La Nuova Via Del Festival Italiano
Di Andrea Bontempo
Fotografie di Caterina Farassino
Guardia Sanframondi (Benevento) è un paesino che conta all’incirca cinquemila anime, sta appeso ad un colle dell’entroterra campano ed è circondato da altre alture che rendono il tutto un paesaggio pre-montano, molto caldo d’estate e dall’aspetto pigro, come se le cose andassero al rallentatore, guidate solo dal normale incedere delle stagioni.
Per raggiungerlo è consigliabile l’utilizzo di un mezzo proprio altrimenti, come capitato al sottoscritto, sareste costretti a compiere un viaggio fatto di un mix treno + autobus + qualcos’altro, letale e stressante sul finire di luglio con il caldo che vi si incolla addosso come fosse adesivo, ma vi anticipo, ne vale veramente la pena.
Arrivato alla stazione vengo accolto da Angelo Sebastianelli (uno dei promotori del festival) indaffarato e tesissimo mi condurrà in quel di Guardia e subito si inizia a parlare dell’evento e delle varie difficoltà organizzative: Il sdsm non riceve fondi pubblici e riesce a rigenerarsi anno per anno (siamo all’ottavo!!!) da solo rimediando sponsor e strutture, media partner e sostegni vari, riuscendo a crescere edizione per edizione sempre più forte e carico di proposte culturali.
Non si tratta di una semplice chermes musicale ma di un festival multimediale estremamente attento ad ogni mutazione e forma della parola arte, ogni sfogo di creatività trova sbocco in questo paesino fatto di sali e scendi per tortuosi gradini e vicoli stretti, in cui i singoli poli culturali si esprimono dando vita ad un percorso stimolante e suggestivo; ed è proprio la forza composita delle varie realtà il motore che muove questa quattro giorni campana, abbondante nell’offerta e quindi costretta a sovrapporre alcuni eventi in orari simili; mostre fotografiche, reading, esposizioni di fumetti, sculture e pitture, proiezioni di cortometraggi ed infine la musica, il momento finale di ogni giorno, in una location a dir poco suggestiva ed affascinante ovvero la piazza della rocca dove un’antica coreografia fa da sfondo alle esibizioni dei gruppi chiamati a movimentare le serate soniche.
Sul palco del festival si sono esibite sedici realtà musicali, tutte italiane ad eccezione dell’irlandese Patrick Wolf; nomi importanti, nuove sorprese e gruppi alla ribalta della scena italica prendono parte a questa grande festa, che segna anche una tappa, una sorta di verifica dell’effettivo stato di salute della musica prodotta nel nostro paese nei circuiti così detti indie: dal suggestivo Paolo Benvegnù, headliner della prima serata, agli amarissimi Offlaga Disco Pax con il loro materialismo storico applicato alla musica, passando per i Settlefish reduci da una snervante tournée americana (trentacinque date in un mese e mezzo!!!) arrivando a lambire le terre progressive e psichedeliche dei Mariposa (dopo aver visto il loro live verrebbe da dire Vinicio Capossela preso a schiaffi e malmenato simultaneamente da Demetrio Stratos, Frank Zappa e Jim Morrison!!!), giungendo infine all’atto finale affidato per l’occasione ai Perturbazione, con un pubblico coinvolto al tal punto da intonare in più occasioni le loro canzoni un gran bel riconoscimento per i ragazzi di Rivoli che la dice lunga sul loro conto e sull’essere riusciti con appena due album a trovare la giusta miscela tra canzone pop e d’autore.
Tutto questo senza dimenticare la struggente interpretazione di Good Morning Boy (Marco Iacampo ex Elle) che da solo mette in fila un’esibizione coinvolgentemente intima, parlando di stelle e stagioni, di cose piccole e calorose ma grandi nelle loro verità, capaci di stupire e restare ammaliati al solo suono di una voce ed una chitarra.
Discorso equivalente per il già citato Patrick Wolf con l’aggiunta di un talento spaventoso, una voce in grado di smuovere recondite e pesanti emozioni, addizionata ai suoi semplici arrangiamenti di ukulele, tastiere ed un violino insolitamente e divinamente arpeggiato, rendono questo ventiduenne prodigio un’appetibile preda delle major di turno, con un immediato futuro che farà parlare di sé.
Tra le band emergenti a cui era affidato il compito di aprire le singole serate è da segnalare la buona prova dei bolognesi Phidge, un emo-core che strizza l’orecchio oltreoceano, grintoso e suonato da quattro ragazzi ben ‘accordati’ tra loro, sezione ritmica massiccia, ottimi arrangiamenti di chitarra ed una voce inserita a pennello nelle ondate emozionali della band emiliana.
Si spengono i riflettori sull’ottava edizione del Six Days Sonic Madness ed il bilancio è tutto positivo, una buona prospettiva per il sud culturale, un vero e proprio atto d’amore verso la propria terra verrebbe da dire nei confronti di tutti i ragazzi (magnifici!!!) che hanno reso possibile tutto questo.
Un grande esempio ed una grande lezione per l’Italia intera ed una domanda sorge spontanea: sarebbe forse sbagliato concedere più spazio ad eventi di questo tipo piuttosto che ai grandi mega festival??? Il mio modesto parere suggerisce un no convinto anche perché di paesini simili, capaci di prestarsi ad analoghe situazioni, in Italia ce ne sono eccome, in attesa di rivivere e di prestarsi anche per pochi giorni alla giusta causa della cultura, potrebbe partire proprio da qui la spinta iniziale per una nuova concezione del festival, sicuramente meno formale, spogliato da inutili rituali auto celebrativi e vissuto in maniera davvero sociale anche perché costruito e generato da un forte strato umano (non dimentichiamo le circa ottanta persone coinvolte in questa realtà); il messaggio è stato lanciato starà poi ad altre situazioni coglierlo e seminarlo altrove, affinché sbocci e si diffonda.
Grande merito quindi a chi si è “sbattuto” e impegnato affinché tutto ciò avvenisse ed un arrivederci all’anno prossimo (si pensa già al 27 luglio 2006) ad un evento che, a detta dei ragazzi di Guardia Sanframondi, ”…si è trasformato da folle progetto in folle realtà”.