“TROUT MASK REPLICA”
autore: Captain Beefheart
etichetta: Straight
anno di pubblicazione: 1969
con: Captain Beefheart, Zoot Horn Rollo, Antennae Jimmy Semens, The Mascara Snake, Rockette Morton, Drumbo, Doug Moon.
Trent’anni fa, nascosto dietro a una maschera da trota, il capitano annunciò l’avvenuta deflorazione della musica pop, e lo fece dando alle stampe un florilegio di arti nove: blues, futurismo, dadaismo, surrealismo, dodecafonia, free jazz, pop art… Trout Mask Replica è un disco che contiene, in nuce, i germi del lo-fi, del punk, della new wave e della no wave, quanto basta per farne una bandiera. Eppure se è stato osannato, poco, è stato anche bistrattato, molto, soprattutto perché viene considerato di difficile approccio. Ma è davvero così, come in molti vogliono far credere? Direi di no, anche se il suo ascolto è altamente sconsigliato a quanti hanno fatto pratica di catechismo nei sottochiesa… per altre motivazioni, però, cioè perché Trout Mask Replica è essenzialmente un disco di blues e il blues, è risaputo, è musica del diavolo. Certamente si tratta di un blues che, nonostante i numerosi richiami alla tradizione come succede nella Old Time Religion citata in Moonlight On Vermont, nel ‘The world can’t forget that misery’ di Dachau Blues o nella splendida China Pig che sembra uscire direttamente dal plettro di Robert Johnson, viene fuori trasfigurato dal trattamento che una personalità così forte riesce a riservargli. Ma pur sempre blues rimane. Il capitano, burbero e irascibile, vivrà quasi sempre ai margini del music business fino al ritiro definitivo, fra le sabbie di un deserto californiano dove si dedica alla pittura, che sarà accompagnato da questa lapidaria dichiarazione: “ Ho definitivamente abbandonato la scena rock, anche se non mi sono mai considerato una rock star. In molti hanno provato a farmici diventare , ma sono sempre riuscito a fregarli”. Vogliamogli sempre bene.