Noise e musica da camera ‘violata’ per un nuovo sound-work dell’agitatore polacco.
Di Sergio Eletto
L’ormai cinquantenne Zbigniew Karkowski è un compositore che mette d’accordo tutti. Uno che comincia a suonare flauto e piano in tenera età, studia composizione a livello accademico, scrive musica da camera e compone appositamente per orchestre sinfoniche, frequenta, supporta e coopera con istituiti di ricerca sulla musica contemporanea ed elettronica e finisce per risiedere a Tokyo, suggestionato dalle estremizzazioni di Merzbow, KK Null e tutta la rumorosa brigata elettro-noise, non poteva nella sua immensa discografia (che volete che siano solo un centinaio di dischi da solo) non accontentare le molteplici cricche della musica moderna. Da una decina d’anni, quando penso a lui, la testa rievoca con automatismo l’esplicativo sotto-titolo della testata musicale d’oltremanica, Wire.
«Adventures in modern music»: un pensiero che calza a pennello con l’ideologia del suono del vecchio Zbigniew. Viaggiare in continuazione e sondare le distinte tradizioni etniche di un popolo erigendole con nuovi codici sonori. Tagliato in due segmenti a-simmetrici, “Continuity” è supportato da un cd-audio e da un dvd riempito da tre suite di media lunghezza, contenenti anche le elaborazioni grafiche di Atsuko Nojiri: elemento mai sentito prima nella Tokyo Off-Site. Basta dire del piglio essenziale-esistenziale e del tutto digitale ghermito dalla supervisione delle sue immagini. Volendo partire dal dvd, i primi due pezzi (Float e Tritonal Rapture) sono ottenuti da un ri-editaggio postumo in chiave elettronica e sottilmente rumorista di una cascata di note, composta in anticipo per un ensemble cameristico nord-europeo. Violino, violoncello, sei corde elettrica e acustica, sax e clarinetto contrabbasso, trombone basso e tenore, ben tre ‘lotti di percussioni’ restano comunque facilmente riconoscibili; l’elettronica pare sciorini come un binario parallelo di un’indivisibile linea direzionale.
Clima colto sedotto da Xenakis e dalla spazialità di Ligeti, con un pensierino per gli scorci post-industriali. Discorso mutato per la cartolina successiva e per la prima tranche solo-audio (Membrane e Mass-Flow-Rate), entrambe realizzate con la cucitura di «granulated samples» (nda) distillati accuratamente dal ventre di Float. Con la chiusura di Perceptor torniamo ad un contesto elettro-acustico: la performance casalinga di un quartetto d’archi (coppia di violini, ‘cello e viola) è travolta da un turbine di noise and drone, questa volta, molto più nichilista e difficile da udire a volume elevato. Si rischierebbe non poco: dall’udito alla totale perdita di cognizione spazio-temporale.
Andateci cauti…
Collegamenti Utili:
www.asphodel.com
www.myspace.com/zbigniewkarkowski
www.dense.de/news.html