Manuel Mota

La discreta malizia di una chitarra

 

Il clima torrido (per nostra fortuna) sta esaurendo le forze per schiudere le porte alla mitezza di Settembre. Forse, sembrerebbe ancora presto per gettare luce sulle parole lasciateci poco tempo fa da Manuel Mota, essendo la sua musica fatta di piccoli punti ognuno con riferimenti diversi, racchiusa nell’istante in cui la si crea, consigliata maggiormente verso lidi invernali, quando star chiusi nel tepore della casa diventa un piacere e non una sofferenza. Note calde sorte per poi riemergersi in silenziosi pensieri.
L’intervista potrebbe destare dubbi a chi (compreso il sottoscritto) considera l’Italia terreno arido nel piantare nuove forme musicali; dalle sue parole si scorge un paese privo d’interesse per i propri artisti, dove portare avanti ogni piccola iniziativa è un’ operazione complessa, se non inarrivabile. L’unica soluzione sembra di capire sia quella della ‘vecchia’ formula: autoproduzione = completa libertà d’azione, onde evitare d’incappare in futili compromessi a base di finanziamenti, sussidi culturali che ostruiscono la fantasia e la libera iniziativa individuale dell’artista. Tirando le somme il discorso non cambia, tutto il mondo è paese.
La musica di Mota è facilmente rintracciabile in quel personaggio per antonomasia ‘informale’ che risponde al nome di: Derek Bailey.
Per sfatare meglio le coincidenze, addietro, in un’ intervista al musicista inglese quando gli venne chiesto chi erano i personaggi da tenere maggiormente d’occhio tra le proposte giovanili è stato fatto il suo nome insieme ad altri.
Buona lettura!!!


Come altri musicisti di frontiera hai costituito una tua etichetta, la ‘Headlights’. Com’è partita questa esperienza…pregi e difetti nel ruotare dentro un’etichetta discografica?

Quando ancora non conosci bene certi giri, non si creano molte opportunità per far uscire un lavoro. Headlights è sorta quando ho sentito il bisogno di promuovere del materiale che ritenevo valido; poiché, da sempre, non sono una persona dinamica e nel giungere il momento di promuovere miei progetti è difficile farmi conoscere dalle varie etichette; così, alla fine, questa mi sembrava l’unica maniera. Ho pensato: sarebbe piacevole far uscire anche lavori di altre persone. É questo il solo pro di correre insieme ad una label che penso esista- realizzare il lavoro felicemente…tutto il resto sono aspetti negativi (sono un musicista, quindi tutto il lavoro dietro una label per me è una zavorra).

Sei stato tra i primi musicisti sperimentale che ha contribuito a far emergere il tuo paese negli anni 90 come factory da tenere sott’occhio. Ti soddisfa questa cosa?

E’ strano rendersi conto che così tanta buona musica venga fatta in un paese dove è disdegnata e persino ostacolata. Sono meravigliato di come riusciamo a fare le cose. Comunque, tutta la ricognizione, percezione, visione che otteniamo proviene fuori dal Portogallo ………qui, solo da un paio di musicisti.

Aprendo un attimo lo sguardo verso i tuoi conterranei, pochi giorni fa in rete mi è cascato l’occhio su “Granular”, un portale cui fare affidamento per le notizie offerte sul circuito artistico locale. C’entri direttamente con questa operazione?

Come dicono loro stessi: Granular è un’ organizzazione no profit dedita allo sviluppo ed all’aumento della consapevolezza dell’arte (sonora, visuale) sperimentale e per l’innovazione mediatica in generale. L’idea è partita da Carlos Zingaro e Paulo Raposo della ‘Sirr’. Non sono direttamente coinvolto, sono appena un membro sostenitore sperando che qualcosa possa migliorare. Comunque, ho mescolato i sentimenti con quel tipo di cose. Soldi che provengono dai sussidi e merde simili saranno ben accetti, ma in realtà sono ingannevoli. É triste vedere artisti esclusivamente appigliati a quelle sovvenzioni, lavorare su cose dove alla fine non sono realmente interessati. Spendono tutto il loro tempo facendo progetti che soddisfano solo le aspettative delle istituzioni. So di certo che lavorano molto per tentare di giustificare quei progetti, ma posso immaginare le loro notti insonni a causa delle frustrazioni.

