Manuele Fior Intervista

Nuova puntata della rubrica Chi fa da sé fa per tre: Manuele Fior.

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

15/04/2013: Questa volta la rubrica Chi fa da sé fa per tre ospita un narratore per immagini, uno scrittore di graphic novel, nonché illustratore, l’artista italiano residente in Francia Manuele Fior. Conosciuto in occasione di una presentazione del suo lavoro presso una neonata fumetteria della mia città, ho colto al volo l’occasione per sottoporgli un’intervista per questa rubrica. Fior si è subito “sottoposto” alle mie fluviali domande con naturalezza e disponibilità. Come sempre a voi i risultati:

1. Parlami delle tue radici nel campo della carta disegnata. Tu nasci come architetto, poi ti

dedichi al fumetto, o meglio al graphic novel e anche all’illustrazione. Raccontami più

approfonditamente queste tue origini.

Ho disegnato fumetti sin da piccolo e anche durante gli studi di architettura ho continuato a disegnare. All’epoca non c’erano tante possibilità di pubblicazione come ora e questo rendeva abbastanza improbabile pensare di fare una carriera come fumettista autore dei tuoi libri. Anche per questo ho lavorato diversi anni come architetto. Dal mio arrivo in Francia mi sono potuto dedicare a tempo pieno al fumetto e all’illustrazione.

 

2. Tu come fumettista hai pubblicato all’estero con case editrici importanti e in Italia con

Coconino Press, fucina di talenti della nona arte, vedi Gipi; come illustratore hai collaborato

in Italia con quotidiani importanti come il Manifesto, La Repubblica, Rolling Stone e a livello

internazionale con “Le Monde”, Internazionale, “New Yorker”. Parlami del tuo rapporto con il

fumetto e con l’illustrazione dato che ti muovi bene in entrambi i mondi.

Uso l’illustrazione come laboratorio di tecniche che poi convoglio nel fumetto. Non mi sento un vero illustratore, anche se continuo a illustrare anche per finanziare la creazione dei miei libri. Se ho qualcosa da dire lo dico nei libri a fumetti.

 

3. Andando ad analizzare nel particolare le tue produzioni il primo libro, Le gens du Dimanche

racconta la storia di un addio tra Nina e Fausto, che da Berlino decide di ritornare in Italia.

Prima opera completa, uso del colore bianco e nero. Come hai scelto il soggetto, in parte per il

luogo autobiografico dato che hai realmente vissuto a Berlino, e perché hai usato solo questi due

colori.

E’ una specie di diario dei miei ultimi giorni a Berlino, un racconto in presa diretta. Il bianco e nero è l’abc del fumetto, e trattandosi del mia prima storia lunga non mi sentivo di addentrarmi nel colore. Del resto la storia non lo chiedeva, Berlino è una città che nella mia mente rimane in scale di grigio.

 

4. Secondo libro, Rosso Oltremare, due storie parallele: la prima Dedalo e Icaro prigionieri del

labirinto creato da Icaro e l’altra Fausto, architetto prigioniero dei suoi tormenti interiori e la

moglie Silvia impegnata nella sua lotta per riportare alla realtà il marito. Con questa opera

cambia il tuo stile di disegno, molto essenziale, quasi pittorico, con l’uso dei colori rosso nero.

Anche qui, da che/ da chi è nato il soggetto per questa storia e perché questi due colori.

Penso che la storia parta dalla voglia di costruire un ponte tra il mito e la mia sensibilità personale. La forza del mito è nella sua possibilità interpretativa, che lo rende contemporaneo. Volevo rileggere una storia al presente sulla falsa riga di un racconto leggendario. Non penso di esserci riuscito in pieno, ma l’intento era quello. I colori sono quelli della pittura murale dell’epoca, nel palazzo di Cnosso gli affreschi rappresentano delle figure maschili in rosso, femminili in bianco, i tori in nero. Tutto il libro è un gioco combinatorio di questi tre colori.

