Francis Ford Coppola ‘Un’altra giovinezza’

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Marco Loprete

marcoloprete@yahoo.it

Recensire un film come “Un’altra giovinezza”, di Francis Ford Coppola è, in fondo, una sorta di violenza, quasi una forma di brutalizzazione. Perché se le parole rischiano quasi sempre di sminuire un’opera d’arte, giacché non riescono a rendere tutta quella vasta gamma di sensazioni e significati che in essa si celano, ciò vale a maggior ragione per una pellicola straordinariamente complessa come quella del cineasta italoamericano – un film che, per ricchezza stilistico-concettuale può essere accostato solo a quel selvaggio e delirante esercizio d’immaginazione visiva che è stato INLAND EMPIRE, capolavoro di un altro genio del cinema, David Lynch.

E come per il film del cineasta del Montana, anche qui provare a riassumere la trama è praticamente impossibile: basti sapere che il protagonista della vicenda (tratta dall’omonimo libro di Mircea Eliade, storico delle religioni, studioso di yoga e sciamanesimo, pubblicato nel 1976, ed ora edito da Rizzoli per la prima volta in Italia) è Dominic Matei (magistralmente interpretato da Tim Roth), un linguista dedito alla stesura di una sorta di libro definitivo sull’origine del linguaggio e della coscienza. Frustrato dalla sua incapacità di portare a termine l’opera, l’anziano professore rumeno decide di suicidarsi il giorno di Pasqua del 1938. Sennonché, sorpreso da un temporale, viene colpito da un fulmine. L’effetto dell’incidente è eccezionale: lo studioso ultrasettantenne non solo ringiovanisce, ma acquista capacità intellettive sconosciute all’uomo contemporaneo. Diventa, insomma, una sorta di superuomo.

Per quanto riguarda il resto, non vi diciamo di più per non rovinarvi la sorpresa: vi basti sapere che il film può essere considerato il classico esempio di quello che qualcuno ha definito il “circo” coppoliano, tale è l’allucinata ricchezza della messinscena. Notevole per varietà di generi affrontati (dal film sentimentale alla spy-story, passando per il film storico e quello fantastico), complessità concettuale (la riflessione sul tempo, il tema del doppio, lo spiritualismo e le filosofie orientali, l’interesse per l’origine del linguaggio e della coscienza), ‘Un’altra giovinezza’ è un film monumentale, definitivo, totale. Poetico ed allucinato al tempo stesso, il lungometraggio coppoliano è una sorta di flusso torrenziale di immagini, parole e suoni, un potentissimo guazzabuglio in cui sogno, realtà ed allucinazione si confondono, tenendo lo spettatore letteralmente incollato alla poltrona, in balia della domanda “ed ora, dove andrà a parare?”.

Forse non sarà in assoluto l’opera migliore di Coppola (“Apocalypse now” e la trilogia de “Il padrino”, altrimenti, dove li mettiamo?), ma “Un’altra giovinezza” rappresenta sicuramente uno dei punti più alti della sua filmografia, ed insieme una pietra miliare (l’ennesima, firmata dal regista italoamericano) del cinema di tutti i tempi. Chapeau.