Igor Bruna ‘Nowhere Land’; Marco Puccini ‘Reset’; Danny Tii ‘Anonymous’.
Di Marco Loprete
Igor Bruna ‘Nowhere Land’ (Black Records 2010)
Marco Puccini ‘Reset’ (Black Records 2010)
Danny Tii ‘Anonymous’ (Black Records 2010)
Una nuova serie di “demi album” creata allo scopo di venire incontro alle potenzialità offerte dagli internet stores e «velocizzare le produzioni e consentire una maggior visibilità agli autori». Questo, in estrema sintesi, il progetto della Black Records, etichetta indipendente capitolina specializzata in musica elettronica, progetto che dovrebbe prendere il via proprio con le tre produzioni oggetto di questa recensione, ovvero “Nowhere Land” di Igor Bruna, “Reset” di Marco Puccini e “Anonymous” di Danny Tii.
Destinati alla distribuzione digitale, i tre mini album ci vengono presentati come appartenenti a filoni diversi dell’elettronica (techno quello di Bruna, minimal quello di Puccini e EBM quello di Danny Tii) e se ne elogiano la freschezza e l’intelligenza compositiva. In realtà, spiace dirlo, siamo difronte ad un tris di operine mediocri, in cui latitano sia l’originalità che la personalità. La techno minimalista di Bruna, per esempio, in realtà non è altro che una ridicola collezione di banalità danzerecce della peggior specie (“esemplare”, al riguardo, l’opener Talk). Solo in Out of My Mind il nostro riesce a giocare sul piano ritmico e su quello melodico in maniera forse un pochino più intrigante. Puccini, dal canto suo, con “Reset” ha confezionato sei tracce di elettronica minimale. Il suo è probabilmente il lavoro più riuscito del trittico (anche se comunque si colloca anch’esso sotto la sufficienza), che trova nel synth pulsante di C_Rio, nell’andamento ossessivo di Lu, nel crescendo ritmico di Reset (forse il brano migliore del lotto) e nella minacciosa Porno Rabbit la sua ragion d’essere. «Atmosfere positive e diffuso ottimismo», come recitano le note stampa, dovrebbero essere due degli ingredienti principali (assieme all’uso di synth e drum machine di ultima generazione) di “Anonymous”. Peccato che la joie de vivre di Danny Tii si traduca in quella che in fondo è banale tamarraggine discotecara. Dov’è l’EBM qui? Non c’è.
Come non ci sono, in queste tre proposte della Black Records, originalità, profondità, intelligenza compositiva. Con questi lavori siamo semplicemente al cospetto di una terrificante accozzaglia di topoi sonori di terza mano.
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