Divine Comedy Live

@ Ancona, Mole Vanvitelliana 25/06/2011

 

 

 

Di Rachele Paganelli

rakyrock@hotmail.it

Un sabato con Neil.

Premessa: amo quest’uomo e appena ho letto la notizia della sua presenza allo Spilla Festival son quasi caduta dalla sedia. La Comcerto mi ha fatto proprio un bel regalo. “Sembra un rappresentante”. Ecco cosa sento dire da un mio vicino di posto appena Neil Hannon, frontman (e al momento unico componente) del progetto Divine Comedy, si palesa sul palco e ci saluta. Ok, in effetti è vero. Io però lo trovo molto carino ed elegante nel suo vestito marrone con la cravatta verde d’altri tempi. Dieci punti in più per la pipa e il quadernone dove sono scritti i testi. Uomo d’altri tempi. Un bel tipo, questo irlandese magro magro che si è proposto al mondo nel periodo del brit pop e ha trovato il successo più commerciale tra il ‘96 e il ‘99. Difficile definire questo progetto. Ci sono molte influenze che vanno dal pop all’alternative rock con una discreta dose di musica orchestrale. Durante il live puoi ritrovarti a canticchiare melodie fresche e allegre come Indie Disco (e qui Neil ci invita a battere le mani e schioccare le dita dicendoci che siamo davvero rock), una canzoncina ballabile e “paraculissima”, che ti entra in testa ed entra anche dalla porta principale, di quelle indie disco così descritte (non a caso è stata scelta come primo singolo per promuovere l’ultimo album): quelle con i poster appesi, le ragazze con le ballerine anni 60 e i ragazzi con la giacca sgualcita per essere “indie” (poi me lo spiegheranno questo stile “indie”). Ma anche a struggerci con canzoni come A lady of a certain age (a questo proposito vi consiglio una bellissima cover recente realizzata dai Baustelle), dove una donna si rende ridicola per sfuggire al tempo che fugge e non accetta ciò che rimane. O addirittura a sognare con canzoni davvero romantiche che ti allargano il cuore ( “Ho scritto davvero tanto sull’amore” scherza Hannon) accompagnate dal pianoforte e dalla sua voce suadente nei toni più bassi come in Tonight we fly (dedicata a noi). Ci sa fare Neil con il pubblico eppure è da solo e ha la compagnia di un pianoforte e una chitarra acustica, poco altro. Ride con noi e anche di noi dedicando The complete banker a Berlusconi (leggetevi il testo e capirete perché), prova a parlare in italiano e rimane incantato dalle Marche e dalla Mole Vanvitelliana (location davvero suggestiva, una mini fortezza sul mare) sorseggiando spesso un bottiglia di (ma tu guarda) Rosso Conero. Devo ammetterlo, averlo ospite nella mia regione e lasciarlo piacevolmente stupito mi ha dato una grande soddisfazione. Ride anche di sé stesso quando sbaglia qualche accordo o si dimentica una nota. L’ironia, ecco cosa rende speciale questo ragazzo. Qualcosa che va al di là della semplice battuta ma sconfina in intelligenza e grazia. Sa osservare il mondo e le sue foto sono i testi. Ci propone quasi tutto il suo ultimo album (‘Bang Goes the Knighthood’) chiedendoci il permesso, tra l’altro. Trovo quest’album uno dei momenti più alti, artisticamente parlando. Neil diventa un piccolo Orwell del 2000 e rilegge Londra attraverso le figure di ricchi e potenti, di consumismo e soldi. Ma riesce ad estendere il tutto anche ai rapporti umani. Riusciamo più a comunicare davvero? E’ questa la domanda che aleggia in The lost art of conversation. Cosa succede quando un uomo piange? La risposta è in When a man cries. E quando il nostro Orwell se ne va (decisamente soddisfatto e credo anche un po’ ubriaco), pensi – tra gli applausi del pubblico (numerosissimo) e le richieste di altre canzoni – che è stata una serata bellissima, sembrava di essere al pub con un amico che non vedi da tempo e ti racconta tutto quello che ha visto fin’ora. E tu, tra una bottiglia di vino e l’altra ne sei completamente affascinato. Ps: incontrarlo dopo il live è stata una bellissima esperienza. E’ davvero simpatico. Un quarantenne semplice e timido. Ciò che si vede sul palco è ciò che è. Gentile, disponibile e pronto a scherzare. Curiosità. Mi faccio firmare il braccio (non avevo il biglietto e un misero pezzo di carta straccia mi sembrava veramente riduttivo) e il manager che lo accompagnava mi ha detto che potrei farci un tatuaggio. Stavo per rispondere che in effetti potrebbe essere un’idea ma Neil si è girato e con energia mi ha detto che non devo assolutamente farlo…lui li odia! Ne terrò conto Neil!