 

5. Il terzo libro, La signorina Else è l’adattamento di una novella di Arthur Schitzler: il volume

racconta le ipocrisie della borghesia europea del primo Novecento attraverso la storia di una

ragazza che, durante le vacanze in un lussuoso albergo di montagna, è costretta a prostituirsi

con un anziano aristocratico, obbligata da una lettera della madre che comunica la tragedia dei

debiti di gioco del padre. Lo stile del tuo disegno, acquerellato, tra il liberty di Tolouse-Lautrec

e soprattutto Gustav Klimt e Egon Schiele, rende bene l’atmosfera decadente, da “uomo senza

qualità” di canettiana memoria. Come mai hai scelto questo autore e questo racconto? Qui c’è

un nuovo cambiamento di stile nel tuo disegno, come mai?

Mi era stato chiesto un adattamento, mi capitò di leggere questo breve romanzo e pensai che fosse ideale per una trasposizione a fumetti. La forma del monologo interiore si piega idealmente al linguaggio del fumetto. L’ho disegnato usando l’iconografia dell’epoca, pensando alle coordinate visuali che avrebbe potuto avere un lettore del tempo. Volevo che solo aprendo il libro si capisse più o meno in che periodo fosse ambientato e che temperatura avesse la storia.

 

6. Quarto libro e ultima opera in ordine di apparizione ‘Cinquemila chilometri a secondo’ con

cui hai vinto vari premi: Lucca nel 2010 e il ‘Fauve d’or’ premio come miglior album ad

Angoulem  nel 2011. In particolare ad Angouleme sei stato premiato dal ministro della

cultura di allora Frédéric Mitterand; una cosa impensabile per l’Italia. Come vivi il tuo ruolo di

disegnatore in Francia? Ancor meglio come è percepito il tuo ruolo di disegnatore in Francia?

Lo vivo bene, riesco a fare praticamente quello che voglio e questo è un grandissimo privilegio per un fumettista. Il mestiere del disegnatore è molto stimato in Francia, oltre a essere considerato un vero e proprio mestiere. Penso che venga anche apprezzata una certa appartenenza a una tradizione, quella fumettistica italiana che mi ha formato e continua a influenzarmi.

 

7. Venendo alla storia ‘Cinquemila chilometri al secondo narra le vicende di due ragazzi Piero e

Nicola e una ragazza, Lucia, che si stringono e disperdono nell’Italia degli anni ‘70, nel corso

di vite punteggiate da viaggi lontani e amicizie sbagliate. Anche qui un cambio di stile nel

disegno, accostabile in alcuni momenti a David Mazzucchelli, e un uso “aumentato” dei colori.

Come è nato questo nuovo approccio? La storia, come hai precisato in varie interviste, non è

realmente autobiografica, ma tocca i luoghi che tu hai realmente attraversato. Con quest’opera

che cosa volevi raccontare?

Volevo fare il punto della situazione, dopo anni di lavori i più disparati e residenze vacanti. In questo caso penso di esserci riuscito un po’ meglio. Mi sentivo pronto a un libro interamente a colori, dopo diversi lavori d’illustrazione. Il colore diretto ha cambiato molto il disegno, per certi versi lo ha semplificato, penso che per quello ricordi certe stilizzazioni di Mazzucchelli, che peraltro guardo sempre.

 

8. Qualche informazione sulla tua nuova opera ‘L’intervista’ che dovrebbe uscire a breve nelle

librerie specializzate?

E’ un fumetto di fantascienza, ambientato in Friuli nel 2048. Uscirà anche nelle librerie non specializzate, spero.

 

9. Ultime domande conclusive: come vedi il fumetto italiano? Come vedi il fumetto in Italia?

Progetti futuri?

I fumetto italiano mi sembra molto in forma per quanto riguarda la forma e i contenuti. La condizione del fumettista invece rimane molto fragile. 

Per i progetti futuri è un po’ presto. Mi piacerebbe allontanarmi dalla graphic novel, tornare a un formato più compatto e forse a una forma di narrazione diversa, meno prosa e più poesia. Provare a sganciarmi dall’idea di una trama ed esplorare il valore musicale della parola, come nella canzone. Idee ancora molto vaghe, ma sono quelle le più pericolose.

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