Quattro Chiacchiere Digitali con Marco Campitelli della DeAmbula Records
Di Marco Paolucci
15/03/2014: Nuova chiacchierata con una delle storiche etichette che animano il sottobosco musicale italiano. La DeaAmbula Records, label a tutto tondo che si muove tra pop deviato, post rock, new wave, è un’abituale del festival musicale da qualche anno si tiene al Centro Sociale Autogestito Sisma di Macerata ‘Only Fucking Labels’. Da qui, da quattro chiacchiere fisiche con il patron Marco Campitelli, il naturale desiderio di renderle digitali. Come al solito a voi i risultati.
1. Quali sono le origini dell’etichetta? Come è nata l’idea? Quali ispirazioni ci sono state? A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?
DeAmbula Records è nata nel 2006, in primis per gestire le attività dei the Marigold (la mia band); in quel periodo gestivamo tutto l’operato della band attraverso i contatti accumulati nel tempo e ho sentito l’esigenza di “strutturare” il tutto sotto un “nome” – un marchio che potesse dare una connotazione a quel che facevamo artisticamente. Nel tempo sono arrivate le prime band che sentivamo vicine come attitudine e soprattutto umanamente, i buenRetiro, Magpie, Ulan Bator…
2. Come scegliete le produzioni e i gruppi?
Diciamo che i modi con cui viene a definirsi una produzione possono essere diversi, a seconda delle circostanze… Possiamo risultare interessati ad un progetto a noi inviato o restare colpiti da un’artista, o altre infinite possibilità dettate da fattori casuali. Al di là del primo contatto, conta comunque molto il rapporto che si instaura nella collaborazione e nella condivisione di dinamiche settoriali.
Non parlerei di limiti nei generi, non mettiamo mai limiti in quello che ci potrebbe piacere… DeAmbula è uno spazio aperto, anche alle possibili contaminazioni. Ci viene naturale affermare che, quello che produciamo è lo specchio di ciò che ci piace, e proprio per questo, siamo felici nel farci rappresentare da loro (…tanto per citarli: Ulan Bator, Marigold, Oslo Tapes, Herself, Pineda, Magpie, Pitch, buenRetiro…).
Ci facciamo promotori dell’artista e non del numero di produzione presenti nel nostro catalogo.
3. Cosa pensate delle coproduzioni?
Le co-produzioni tra labels sono molto utili per la possibilità di veicolare il materiale in molteplici direzioni e ad ogni piccola fetta di appassionati di quelle etichette. Quando c’è passione per la musica è bello poter unire le forze per far sì che un progetto prenda forma.
4. Con chi vorreste collaborare?
Ti posso dire di sicuro che ci piace collaborare con persone che amano impegnarsi e sentono la musica come una necessità, una via di comunicazione da non banalizzare, diffidiamo da tutti quelli che ci danno l’impressione opposta, il voler apparire a tutti i costi, i “rockettari di Maria De Filippi”.
5. Come vedete la scena musicale italiana?
La scena musicale italiana è molto florida e ricca di realtà valide, la cosa più triste che la maggior parte di queste si trovano nell’underground. Le band più particolari ed innovative spesso sono pubblicate da piccole label che stentano ad andare avanti.
6. Come vedete la scena live italiana?
I locali sono pochissimi, ma soprattutto sono quasi scomparsi quei locali che proponevano musica per tutti i gusti, le persone sembrano ascoltare le solite 10 band in Italia, e sembrano meno interessate a quello che viene da fuori (gravissimo). Questo ha una ricaduta sul livello di apertura sonora ed artistica che può avere l’audience nei club. Mi fermo qui perché il discorso è davvero molto ampio.
7. Progetti futuri?
Stiamo preparando l’uscita in vinile di “a different beat” dei CUT e sicuramente anche il nuovo album dei MARIGOLD in coproduzione con una label americana.
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