Q & A con Under my Bed Recordings. Lo-fi, indie-rock elettronica e pensieri da autarchici suonatori.
Prologo di Diego Accorsi
Intervista di Gianluca Niccolini Aka Luca Confusione
La Under My Bed non e’ un’azienda leader nel settore vasi da notte bensì una indie-label (come direbbero gli anglofoni) di Milano e capitanata da quel Marco Guizzi ( attivo anche come musico nei The Fog In The Shell) che diede vita alla mai troppo rimpianta web-zine: La Haine (a cui qualche kathodiko collaborò con passione). Kech, Morose, My Dear Killer, Lorca…non vi dicono niente questi nomi? Bene (cioe’ male) motivo in piu’ per leggere cio’ che segue. Come dite? Ho rotto? E va be’ vi lascio alla lettura non prima di avervi dato questo link: www.undermybed.org e se non l’andate a cliccare siete dell’Ohio.
Innanzitutto un saluto alla Under My Bed Recordings e ai suoi
componenti…e iniziamo.
Quali supporti sceglie la vostra etichetta per la diffusione del proprio
materiale e perchè (c’è una filosofia, una forma di pensiero… o siamo
pratici)?
Un saluto a voi!
La UnderMyBed vorrebbe essere un’etichetta polimorfica. Al momento il
supporto privilegiato è il cdr, ma nel passato prossimo abbiamo usato anche
le cassette (per MyDearKiller e TheFrozenFracture), e, nel futuro – speriamo
non remoto – sfrutteremo anche i cd normali, quelli stampati, almeno per
quanto riguarda il prossimo cd di MDK, Clinical Shyness.
Nonostante ciò, i cdr sono e rimarranno il maggior mezzo di propagazione dei
suoni che nascono sotto al letto. Sicuramente dietro c’è, innanzitutto, una
scelta di tipo pratico: ovviamente il cdr ti permette di fare tutto in casa,
di curare direttamente ogni particolare produttivo e, oltretutto, di
mantenere i costi in un ambito ragionevole. Un pezzo della UMB fatto e finito
costa – sia per il produttore che per l’eventuale acquirente – circa 10 volte meno di un qualsiasi cd che è possibile trovare nei negozi.
Tuttavia una riflessione sul mezzo è inevitabile, e, nel nostro caso, è insita
nel principio dell’etichetta stessa. Perché l’idea che ti conforta durante
le notti passate a ritagliare copertine, mentre il masterizzatore ronza e
StarTrek – accidenti! – pure finisce, è che il cdr è democratico, permette a
tutti di fare le proprie cose in casa raggiungendo un risultato accettabile.
E, soprattutto, che quel che realmente conta (o, per lo meno, dovrebbe
contare) in un disco è proprio la parte immateriale, insomma, la musica, e
non certo il supporto che la contiene. Inoltre, per quanto riguarda Stefano,
me e buona parte dei “nostri” gruppi, l’autoproduzione spinta è la diretta
prosecuzione dello spirito col quale suoniamo e registriamo: prima ce ne
fregavamo dei fruscii e delle corde di chitarra invecchiate, ora chiudiamo
un occhio sulla confezione.
La musica è solo musica o è anche altro? Cioè abbiamo il freddo
supporto o la musica vive anche di quello che ha intorno (scritti, immagini,
materiale organico, ecc.)?
(Marco) Mah, la questione è decisamente varia e complessa. Forse potremmo giusto
dire che la musica vive e basta, al di là di cos’abbia intorno o di come la
si voglia intendere. Spesso fa un po’ quel che vuole, e, quand’anche non è
così, esiste attraverso un numero tale di accezioni e concezioni da
risultare assai poco definibile. Non perchè sia impossibile dire cosa la
musica sia per me, ma solo perchè non me la sento di escludere tutte le cose
che la musica può essere per altri. Quando provo a fare della musica tendo a
considerare ciò che potrebbe venir fuori come “solo musica”, o meglio, come
“musica e basta”, o “musica in sé”, come un fatto sonoriale, e quindi tutto
il resto – comprese le parole che nella musica metto – acquistano un valore
del tutto relativo. Quando invece semplicemente ascolto musica è un po’
diverso: i suoni si infiltrano attraverso le cose che stanno intorno, o li
filtrano essi stessi. O forse, molto più semplicemente, non ho compreso la domanda.
