Di Ale
Sandy Blair è alle prese con la stesura del suo ultimo romanzo che dovrebbe segnare la svolta per la sua carriera di scrittore. Carriera che dopo un promettente esordio sembra non riuscire a decollare. Nonostante ciò, più si avvicina la scadenza della consegna alla casa editrice più l’ispirazione sembra lontana. Senza la consegna la sua vita medioborghese, così come la relazione con la sua bella compagna Sharon, potrebbero precipitare in un gorgo senza uscita, ma nonostante ciò Sandy non riesce a superare le prime pagine della nuova opera.
A squarciare il velo di questo immobilismo irrompe però il suo passato hippie, la controcultura degli anni ’60 e il suo vecchio impiego da giornalista per la testata alternativa Hedgehog. Il cofondatore della rivista e attuale capo contatta Sandy per chiedergli di ritornare in pista per un ultimo pezzo, perfetto per il suo “tocco” e per i suoi trascorsi. Si tratterebbe di indagare e scrivere del brutale omicidio di un “mitico” produttore musicale che vantava nella propria scuderia anche i Nazgul, immaginario gruppo di punta degli anni sessanta sciolto da anni a seguito dell’omicidio del leader durante un concerto.
Da qui parte un romanzo ben costruito a metà strada tra il Road-book, il thriller e il saggio musicale, Sandy infatti inizia un viaggio alla ricerca dei protagonisti del suo passato che come in un puzzle sembrano tutti pezzi necessari per avere una visione d’insieme necessaria a sciogliere i nodi dell’omicidio su cui indaga. Oltre ai vari musicisti dispersi per l’America diventano importanti anche gli incontri con i suoi vecchi amici della controcultura. Gli imprevisti sulla strada di Sandy sono però continui e anche lo stile del libro riesce ad alternare e intersecare magistralmente atmosfere thriller (a tratti addirittura pulp) con pezzi di cinica e rilassante ironia.
Il filo conduttore di tutto il romanzo è la musica, infatti anche se nomi, luoghi e vicende sono generalmente inventati, il sapore è quello puro del rock classico. In alcuni passaggi le vicende ricordano i “megaraduni” alla Woodstock, in altri le agghiaccianti imprese della banda Manson; talvolta non si può non pensare alle tragedie come quelle di Altamont (spartiacque per la cultura flower-power) e, per finire, ogni pagina sembra essere ispirata dalle leggende musicali del tempo come i Led Zeppelin.
L’autore appare un profondo conoscitore delle atmosfere e dei protagonisti della scena musicale americana degli anni ’60 e ’70, che riesce a riprodurre con maestria e con malcelato affetto; per citare una frase su tutte:
“…Verità. Te la ricordi, la verità? Era un concetto importante negli anni Sessanta, insieme a pace, amore e libertà. Che fine ha fatto tutta quella roba, Maggie?”
Probabilmente è anche questo interrogativo che spinge il lettore a divorare pagina dopo pagina questo splendido romanzo.
L’opera non sembra scritta negli anni ottanta (la prima edizione originale è del 1983), il suo stile e la “pulizia” con cui è redatta rendono piacevole la lettura, e il volume non sembra minimamente accusare gli oltre vent’anni di vita. Il tutto però mi fa porgere una domanda, perché questo libro ci ha messo così tanto tempo per arrivare in Italia?
La casa editrice Gargoyle merita in tal senso una menzione d’onore per il coraggio editoriale, per essersi spinta dove realtà ben più commerciali non sono andate. Per concludere è doveroso sottolineare anche quella che mi è parsa un’ottima traduzione del testo, curata da Benedetta Tafani. La lettura riesce ad essere fluida ed evocativa conservando intatte tutte le atmosfere; lavoro che non deve essere stato semplice visti gli sbalzi temporali (è un romanzo ambientato negli anni ottanta che ripercorre eventi degli anni sessanta, scritto più di vent’anni fa) e l’utilizzo di locuzioni della controcultura e del rock.
Lettura imprescindibile per i rockettari e consigliabile per gli amanti del thriller.
Link: George R. R. Martin, Armageddon Rag, Roma, Gargoyle, 2013