Di Silvia Casilio
Controinformazione, stampa alternativa e giornalismo d’inchiesta sono i protagonisti del libro di Massimo Veneziani edito dalla Castelvecchi (2006). Il racconto ripercorre trent’anni di storia d’Italia, trent’anni in cui nel nostro Paese sono cambiati usi e costumi, trent’anni in cui si sono trasformati i modi di fare e di pensare e soprattutto trent’anni in cui si sono radicalmente modificate le modalità di informare e di concepire la comunicazione politica.
Nel suo libro, Veneziani narra, a volte fin troppo schematicamente, l’epopea e le gesta di giovani uomini che audacemente e, spesso, in modo assai contraddittorio rivoluzionarono linguaggi, grafica e contenuti di una stampa paludata e sovente prona agli ordini di questo o quel padrone. Sebbene il giornalismo d’inchiesta non fosse un fenomeno nuovo – si pensi all’anticlericale, anticomunista, polemico ed anticonformista giornale di Mario Pannunzio, “Il Mondo”, alle vignette dissacratorie di Mino Maccari, e agli articoli di Ezio Forcella, Eugenio Scalfari, Giovanni Spadolini, Antonio Cederna, Marco Pannella, Indro Montanelli – è proprio negli anni Settanta che l’obiettivo delle pubblicazioni diventa non solo informare ma formare il lettore dotandolo di chiavi di lettura per meglio comprendere la realtà. È proprio in quel periodo che nasce la Controinformazione con lo scopo dichiarato di riappropriarsi della comunicazione d’inchiesta. Ma cosa vuol dire Controinformazione? «Lo dice la parola stessa» scrive Veneziani «è una informazione contro, nella fattispecie contro il potere. Il flusso informativo, anzi controinformativo, che nasce dalle metodologie di raccolta, trattamento e diffusione dei dati, mira a colpire il potere in quanto tale, diffidando dalle fonti ufficiali, negando a priori la possibilità che esse possano in qualche maniera essere affidabili. Non solo: il carattere distintivo della controinformazione è il suo aspetto prettamente militante» (p. 27). Come ebbe modo di dire, infatti, Umberto Eco dalle pagine de “il manifesto” nel ’71 questo particolare e militante giornalismo d’inchiesta – si tenga presente che il giornalismo d’inchiesta non aveva quelle finalità “politiche” che invece sono alla base della controinformazione: chi controinformava faceva giornalismo d’inchiesta ma viceversa chi faceva giornalismo d’inchiesta non sempre faceva controinformazione – era caratterizzato dal fatto che essa si realizzava sulle spalle dell’informazione normale, prendendola in contropiede, e succhiandole il sangue. Non bisognava limitarsi a dire cose diverse, ma andare dove la gente guardava il telegiornale e intervenire facendo notare il modo in cui esso a volte distorceva le informazioni: così facendo da un lato si criticava il modo in cui l’informazione era data e dall’altro si aggiungeva nuova informazione (Dedalus, alias Umberto Eco, Cerchiamo di usare anche Toro Seduto, in “il manifesto”, 23 maggio 1971).
Veneziani si propone, con un lavoro attento di ricerca condotto sulle fonti classiche della storiografia quali i materiali d’archivio e le carte di polizia e sui materiali prodotti dai gruppi più impegnati nella controinformazione, di studiare il fenomeno in questione inserendolo nel contesto socio-politico di un’Italia che lentamente e faticosamente si stava avviando proprio in quegli anni a diventare un Paese moderno al passo con il resto dell’Europa Occidentale. Ma non è solo racconto storico: l’autore cerca di leggere anche il presente analizzando e studiando le strategie “altre” dell’informazione e della comunicazione (si pensi ad Indymedia, alla rete, ai forum e ai blog), chiedendosi quali siano i lasciti dell’esperienza degli anni Settanta e quali invece le cesure e le novità dell’oggi.
Se la scheda bibliografica che l’autore inserisce alla fine del testo ci è sembrata un po’ troppo scarna e scientificamente debole, molto convincente ci è parsa la webgrafia e i molti riferimenti multimediali che si rincorrono nel libro e che forniscono al lettore strumenti utili per toccare con mano e conoscere le nuove e vivaci realtà che affollano la Rete e non solo.
‘Controinformazione’ si chiude con un interrogativo: che cosa accadrà ad Internet – che l’autore considera la vera risorsa del futuro – tra vent’anni? Non lo sappiamo… chissà che non sia lo stesso Veneziani a spiegarcelo fra qualche lustro con un altro libro?