(Stefano) Ancora diversa e’ la situazione quando invece ci si trova
ad un concerto, o comunque un esibizione dal vivo. In questo caso non solo
l’ambiente che ti circonda, inteso come il locale, ma tutte le cose che compaiono sul
palco, proiezioni, diapositive, immagini, il gruppo stesso, contribuisce a formare
una impressione, a dare una forma più materiale a quello che e’ la pura astrazione del
suono. Come al solito e’ una questione di bilanciare le cose. Come nel caso della
confezione del Cd, a volte c’e’ il rischio di farsi attirare dalla veste grafica, in fondo questo
e’ anche parte del suo ruolo, per poi trovarsi in mano un Cd che vola dritto fuori dalla
finestra, con posa a mò di discobolo, altre volte invece la grafica e il contenuto vanno di
pari passo, e ci sono ottimi dischi con grafiche orribili… cmq l’attenzione per la
veste grafica è sicuramente una tendenza che si sta sviluppando da un pò di anni a questa
parte, e certamente questo è un bene, perché fa sempre piacere avere in mano qualcosa di
‘bello’…
Quali sono i criteri di scelta, se ci sono, dei gruppi? Anche se la linea
di pensiero fosse solo il VOSTRO pensiero, individuate un percorso nelle
cose scelte? Serve a qualcosa?
Un vero e proprio criterio generale di scelta non esiste: a sentire il nome
dell’etichetta e di alcuni gruppi coinvolti si potrebbe immaginare che la
UnderMyBed sia impegnata soprattutto nel versante del “lo-fi”, espressione
che, di per sé, può vuol dire tutto e niente, ma che in questa accezione si
dovrebbe riferire ad un certo tipo di rock/pop/folk fatto senza troppo fregarsene
della qualità di esecuzione e registrazione. Se ciò può essere vero per
alcuni dei nostri cd usciti fin qui, sicuramente non è vero in generale:
sotto la UnderMyBed potrebbe uscire di tutto, al di là di generi e metodi di
registrazione (tant’è che i contributi di alcuni alle nostre compilation
hanno un aspetto sonoro molto pulito); a rischio di sembrare banale dico che
qualcosa per appartenere alla UnderMyBed debba, innanzi tutto, piacerci.
Poi, forse è vero che sia possibile rintracciare un filo comune alle diverse
uscite, e ciò deriva dal fatto che molto ci piacciono le produzioni
casalinghe e quei gruppi che hanno il piacere
dell’autoproduzione, che non si affidano tanto allo studio quanto all’arte
di arrangiarsi, che trovano spesso la materia prima del bisogno di
far musica nella propria intimità, che a volte sono, addirittura, solo finti
gruppi. Ma quello delle corrispondenze è un gioco che, per quanto riguarda
le scelte dei cd da valorizzare, andrebbe fatto a posteriori. Non vogliamo
precluderci nulla: non tutti i nostri cd suonano in una stessa maniera, e le
uscite future lo dimostreranno ancora di più. Sarebbe inutile porsi principi
o stendere manifesti quando non si può e non si vuole rispettarli (essendo tante le uscite,
per una cdr-label, si ha la fortuna di poter esplorare le
potenzialità di diverse visioni).
Non mi piace Lars Von Trier.
Mi parlate delle vostre influenze musicali?Mi piacerebbe sapere se c’è un
rapporto fra le cose che si ascoltano e la forma mentis. Cioè mi piacerebbe
sapere se c’è un legame fra il DIY e certo tipo di musica (senza tirare
fuori il termine punk che adesso come adesso significa tutto e niente
insieme). Che ne pensate?
(risponde solo Marco) Da un punto di vista strettamente storico, io, come ascoltatore, nasco
piuttosto tardi, pressappoco col giro di musica che mediaticamente ruotava
intorno ai Nirvana. Il giorno prima – si fa per dire – avevo ascoltato una
cassetta dei DinosaurJr rubata al ragazzo di mia sorella di allora, e così la
botta di Cobain mi spinse ad approfondire in quella direzione.
Qualche mese più tardi lessi sull’Unità una recensione dei Pavement, e in breve tempo ne
fui schiavo.
Una notte di qualche anno più tardo vidi – sembra strano – su
Mtv un video degli Smog e subito me ne innamorai.
Poco tempo dopo ascoltai un album dei Breach, e mi invaghii anche di un certo tipo di hc.
Ad oggi, i miei ascolti non si fermano qui, ma è innegabile che tutti i nomi
citati sopra hanno, in qualche modo, avuto a che fare con l’autoproduzione.
Se un’influenza c’è stata, credo che si tratti di qualcosa di piuttosto
indiretto, anche perché all’inizio ero un fruitore di musica piuttosto
autistico: seguivo le scie lasciate da input casuali, non comunicavo con
nessuno, ma le prime schifosissime cassettine erano già state registrate col
mangianastri. Piuttosto, credo che una spinta diretta a muovermi in questo
senso l’abbia ricevuta da chi, in Italia, già sperimentava in questo
senso. Parlo di gruppi, etichette, persone (BelongsToMe, Mauro/Ouzel,
Stefano/MyDearKiller, ONQ, etc.) con le quali sono entrato quasi casualmente
in contatto qualche anno fa, dei quali sono diventato amico e con i
quali ora collaboro.
Che poi ci sia un collegamento tra generi di musica ed autoproduzione è
innegabile, ma è l’esempio storico che ce lo dice, non credo si tratti di un
assioma fondamentale. Tant’è che ogni genere di musica, anche quella più
insospettabile, potrebbe essere filtrata, contaminata e variata da sano
spirito casalingo.
