@ Bronson, Ravenna Martedì 1 Ottobre 2013
Di Marco Paolucci Foto di Massimiliano Sanseverinati
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Il vostro Kathodik Man, avvertito all’ultimo minuto dell’evento, riesce con un colpo da maestro ad accodarsi ad una macchina in partenza, e si dirige verso il concerto dei The Black Angels al Bronson di Ravenna. La band lo scrivente la segue da un parecchio, dai tempi di ‘Direction to see a ghost’ e gli era capitato di vederla un’estate ma la resa del concerto era stata leggermente (eufemismo) sotto la media. Quindi, considerando che una seconda possibilità la si concede e considerando inoltre che l’ultimo album ‘Indigo Meadows’ era stata una delle uscite più interessanti del 2013, la curiosità per questo concerto era parecchia. Apertura della serata da parte degli Elephant Stone, band proveniente dagli Usa che in una mezz’oretta di esibizione snocciola un pop psichelico orientaleggiante, tra Kula Shaker e Cornershop, languido e delicato, con qualche momento di briglia sciolta, ma che alla fine risulta tranquillamente passabile. Poi vengono loro, i Black Angels, e lo show ha inizio. Partono con You on the run, poi Mission District, da ‘Direction to see a ghost’, poi si producono in Yellow Elevator e Evil things, poi Don’t play with guns, e qui pescano a piene mani dall’ultimo ‘Indigo Meadows’, e così via avanti ed indietro nella loro storia musicale. Un brano dietro l’altro la band americana conduce gli ascoltatori per mano verso lidi sconosciuti a colpi di fuzz e tastiere acide, i musicisti che interagiscono perfettamente tra di loro con la batterista che ricorda Moe Tucker; in più il light show psichedelico preparato alla bisogna piacevolmente abbaglia e confonde le menti e gli occhi. Praticamente nessuna pausa tra un brano e l’altro, minimali nelle comunicazioni verso l’esterno come massimali nel suono prodotto, i Black Angels squadernano alla platea una lezione di psichedelia aggiornata ai giorni nostri, si dilettano in un set che promette e mantiene per tutta la durata viaggi nello spazio senza zavorra e senza respiratore, un set che convince abbondantemente e non lascia, almeno allo scrivente, l’amaro in bocca di un qualcosa andato a male. E alla fine un pensiero nasce spontaneo… meno male che ci sono ancora i colpi da maestro! In chiusura di rigore un ringraziamento allo staff del Bronson.