Sarebbe interessante tracciare un percorso generale su questa factory europea?

Non c’è mai stata una scena impro vera e propria  in Portogallo -tutto il lavoro fatto era per la maggior parte individuale- Questa musica iniziò negli anni 70, credo, ma mai come una cosa collettiva. Quindi non sento influenze dirette tra i vecchi musicisti portoghesi ed i giovani. Tutto viene da fuori.Comunque, sento che recentemente le cose hanno preso una via differente: ci sono molte collaborazioni tra musicisti di Lisbona con molti lavori usciti. Penso che questo sia cominciato intorno all’inizio degli anni 90 grazie ad artisti che hanno avuto fiducia e preso confidenza con l’auto prodursi i propri lavori. La mia opinione è che: questa sorte di D.I.Y. sia venuta fuori da diversi fattori presenti nel rock sperimentale degli anni 80, con cui personaggi come Rafael Toral e Sei Miguel erano vicini. Niente di visibile è stato mai creato da sperimentatori/improvvisatori/….diciamo, collettivamente parlando.

Similitudini e vie opposte con altre scene del vecchio continente, magari con quella  inglese e olandese, a mio modo simili su certi versanti.

Nessuna scena, come nessuna similitudine e nessun contrario…e onestamente conosco poco le altre scene…

Quanto l’aria del tuo paese e della bellissima Lisbona entra nel suono della tua chitarra al momento di suonare?

Si, la città è bella, ma è come un lupo travestito da pecora. È un posto realmente duro per sopravvivere se sei un’artista -e non parlo soltanto di denaro- Tutta la mentalità, conformismo/conservazione, è un‘ostacolo letale. Questa città/paese uccide i propri artisti, o almeno ci prova. Il fatto che sia naturale per me suonare da solo è probabilmente l’influenza più grande della bella Lisbona.  Il mio amore del blues potrebbe sorgere da ciò come un bene. Non lo so….

Il fado fa parte della tradizione musicale del tuo paese. Ti sentiresti di raccontare un po’ gli elementi di cui è composta questa arte a noi Italiani?

Non sono un esperto in questo, ho cercato nella rete ed ho trovato:

“nel dizionario la definizione letterale della parola “fado” è “destino”. Il significato attribuito a questo piccolo termine dai Portoghesi, comunque, è così intenso, profondo e complesso quanto il loro stesso carattere. Almeno a Lisbona, tale musica può essere definita come uno stile urbano da piccolo locale e possono essere tracciati dei paralleli con Rebetika, Blues e Tango. Come nella musica greca Rebetika, il suo argomento è la dura realtà della vita e l’accompagnamento strumentale è principalmente formato da strumenti a corda; ma a differenza di essa il suo approccio è molto più indirizzato verso la docile accettazione del destino piuttosto che verso una loquace resistenza ad esso. Il Fado parla con quieta dignità di come la realizzazione di ogni desiderio o progetto siano a rischio a causa di poteri al di fuori del nostro controllo individuale”.

forse inizierà a piacermi di più dopo aver letto questo.

Su una tua intervista diverso tempo fa dichiarasti di ascoltare all’unisono musicisti come Derek Bailey e Chet Baker….cosa te li rende dei particolari affezionati ?

Mi stai chiedendo se nutro un’ammirazione contemporanea per Derek Bailey e Chet Baker?…Si è vero.
Mi considero un suonatore lirico contemporaneo.

Cerchi di tirare un suono che non provenga da modificazioni allo strumento, non mi sembra stravolga la tua chitarra con manipolazioni varie….qualche delucidazione?

Suono la chitarra fingerstyle. Amo il suono della sei corde e voglio suonare solo con quel suono. Non potrei fare musica migliore con niente più di una chitarra elettrica ed un’amplificatore valvolare. Effetti, preparazioni o altri marchingegni da aggiungere allo strumento sarebbero fuori da cosa è essenziale nelle mia musica.

In una recente intervista con Jason Kahn si parlava della difficoltà di trovare luoghi a disposizione dove esibirsi liberamente. Sei d’accordo con questo, cosa ci sarebbe da fare?