Quali sono i prossimi progetti della Under My Bed (in cantiere o solo
immaginati)?
Facciamoci un po’ di pubblicità…
I progetti sono una marea: nel momento in cui scrivo i nostri progetti in
prossimità di completamento sono almeno 5.
A metà novembre uscirà “Broken Keyboards Kept Under My Bed”, una compilation
che si presenta com un nostro sguardo sull’elettronica (sono molto curioso
di vedere come verrà accolta, dato che è decisamente eterogenea, mettendo
insieme cose piuttosto diverse, che addirittura
potrebbero stridere tra loro…), a dicembre uno split a tre vie dedicato a
Silvia Plath (con Morose, BuioOmega e TheFrozenFracture, due brani a testa),
e, credo entro gennaio, un’altro split a tre, frutto di una collaborazione
con altre due etichette italiane, vale a dire Hoboken e Ouzel Records (con
TheFogInTheShell, ONQ e Wynona: ognuno coverizza gli altri due).
Sempre per Natale dovrebbe uscire il primo cd stampato col quale abbiamo
direttamente a che fare, vale a dire il nuovo cd dei Morose (coprodotto da
Ouzel, Cane Andaluso, Kimera e noi). Per gennaio/febbraio ci sarà un’altro
cd “adulto”, vale a dire quello di MyDearKiller, che dovrebbe essere fatto
in collaborazione con la statunitense TurnRecords (e forse anche con
un’altra indie nostrana).
Poi ci sarebbe il progetto “5 pezzi facili”, iniziato ma non ancora
concretizzatosi (e, quindi, chissà quando finirà): si tratta di una serie di
5 split; ogni cd metterà insieme un gruppo strumentale ed uno affezionato
all’uso della voce. Si tratterà di una collaborazione con diversi altri
gruppi ed etichette, dato che su quasi ogni cd ci saranno un gruppo nostro
ed un gruppo ospite. Il primo capitolo dovrebbe essere Lorca+ONQ, e le altre
coppie già formate sono Jumpincherries+TheFogInTheShell e Uber+CaryQuant.
Con questo ci fermiamo ai progetti concreti. Per il resto ci sono idee a
lungo termine (abbiamo in mente almeno altre due compilation),
collaborazioni appena abbozzate (molto probabilmente si farà uno split a 4
insieme all’etichetta Aqued8 e ad altre due indie da trovare), e qualche
sogno nel
cassetto (mi piacerebbe utilizzare il nostro metodo “produttivo” per
contagiare altri media; avrei in mente una serie di micro-cortometraggi…).
La parola ‘futuro’ fa paura o è sinonimo di ‘opportunità’, o è sinonimo
di….?
Leggendo la lista di poco sopra dovrei dire che il futuro dovrebbe
riservarci numerose oppurtunità, ma le incognite sono sempre tante. In
fondo, la Under My bed è solo un hobby, oltretutto piuttosto impegnativo,
sia per quanto riguarda tempo che – potrebbe sembrare strano – denaro.
Da un punto di vista strettamente personale, al futuro non ci riesco proprio
a pensare, se non in maniera vaga, o fantastica, magari decentrandolo dalla
mia figura: sono fissato col passato, mi piace di più, non ci posso fare
nulla. Per non parlare dell’insicurezza congenita a tutti gli studenti
universitari di materie umanistiche…
D’altronde, sono un malato di tempo: non mi basta mai… non perché
faccia molte cose, ma perché sono terribilmente lento nel farle… da questo
punto di vista il futuro mi sembra semplicemente uno strascico del
presente… potremmo riparlarne tra un po’, magari un annetto?
Penso che siamo arrivati alla fine. Uno piacevole scambio di mail. Che ne
dite di gettare un pò di fango sulla catgoria dei critici musicali? Giusto
per chiudere in bellezza… ok.
Un giornalista musicale che non si regge proprio…che non riuscite a
leggere… che vi obbliga a cambiare pagina?E… ah si, se vi va anche il
nome di uno che invece apprezzate (dannata atmosfera natalizia che si
avvicina).
(Stefano) Ma… se posso evitare di fare nomi… però posso raccontare un
aneddoto che la dice abbastanza lunga su alcuni personaggi della cosiddetta
critica specializzata… allora, succede che questo misterioso, ma,
credetemi,
non fantomatico personaggio, riesca a scrivere una pagina intera a proposito
di un gruppo che non ha mai sentito, semplicemente perché non aveva ancora
registrato niente a quel tempo, descrivendolo come un altro di cui
aveva soltanto sentire parlare, tutto condito da un’intervista… tutto
questo
accaduto su uno dei principali giornali patinati che si occupano anche di
indie
rock in Italia… piuttosto bizzarro no?
Al contrario posso dire che, essendoci in ottime relazioni, anche extra
musicali, e pur sapendo che considera molto di quel che stampiamo “una
palla”,
direi che Roberto Cannella (BlowUp e non solo) e’ il nostro favorito… per
ora…