29/30/31 Luglio 2016 Mole Vanvitelliana, Ancona
Di Filippo Focosi
filippofocosi@libero.it
Giunto all’undicesima edizione, il Festival Acusmatiq, ideato e diretto dal musicista Paolo F. Bragaglia, si conferma come una irrinunciabile occasione per immergersi nel mondo della musica – o più in generale, della cultura – elettronica, o per scoprirne aspetti non ancora esplorati. Sì, perché gli eventi che dal 29 al 31 luglio scorso hanno richiamato, nella sempre suggestiva cornice della Mole Vanvitelliana di Ancona (dopo il prologo del 24 a Elcito), una nutrita schiera di appassionati, esperti o semplici curiosi da tutte le Marche, hanno toccato territori musicali limitrofi, coinvolto artisti di diversa formazione e vocazione, stimolato una variegata gamma di esperienze d’ascolto e di riflessione.
La giornata inaugurale si è aperta con un worskhop dedicato all’uso della voce nel sound design, per poi proseguire con una performance «di suono in movimento» (“Frequenze Mobili”): tre musicisti di spicco della scena sperimentale contemporanea – Gianluca Gentili alla chitarra elettrica, Gianpaolo Antongirolami al sassofono e Roberto Paci Dalò al clarinetto – hanno improvvisato seduti su macchine elettriche in movimento, generando propagazioni sonore dinamiche nello spazio (“Suono+Spazio”, d’altronde, era il titolo della presente edizione). Un mix intrigante di spirito ingegneristico e ludico. Lo stesso Paci Dalò, nome di spicco della ricerca elettronica “colta” (basti pensare alle sue collaborazioni – tra le tante – con Kronos Quartet, Scanner, Alvin Curran, Terry Riley, Fennesz, Stefano Scodanibbio) e personalità poliedrica (oltre che musicista, è artista visuale, regista teatrale, esperto di radiofonia..) ha dato poi vita a quella che definirei la vetta emotiva della rassegna, presentando il suo ultimo lavoro, “1915 The Armenian Files”, progetto multimediale ispirato al genocidio armeno del 1915. Il musicista riminese disegna distesi e screziati ambienti sonori elettronici (in cui si odono anche stralci di voci campionate, altra passione del Nostro), sui quali innesta, col suo clarinetto, trame di ancestrale profondità e intima bellezza, imbevute delle sue molteplici esperienze in ambito avanguardistico e klezmer, dando vita a minimali stratificazioni dalla straordinaria intensità emozionale, amplificata dalle suggestive sequenze filmiche.
Di tutt’altro genere le esibizioni che hanno infiammato la platea del sabato sera. Protagonisti i tedeschi Byetone e Monolake, che hanno proposto (ciascuno a modo suo) una sorta di techno/rave sorretta da un rigore concettuale chiaramente percepibile nei supporti video (Byetone è anche un guru dell’arte digitale). Musica da (s)ballo, fisico ma anche mentale. La conferma della vocazione internazionale del Festival si è avuta con le performance elettroacustiche dei belgi M.A. Beat! e del tedesco Guido Möbius, accomunati dalla ricerca di originali ibridazioni con il pop, con tinte più introspettive per i primi e più estrose per il secondo, che si è dimostrato abile anche nel coinvolgere il pubblico nelle sue improvvisazioni poliritmiche con basi vocali e strumentali registrate al momento.
Non sono mancate poi le occasioni di approfondimento teorico, offerte dalle presentazioni (arricchite dalla presenza degli autori) dei libri “Scelsi, oltre l’Occidente” di Leonardo Vittorio Arena e “Solchi Sperimentali Italia” di Antonello Cresti, entrambi licenziati dalla Crac edizioni.
Altra nota distintiva sono state le produzioni del Festival. Oltre alle citate Frequenze Mobili, lo spettacolare “ASMOC 02”, acronimo di Acusmatiq Soundmachines Modular Circus, evento clou della serata conclusiva. Per il secondo anno consecutivo, dodici performers si sono avvicendati alle prese con altrettanti sintetizzatori modulari, sotto la direzione di Enrico Cosmi, per poi concludere con una pirotecnica performance d’insieme che prevedeva l’interconnessione dei vari sistemi. L’unico appunto, del tutto personale, riguarda proprio l’atto finale dell’esibizione, che mi aspettavo più concertato e polifonico, stimolante cioè una interazione non solo tra suoni ma anche tra personalità (ad es. tra chi mi sembrava richiamarsi alla Musica Cosmica degli anni Settanta e chi invece proponeva sonorità maggiormente contemporanee, tra chi si avvaleva di mini-tastiere e chi si concentrava prevalentemente su valori timbrici). Ma forse questa mia osservazione la si può leggere come un invito, una provocazione, un guanto di sfida che, ci auguriamo, magari verrà raccolto nella prossima edizione, a cui già non vediamo l’ora di partecipare.
Link: Acusmatiq Festival