Al momento attuale, l’unico posto ’informale‘dove era possibile suonare a Lisbona, per almeno 10 anni, lotta con problemi di motivazione ed organizzazione, come posso dire che qui non c’è nessun buco dove suonare regolarmente. La soluzione è D.I.Y.

Ho visto che ti sei esibito con David Marahna nel suo ultimo lavoro, ma anche nel bellissimo Circunscrita. Ci racconti che tipo di esperienza è stata e di questo musicista tanto legato al minimalismo?

Ammiro il lavoro di David:  è un compositore originale dotato di molta sensibilità. Penso che le proprie composizioni abbiano un’ ‘aura’ che le rende speciali. E non mi sento lontano da alcuni concetti minimalisti: effettivamente a suo tempo ho fatto musica minimalista con la chitarra, a metà degli anni 90, forse influenzato da Phill Niblock e tutta la cerchia di persone che ruotavano attorno gli insegnamenti impartiti al genere da La Monte Young, con i quali ho chiuso dopo le mie prime incursioni in NYC. Allora, intorno al 97, ero annoiato e sentivo incompleto ciò che facevo, sono ripartito a suonare la chitarra tramite il solo l’ausilio dell’amplificatore e ho messo meglio a fuoco il fingerstyle. Sono felice che David abbia ritenuto valido un mio contributo alle sue composizioni.

In entrambi i lavori per la Headlights compariva Margarida Garcia con il proprio basso a tracciare, in particolare nell’ultimo, delle soffuse linee jazzy. Si respira una grossa intesa fra di voi…giusto?

Effettivamente, penso che quando suoniamo insieme diventiamo un’unica cosa. La nostra collaborazione è diventata regolare nel 97, anche prima che suonasse il contrabbasso; suonava solamente con microfoni a contatto (documentato in “I Wish I’d Never Met You”). Pensiamo di continuare a lavorare in duo come  il cd che stiamo per cominciare a registrare la prossima  settimana….sono fortemente eccitato di ciò.

Purtroppo ancora non ho ascoltato “Leopardo”, uscito per l’italiana Rossbin. Una breve introspezione di questo lavoro. Ci sono dei cambiamenti rispetto ai precedenti?

Si. Amo fare particolari lavori per una registrazione. Ho delle cose in mente su cui lavoro finchè non le sento essere pronte per la registrazione su disco. Non sto molto dietro le documentazioni dei live,  penso siano una cosa diversa. Leopardo ha un carattere suo, creato appositamente per esso. Il suono come specifico è il modo di suonare; costellazioni multi- livello e silenzi che hanno un tempo simile ad un respiro. E’stato registrato con i miei procedimenti standard: chitarra microfonata all’amplificatore registrata direttamente su  CD, nel mio studio.

La tua  folgorazione per la musica da dove è partita.  E’ capitata ascoltando un disco, un concerto. Raccontaci meglio la fase, diciamo, d’innamoramento di questa arte?

Non saprei. Forse il fatto di crescere intorno ad amanti della musica…
Per qualche ragione, comunque, è l’unica cosa che ho portato avanti seriamente nella mia vita fino ad ora.

In questo momento sia te che il giapponese Taku Sugimoto siete entrambi chitarristi e attratti dal silenzio, da un gioco di note soffuse. Conosci la sua musica?

Adesso si e mi piace. Una volta in un’intervista per Blow Up un paio di anni fa Stefano Bianchi mi chiese circa Sugimoto, ma ancora non conoscevo nè lui, nè la scena a cui apparteneva. Penso che nella musica ci siano spazi per lunghi silenzi e lentezze dinamiche.
Nella mia musica puoi trovare ‘micro-suoni’ e lunghi silenzi  ma certamente mi sento libero di essere denso e forte se mi va. Voglio dire che esprimersi è la cosa principale nel mio lavoro aperto senza restrizioni strutturali e formali.

Ti piace essere legato ai seguenti aggettivi : ‘rilassato’, traquillo’, ‘meditativo’?

Credo di si……..


Mappa consigliata:

Granular

Headlights

Rossbin

Creative Sources

Rui Eduardo Paes

Manuel Mota su All Music Guide

Sirr.ecords

 

Sergio Eletto