feedback con un proiettore creando complessi giochi di luce sullo sfondo.
Dopo tre edizioni Superfici Sonore rimane una piccola realtà, un po’ per scelta, un po’ per necessità, un po’ perché le cose funzionano così, ma dopo quest’ultima esperienza, e grazie al contributo di tutti gli ixemici, si aprono per noi nuove strade e possibilità.
I contatti e i rapporti che abbiamo costruito in questi tre anni ci rendono orgogliosi del nostro lavoro, ringraziamo tutti quelli che hanno speso parole e fatica per questo festival, e per tutto il sudore versato nell’afa fiorentina di questo giugno.
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