(Ochre 2002)
L’etichetta gallese Ochre inaugura la nuova serie Archif con la pubblicazione dell’album di Stylus, aka Dafydd Morgan. Quest’opera racchiude praticamente tutta la sua produzione pubblicata su varie labels dal debutto nell’aprile 1997 fino al dicembre 2000. La particolarità è che la maggior parte delle tracks della compilation appare per la prima volta in questo formato. L’ascolto dell’opera è motivo quindi di interesse per cogliere l’evoluzione stilistica dell’artista che passa da un ambient con sfumature gotiche dell’esordio Kinski attraverso richiami di certa cosmiske musik tedesca (vedi Tangerine Dream) in R3-643, comunicazioni spaziali in feedback tra chitarre acustiche e pulsazioni aliene in Whitesides Peak (sono vicini, sono qui, non sappiamo chi sono ma sono qui) ad eterei sfondi chitarristici tormentati da sintetiche folate di un vento cosmico in Groom Lake. O ancora drones metallici, immersi in questo “vento” che “soffia” su tutte le composizioni dell’album, legati ad una melodia minimale in Lights Around Pylon X; molle scordate rimodulate e rimescolate con le pulsazioni/comunicazioni da Giove (?) in Glass Dream One, suoni ideali per un film a la Solaris, con voce femminile che ripete una nenia sbilenca in francese creando un ulteriore senso di straniamento. O Pluen Eira dove una cupa voce alla Bela Lugosi narra una storia oscura, con in sottofondo suoni tratti da un theremin alternato a frequenze aliene, come se fosse la colonna sonora di un film alla Ed Wood, un classico Z movie cupo e angosciante. Un ascolto affascinante.
Voto: 8
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